BRA - Da Bra a Gaza con la Sumud Flotilla: “Il cibo è già lì, ma Israele blocca gli aiuti da mesi”

Abderrahmane Amajou è a Catania, in attesa di imbarcarsi: “Rispettiamo il diritto internazionale. Se ci fermano non saranno arresti, ma rapimenti”

Andrea Cascioli 09/09/2025 15:55

Ormai dovrebbe essere questione di ore, più che di giorni: la partenza della Sumud Flotilla da Catania, prevista in origine per domenica, è stata posticipata a mercoledì. Sullo “spezzone” siciliano della flotta umanitaria è pronto a imbarcarsi Abderrahmane Amajou, per gli amici Ab. Trentatre anni, arrivato da bambino a Bra con la sua famiglia di origine marocchina, è vicepresidente dell’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo e dal giugno scorso presidente di Action Aid Italia. In passato è stato consigliere comunale con il Partito Democratico. Un bagaglio di esperienze che porta con sé in questa missione alla quale però, tiene a precisare, ha aderito a titolo personale: “Ma porto la voce di un mondo molto ampio, - spiega - quello della diaspora e delle associazioni”. Nomi e tipologie delle imbarcazioni vengono mantenuti riservati, per questioni di sicurezza e per evitare ripercussioni agli armatori. Si prevede un viaggio di otto o dieci giorni al massimo fino a Gaza, senza nessuna tappa intermedia: meteo e tensioni politiche permettendo. Non sono dettagli, tenuto conto di quanto accaduto nella notte in Tunisia. La “Family Boat”, l’imbarcazione principale della flotta su cui viaggia anche Greta Thunberg, sostiene di aver subito l’attacco di un drone. Il governo tunisino smentisce, gli attivisti però hanno pubblicato video a sostegno delle loro accuse: si vede un oggetto cadere dal cielo e una forte luce. La nave, battente bandiera portoghese, ha riportato solo danni superficiali e nessuno è rimasto ferito. “Sappiamo già che Israele è attiva nel dissuadere le partenze” sostiene Amajou: “Ci sono esercitazioni in corso dove si mostrano anche lanci di siluri contro piccole barche, un chiaro segnale. Si pensa di dare ‘una lezione’ a chi porta gli aiuti”. I membri della flotta sanno che la loro non è un’azione illegale: “Questa iniziativa rispetta il diritto internazionale, noi saremo in acque internazionali e poi in acque palestinesi: il tentativo di bloccarci è un crimine ai sensi del diritto internazionale”. A questo proposito, aggiunge l’attivista braidese, “se anche Israele dovesse catturare qualcuno non si tratterà di arresto, ma di rapimento”. Cosa c’è a bordo delle imbarcazioni? “Cibo e medicinali, ma è molto di più di questo: partiamo per far sapere ai palestinesi che una parte di mondo c’è ed è attenta. Dobbiamo farlo perché i governi non si stanno muovendo, ogni giorno vediamo immagini drammatiche eppure si continua ad inviare a Israele le armi che vengono utilizzate contro civili inermi”. Un segnale politico, innanzitutto. Nel quale è insita la risposta a chi obietta che “ci sono altre strade”: “La Meloni ha scritto un post dicendo che possono esserci strumenti più sicuri per inviare gli aiuti. In realtà il cibo a Gaza c’è già, ma è bloccato da Israele da mesi e non viene consegnato, perché si è scelta la fame come strumento di guerra”. L’eventualità di superare il blocco, imposto dal 2009 dal governo israeliano a qualsiasi natante entro le 12 miglia dalla costa di Gaza, è “molto remota”, ammettono gli stessi partecipanti: “Ma saremo in tanti e con personalità rilevanti, compresi eurodeputati e parlamentari”.

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