GRINZANE CAVOUR - Mario Roggero si difende: “A chi mi aveva rapinato hanno dato due anni con la condizionale”

Ai microfoni della Zanzara di Radio24 il gioielliere di Grinzane parla dei fatti di sangue del 28 aprile: “Non ho rincorso i rapinatori. Il terzo mi chiese di risparmiarlo”

a.c. 06/10/2021 08:00

 
Mario Roggero torna a parlare a poche ore di distanza dall’avviso di conclusione delle indagini a suo carico. Lo fa ai microfoni di una delle tribune più controverse della stampa italiana, La Zanzara di Giuseppe Cruciani in onda su Radio24.
 
“Non ho paura di finire in prigione” dice, sereno, nonostante la sua posizione si sia molto aggravata rispetto a quando la Procura lo indagava per omicidio colposo. Ora l’ipotesi è omicidio doloso plurimo, più tentato omicidio e porto illegale di arma. Nel tardo pomeriggio dello scorso 28 aprile il 66enne Roggero, titolare di una gioielleria nella frazione Gallo di Grinzane Cavour, ha fatto fuoco sui tre rapinatori che erano entrati nel suo negozio: Andrea Spinelli e Giuseppe Mazzarino sono morti, colpiti - almeno secondo le perizie balistiche disposte dai magistrati di Asti - quando erano già in fuga. Il terzo complice, Alessandro Modica, era riuscito a scappare con un proiettile in corpo per venire catturato qualche ora dopo.
 
Oggi il gioielliere si dice pentito di quello che è successo, ma non si sente “un assassino”: “È ovvio che col senno di poi non avrei dovuto farlo, ma quando hai la rabbia che bolle a mille non riesci a essere razionale. Non volevo che andassero via, ho rincorso il terzo perché volevo fosse consegnato alla giustizia: volevo bloccarli”. Dai riscontri è emerso che i tre malviventi avevano una pistola giocattolo, senza tappo rosso: “Un errore del pubblico ministero. Non erano disarmati, non si è vaporizzata la loro pistola” sostiene l’indagato.
 
Non è l’unica contestazione mossa al modo in cui gli inquirenti hanno ricostruito la dinamica dei fatti: “La macchina era davanti, non li ho rincorsi: il mio obiettivo era fermarli. Nel caricatore c’erano quattro colpi di cui uno era nel deflettore, quindi erano tre colpi e sono andati tutti a segno”. Sulla contestazione riguardante il porto abusivo di armi la risposta è ancora più secca: “Ho due pistole regolarmente denunciate, solo che secondo la legge posso uscire dal negozio se ho il porto di pistola e non con il porto d’armi: immagina l’idiozia, con il porto d’armi non posso oltrepassare la soglia del negozio”.
 
Cruciani gli domanda: è vero che ha preso a calci uno dei fuggitivi? “Ho avuto una colluttazione bestiale con questo, porco giuda. Poi mi ha guardato in faccia e ha detto ‘non ammazzarmi, non ammazzarmi’, io gli ho detto ‘vai’. Non mi ero nemmeno accorto che avesse un proiettile nella gamba”. “In quel momento, dopo i pugni in faccia a mia moglie e la colluttazione con me, la rabbia era talmente alta che non sono riuscito a fare diversamente. Era la seconda volta” si giustifica ancora, riferendosi a un’analoga rapina subita nel 2015: in quell’occasione il negoziante era stato pestato a sangue insieme alla figlia da due delinquenti, poi rintracciati dopo alcune ore con il bottino. Nella narrazione del gioielliere, che all’epoca non teneva ancora un’arma in negozio, i due episodi sembrano a volte confondersi.
 
Per lui, nonostante tutto, la questione è tutt’altro che chiusa: “Avevo oltre 250mila euro di merce rubata - dice al conduttore de La Zanzara - e sai cosa gli hanno dato? Due anni con la condizionale e 1000 euro di multa. Ma stiamo scherzando?”. Quando gli viene chiesto se non fosse meglio attendere le forze dell’ordine l’intervistato scoppia a ridere: “Sai quanto hanno impiegato a venire? Un’ora. Sai quanto c’è da qui al comando di Alba? Cinque minuti”.
 
Si parla, naturalmente, anche di quanto la tragedia abbia segnato la sua famiglia: “La seconda delle mie figlie non viene più con me in negozio e ha quarant’anni. Ha bisogno di lavorare, ma ha paura. La più grande ha bisticciato con il marito per questo e viene solo per senso del dovere”. Quando muore un uomo si è sempre dispiaciuti, ripete ancora e ancora, ma l’idea che quelle vittime se la siano cercata resta: “Se è tutta la vita che rapini, fai estorsioni, pestaggi su commissione, centinaia di migliaia di euro di assegni a vuoto… eticamente non è il modo di comportarsi in una società civile”. Per cui, gli si domanda, alla fine dici che la società ha perso delle persone che creavano solo danni? “Secondo me sì”.

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