CUNEO - L'allarme dei produttori di Barolo e Barbaresco: 'Rischiamo di fare la fine del Prosecco'

I viticoltori, supportati dalla CIA di Cuneo, sono (giustamente) contrari all'aumento delle colture: questi due vini devono essere tutelati perchè rappresentano un fiore all'occhiello del nostro territorio

Samuele Mattio 05/12/2017 09:55

Trecentocinquanta domande di richiesta di aumento di coltura del Nebbiolo da Barolo e trenta domande per il Nebbiolo da Barbaresco. Sono i dati dell'ultimo bando di conversione di nuovi impianti che hanno già scatenato un vespaio di polemiche. I produttori 'storici' sono sul piede di guerra perché ad un continuo aumento della metratura di coltura corrisponde, ovviamente, una diminuzione della qualità e del prezzo di questi due vini che invece, dovrebbero essere tutelati perché rappresentano un fiore all'occhiello del nostro territorio.

Nel 2010 il mercato del Barolo era praticamente fermo, oggi è ripartito e la conseguenza è che ogni anno si aumentano gli ettari di coltura, una politica che, seppur accontenta tutti coloro che vogliono salire sul 'carro dei vincitori', difficilmente porterà effetti positivi a lungo termine. Anche perché stiamo parlando di un prodotto di assoluta qualità: Il Barolo richiede un invecchiamento di almeno 38 mesi, di cui 18 in botti di legno, a decorrere dal 1º novembre dell'anno di produzione delle uve; inoltre i vigneti devono rispondere a requisiti molto restrittivi, così come la zona di origine delle uve atte a produrre i vini a denominazione di origine controllata e garantita “Barolo”. Discorso simile, anche se non uguale per il Barbaresco, ma il risultato finale non cambia: questi vini vanno tutelati.

In una lettera inviata all’Assessore Regionale Ferrero e al presidente del Consorzio Pecchenino, CIA Cuneo ha espresso il suo dissenso elencando i punti critici e suggerendo alcune modifiche con l’obiettivo di tutelare la qualità del prodotto e il territorio in questione.
Igor Varrone, direttore della Cia di Cuneo: “Ci aspettiamo che il Consorzio e la Regione facciano un ragionamento sulle nostre riflessioni e non portino avanti un’idea a prescindere. La zona di riferimento è fragile. E’necessario sedersi e studiare con cura una strategia. Ancora una volta vogliamo ribadire quanto sia importante mettere l’accento sulla qualità e non ragionare solo sui numeri”.

Il direttore della Confederazione Italiana Agricoltori spiega “ Bisogna fare un ragionamento per aumentare la qualità e non la resa. Oggi il prezzo medio di una bottiglia è di 11-12 euro: ci vogliono sessant'anni per ripagarsi un ettaro di terra. Non è accettabile. I produttori storici hanno richiesto di iniziare a ragionare sulla distinzione tra Barolo e Barbaresco base e menzione, in base alla resa che hanno per ettaro”.

Sulla stessa lunghezza d'onda il vicepresidente Cia, Claudio Conterno: “Non si può parlare solo di ettari in più o meno. E' una zona che va  governata vista la sua importanza per tanti motivi. E' incredibile che si vogliano aumentare gli ettari con un costo della bottiglia che rimane invariato. Dovremmo lavorare per aumentare la qualità del prodotto e alzare il prezzo bottiglia. Con questo atteggiamento andiamo nella direzione opposta a discapito di chi oggi produce un prodotto di qualità”.

Maria Teresa Mascarello, produttore, entra a gamba tesa, suscitando una riflessione sul tema: “Siamo conosciuti in tutto il mondo, patrimonio Unesco e si continua a ragionare in termini di quantità a parole da 'primi della classe' e nei fatti poi seguiamo percorsi inversi. Rischiamo di fare come il Prosecco. Così facendo il Consorzio non rispetta il suo ruolo, non tutela e non valorizza il territorio”.

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