BRA - Giocava in porta nel Bra, oggi combatte in Ucraina come "foreign fighter"

Ivan Luca Vavassori, calciatore giallorosso nel 2013-2014, sta raccontando la guerra su TikTok. Nel suo ultimo video ha annunciato di essere in partenza per una "missione suicida"

Vavassori nel suo ultimo video

a.d. 23/03/2022 11:11

Nella prima parte della stagione 2013-2014 difese i pali del Bra nel campionato di Seconda Divisione, oggi combatte a difesa dell’Ucraina, arruolato nelle brigate internazionali come "foreign fighter". Si chiama Ivan Luca Vavassori, è nato nel 1992 e durante la sua carriera calcistica ha vestito tra le altre anche le maglie di Pro Patria e Legnano. Figlio adottivo di Alessandra Sgarella, rapita nel 1997 a Milano e prigioniera per mesi nella Locride, e di Pietro Vavassori, imprenditore ed ex patron della Pro Patria, di recente l'ex giallorosso aveva deciso di trasferirsi in Bolivia, a Santa Cruz, per intraprendere una nuova avventura sportiva. Poi, però, è arrivata la decisione di lasciare il calcio per unirsi alla resistenza ucraina all'invasione russa a fine febbraio. La sua, come detto, è una storia particolare: nato in Russia ad Elektrostal, è stato poi adottato quando aveva cinque anni. Negli ultimi giorni ha raccontato la guerra tramite il suo profilo su TikTok.
 
Nell'ultimo video l'ex calciatore del Bra ha annunciato di essere in procinto di partire per una missione definita “suicida”: "Questo sarà il mio ultimo video non so per quanto tempo. Se riuscirò farò avere mie notizie il prima possibile, sperando vada tutto bene. Il sud è al 90% già conquistato, mentre il nord è ancora sotto i bombardamenti delle truppe russe. Siamo riusciti a rubare dei blindati russi, dei bazooka e altre armi. Dopo ci siamo fermati, non sappiamo che cosa è successo. È un venuto un maggiore a parlarci e ha detto che vuole le truppe in difensiva. Io e i miei uomini abbiamo detto che non vogliamo essere bombardati”.
 
Vavassori dice di far parte della fanteria e di essere un “assaltatore”: “Con il maggiore abbiamo deciso che attaccheremo in solitaria, in incognito, senza che nessuno sappia niente. La nostra sarà una missione suicida perché abbiamo pochissime unità contro un intero esercito. Sarà un suicidio totale, ma preferiamo provare piuttosto che restare chiusi ad aspettare”. L’ex portiere ha raccontato il tutto mentre in sovrimpressione campeggiava la scritta: “Morire vent’anni prima o vent’anni dopo poco importa. Quel che importa è morire bene. Soltanto allora inizia la vita”.

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