Riceviamo e pubblichiamo.
La lettura proposta dal vicepresidente del Consiglio regionale, Franco Graglia, sulla nuova classificazione europea del Piemonte merita alcune precisazioni. Comprendo l’esigenza della maggioranza di inquadrare il dato in un contesto complesso e di difendere il proprio operato. Tuttavia, la fotografia scattata dalle istituzioni europee e da Banca d’Italia evidenzia elementi di criticità che non possono essere sottovalutati.
Presentare la retrocessione del Piemonte tra le “regioni in transizione” esclusivamente come un’opportunità tecnica rischia di offrire una rappresentazione incompleta della situazione. È vero che la nuova soglia consentirà un accesso più ampio ai fondi europei; ciò non toglie, però, che i motivi alla base di questa riclassificazione restano motivo di preoccupazione: un Pil pro capite in calo negli ultimi sette anni, una crescita inferiore alla media nazionale, redditi che aumentano meno dell’inflazione e settori produttivi storicamente forti che mostrano segnali di rallentamento.
I dati richiamati da Banca d’Italia parlano chiaro:
• crescita regionale allo 0,5 per cento, sotto la media nazionale;
• occupazione in aumento ma a ritmi più contenuti rispetto al resto del Paese (+0,8 per cento contro +1,4 per cento);
• rallentamento dei contratti dipendenti privati, con 5300 posizioni in meno su base annua;
• ricorso a cassa integrazione e fondi di solidarietà salito a 39 milioni di ore (+71,5 per cento);
• comparti strategici – automotive, metallurgia, meccanica, apparecchi elettrici, commercio – in sofferenza;
• 1500 posti di lavoro persi nell’automotive torinese nell’ultimo anno.
In questo contesto, attribuire integralmente la situazione a fattori esterni come il “criterio matematico” o la sola crisi dell’automotive non appare sufficiente. Le politiche regionali hanno inevitabilmente avuto un ruolo: la frammentazione degli interventi, l’assenza di una strategia di medio periodo e la difficoltà a orientare risorse e priorità in modo coerente con le trasformazioni economiche in atto.
L’obiettivo non è alimentare polemiche né cercare responsabilità individuali. Se la maggioranza vorrà riconoscere con franchezza le difficoltà che il Piemonte sta attraversando, la nostra disponibilità a costruire insieme un percorso di rilancio sarà piena. Serve una presa d’atto condivisa, un impegno comune, un orientamento chiaro per i prossimi anni. Se invece prevarrà la scelta di minimizzare o reinterpretare ogni segnale di criticità, continueremo a svolgere con serietà il nostro ruolo: segnalare ciò che non funziona e proporre soluzioni. È il modo più responsabile per provare a invertire una tendenza che riguarda tutti, non una parte politica.
Mauro Calderoni
Consigliere regionale del PD Piemonte