CUNEO - Alpeggi a secco, ormai è tardi per sperare nella pioggia: “L’erba non è cresciuta, oppure è seccata”

I margari di Arap e Anaborapi paventano di dover scendere a valle prima del previsto, perdendo anche i contributi: “La Regione riconosca le cause di forza maggiore”

02/08/2022 15:55

“A fronte di qualche sporadico e localizzato temporale, la situazione generale è veramente drammatica”: lo dice Elia Dalmasso, recentemente eletto presidente dell’associazione regionale allevatori del Piemonte e della Liguria, denunciando gli effetti della perdurante siccità nelle nostre valli.
 
Le piogge sporadiche degli ultimi giorni non hanno modificato un quadro che appare drammatico per i margari: “Nella maggior parte degli alpeggi - spiega Dalmasso - la cotica erbosa è completamente bruciata e oramai anche eventuali precipitazioni potranno fare ben poco. I primi quindici giorni di agosto sono quelli dove le vacche pascolano più in alto, dove normalmente ci sono le essenze più pregiate come ad esempio il trifoglio alpino, quello che noi chiamiamo piote ‘d galina (zampe di gallina ndr). Nella maggior parte degli alpeggi l’erba non è cresciuta a dovere oppure è secca come se fossimo già a settembre, dopo le prime gelate”. Accanto alla carenza di acqua, che costringe le mandrie a grossi spostamenti giornalieri, si aggiunge quindi il problema dell’alimentazione.
 
All’allarme lanciato da Dalmasso fa eco quello di Andrea Rabino, neo presidente Anaborapi, l’associazione che raggruppa oltre 4200 aziende che allevano bovini di razza Piemontese: “Molti dei nostri associati - dice Rabino - praticano l’alpeggio durante la stagione estiva. Si tratta di una forma di allevamento che da un lato permette di contenere i costi e dall’altro lato contribuisce a salvaguardare il territorio”. Questa eccezionale siccità però obbligherà molti margari a “scendere” a valle in anticipo: “La scarsità di erba costringerà anche gli allevatori ad acquistare fieno e alimenti per il bestiame, materie prime che purtroppo hanno attualmente i prezzi alle stelle”.
 
Anche da un punto di vista burocratico una discesa anticipata dagli alpeggi potrebbe creare qualche problema: per accedere al così detto premio per il “pascolamento”, i capi devono permanere in montagna per almeno tre mesi e qualche allevatore non sarà in grado di rispettare questi termini.
 
Conclude Rabino: “È importante che la Regione riconosca la ‘causa di forza maggiore’ per gli allevatori che saranno obbligati a demonticare in anticipo: con gli attuali costi del fieno e del mangime non c’è nessuno che voglia scender a valle tanto per farlo”.

c.s.

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