CUNEO - “Altro che vaccini, le vere sperimentazioni sono le ‘cure domiciliari’ contro il Covid”

Il dottor Davide Giraudo risponde al collega Brancatello: “I farmaci prescritti dai gruppi di terapia sono inutili per i pazienti gravi. La sola difesa è vaccinarsi”

Andrea Cascioli 30/08/2021 19:10

 
Ha suscitato una vasta eco l’intervista che Cuneodice.it ha realizzato la settimana scorsa con il dottor Sergio Brancatello, il medico monregalese del 118 che ha finora rifiutato di vaccinarsi e sostiene la validità delle cure domiciliari contro il Covid promosse dalla rete di teleassistenza di Ippocrate.org.
 
Se soprattutto in questa fase i mezzi d’informazione hanno la responsabilità di assicurare un’adeguata rappresentazione a tutte le voci qualificate, resta tuttavia il fatto che molte asserzioni dei medici “no vax” sono considerate infondate dalla maggior parte dei colleghi. Tra chi è intervenuto nel dibattito per contestare le affermazioni di Brancatello c’è il dottor Davide Giraudo, originario di Beinette, in servizio presso l’ospedale degli Infermi dell’Asl di Biella. Lo scorso anno, quando era in forze presso la divisione di urologia dell’ASST di Melegnano, un suo post su Facebook, molto critico verso la gestione iniziale dell’emergenza Covid, era stato ripreso dalla pagina della Lega. La nostra testata lo aveva intervistato raccontandone l’esperienza di medico in prima linea sulla “trincea” lombarda, quella dove l’allora semisconosciuta patologia aveva impattato per prima e con più virulenza.
 
A distanza di un anno e mezzo il suo giudizio sulla risposta politica al problema sanitario è rimasto inalterato, ma non per questo c’è da sperare in rimedi miracolosi: “Purtroppo non ci sono ancora farmaci risolutori per il Covid grave, in quei casi serve l’ossigeno con una terapia farmacologica di supporto ed infine, se l’organismo non risponde, l’intubazione e la respirazione assistita con ventilatore meccanico. Negli altri casi non ha senso demonizzare la tachipirina: qualcuno arriva a dire che favorisca la tempesta citochinica, peggiorando l’infezione. Sono panzane totali, nessun dato scientifico supporta questa tesi”. E le famose terapie domiciliari? “Questi gruppi in realtà selezionano i pazienti, escludendo quelli gravi: i numeri che vantano sono riferiti perlopiù a persone che non avrebbero bisogno di cure. Per questo, ad esempio, nel modulo di consenso informato richiesto da Ippocrate.org si escludono i cardiopatici e i soggetti che hanno una saturazione inferiore al 94-95%. Insomma si cura solo chi probabilmente guarirebbe senza neanche prendere un farmaco e si lasciano agli ospedali i casi critici”.
 
 
Non ci sono rimedi miracolosi: “L’idrossiclorochina e gli antibiotici non funzionano”
 
Quanto alle terapie proposte, il paradosso è che spesso si tratta o di farmaci non indicati per i pazienti con sintomi lievi o di quel genere di medicina “sperimentale” che viene stigmatizzata da molti quando si parla di vaccini: “Si propongono eparina e cortisone, ma sono indicati solo quando la malattia è grave: il cortisone ha senso somministrarlo a chi è sotto il 92% di saturazione, non andrebbe assolutamente dato ai pazienti che loro selezionano perché può sopprimere la risposta immunitaria. Stessa cosa per l’eparina che negli ospedali non viene utilizzata ‘a pioggia’: serve ai pazienti allettati per evitare trombi”. Analogo discorso riguarda i farmaci innovativi per mesi al centro di speranze e controversie, a cominciare dall’idrossiclorochina: “Sono stato tra i primi in Italia a prescrivere l’idrossiclorochina a domicilio, - spiega Giraudo - ma oggi non lo farei più. I primi studi avevano evidenziato buoni effetti in vitro, solo più tardi si è capito che era inefficace ed inoltre può avere gravi effetti collaterali. Il fatto è che nel 2020 c’era una situazione del tutto diversa. Con gli ospedali pieni e la gente che moriva a casa eravamo in una fase di sperimentazione terapeutica vera: altro che vaccini”.
 
Non è andata meglio tentando altre strade: “L’azitromicina sembrava avesse un potere antivirale, purtroppo si è scoperto che non è così. Eppure c’è chi continua a prescrivere antibiotici per pazienti con una malattia virale: questo antibiotico aveva poche resistenze, ma è stato somministrato a sproposito a molte persone, con ripercussioni ancora da valutare”. Già nel 2019, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, l’Italia guidava la tragica classifica delle morti legate all’antibiotico-resistenza con 10mila vittime sui 33mila decessi censiti nei Paesi dell’Unione Europea. Scomparso dai radar anche l’Avigan, il farmaco pubblicizzato con un video su YouTube da un farmacista italiano in Giappone. Ora si fa un gran parlare dell’ivermectina: “È un farmaco veterinario e non c’è un solo studio che ne dimostri l’efficacia. Fa sorridere chi dice ‘non voglio il vaccino perché è sperimentale’ e ripone tutta la sua fiducia su simili prescrizioni, quando non c’è niente di più sperimentale di questi farmaci”.
 
 
“I medici no vax? Sono pochissimi. E ‘vendono’ cure precoci che non esistono”
 
“Il SARS-CoV-2 è una malattia nuova, all’inizio sono state dette molte cose sbagliate” ammette il medico 39enne, specializzato in urologia, il quale fin dal gennaio 2020 aveva colto le avvisaglie della pandemia e acquistato di tasca sua le mascherine FFP3 che gli ospedali non fornivano ancora. Sembra davvero passata un’eternità.
 
Ora, però, abbiamo uno strumento per difenderci: “L’obiettivo è scongiurare il blocco degli ospedali e si può ottenerlo solo con la vaccinazione di massa. In urologia abbiamo dovuto rimandare interventi per ipertrofia prostatica o calcoli renali per mesi interi e torneremo ad operare a pieno ritmo soltanto a settembre. Si pensi a quali sofferenze sono costretti ad affrontare questi pazienti che prima operavamo con attese di pochi giorni”. Per questo sull’utilità dei vaccini non ci sono dubbi, sostiene Giraudo: “Ampi studi hanno dimostrato che col vaccino calano di molto le possibilità di infettarsi e di contagiare, ma soprattutto che ci si protegge dalla malattia in forma grave. Nessun vaccino è efficace al 100%, ad esempio il vaccino anti influenzale va ripetuto annualmente, il ciclo vaccinale per l’epatite b se non si producono anticorpi va rifatto. Ma sappiamo che le percentuali di blocco dell’infezione sono superiori al 86% sulla vecchia variante Alfa e che anche per la Delta la protezione verso la malattia grave è oltre il 90%”.
 
Perché allora c’è chi mette in dubbio questi risultati, anche tra i camici bianchi? “I medici no vax sono poche centinaia in tutta Italia, una percentuale ridicola che sale solo considerando infermieri, oss e personale non sanitario degli ospedali. Inutile trincerarsi dietro alla carenza di organico di fronte a numeri come questi. Questi colleghi però sono pericolosi perché stimolano i propri pazienti a non vaccinarsi sostenendo che esista l’alternativa della cura precoce: non è così. A mio avviso chi rifiuta il vaccino dovrebbe avere il coraggio di essere ‘eretico’ fino in fondo, smettendo di lavorare per il sistema sanitario: del resto è come se rinnegasse i testi universitari su cui si è formato”.
 
Sugli effetti collaterali sono disponibili i dati Aifa relativi alle segnalazioni degli eventi avversi: “Sono molto completi. Ormai sappiamo che il vaccino a mRNA può dare miocarditi in casi rarissimi, la maggior parte dei quali si risolve spontaneamente. Non è così per la miocardite da Covid che può rivelarsi letale”. Ma è vero, come sostengono alcuni scettici oltre ai no vax convinti, che la corsa al vaccino ha rallentato la ricerca di cure? “Assolutamente no. La ricerca sulle cure per il Covid sta andando avanti: risultati promettenti vengono dalle terapie con gli anticorpi monoclonali, che però sono ancora sperimentali. Per ora vengono somministrate solo in ospedale ai pazienti che per le loro patologie pregresse sono più a rischio di sviluppare complicanze”.

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