CARAGLIO - Caraglio, la valle Grana e le sue storie: un territorio da scoprire nell’ultimo numero di Cuneodice

In occasione della Fiera d’Autunno abbiamo presentato lo speciale della nostra rivista mensile, dedicato a storia, prodotti e bellezze nascoste del Caragliese

Andrea Cascioli 25/09/2021 19:30

 
Quante storie può custodire una valle? Abbiamo provato a rispondere a questo interrogativo nell’ultimo numero della rivista mensile Cuneodice, dedicato a Caraglio e alla valle Grana.
 
Uno speciale che abbraccia vicende storiche, percorsi di scoperta architettonici e naturalistici, curiosità e aspetti sconosciuti di un intero territorio, dai fiori fino alla volta del cielo. La serata di venerdì 24 al Teatro civico è stata l’occasione per discuterne con gli autori dei vari contributi (due di loro, Lucio Alciati e Gabriele Orlandi, non hanno potuto presenziare) e le personalità del panorama culturale locale. L’appuntamento, moderato dal direttore di Cuneodice Samuele Mattio, si è aperto con il saluto del sindaco Paola Falco e con un suggestivo excursus sulla storia delle fiere caragliesi a cura di Adriano Armando.
 
Si scopre così che le origini del mercato del mercoledì, tuttora esistente, risalgono al 30 gennaio 1477, data in cui la serenissima duchessa Iolanda di Savoia concede un’apposita patente ai cittadini di Caraglio. Il permesso di tenere il mercato verrà confermato nel 1492 dalla duchessa Bianca di Savoia e poi nel 1735 dal re Carlo Emanuele III, con il pagamento a carico della comunità di una tassa di lire 600. I mercati si svolgevano lungo la contrada maestra, ora via Brofferio: quando a seguito dell’espansione dell’abitato la contrada maestra divenne l’attuale via Roma, anche il mercato si ampliò e occupò le vie adiacenti. Non c’erano solo i mercati ma anche le fiere, in occasione delle quali si calmieravano le tasse sulle vendite: caratteristica quella di gennaio, dedicata a Sant’Antonio, in occasione della quale si benedivano cavalli, muli e asini. Era costume che i ragazzi scherzosamente segnassero con un gesso la ragazza che avrebbero voluto come morosa: un fatto che non mancava talvolta di generare baruffe tra i giovani. La popolazione accorreva anche dai paesi limitrofi, con carri e calessi, tanto che in paese si contavano più di trenta osterie, caffè e locali con stallaggio: “L’attuale Fiera d’Autunno - osserva Armando - si inserisce in pieno nelle nostre tradizioni secolari: il passato che non passa mai definitivamente e resta nelle persone, nei volti, nei cognomi”.
 
Ma Caraglio è stato - e tuttora rimane - anche un centro di diffusione delle idee, come dimostra la vicenda più che quarantennale de Il Caragliese, testimoniata dal direttore del quindicinale Livio Giordano, e l’attività dell’associazione Teatrino Al forno del pane: fondata nei primi anni Novanta dall’ex partigiano e autore teatrale Giorgio Buridan, nativo di Stresa ma caragliese adottivo, l’associazione prosegue la sua opera in collaborazione con enti, scuole e realtà locali. “Abbiamo trattato la resistenza, la guerra, la shoah, ma anche temi più leggeri in collaborazione con il comune e la scuola di Caraglio” spiega Silvia Caffari, anche lei, come Buridan, divenuta caragliese “ad honorem”.
 
Non è forse noto a tutti che tra le bellezze della val Grana c’è il suo cielo stellato: tanto che qualcuno sta lavorando per inserirlo nell’elenco dei patrimoni tutelati dall’Unesco. Lo ha raccontato Federico Pellegrino, astronomo e animatore di un gruppo di lavoro che si è occupato di “censire” la volta celeste della valle: “Qui c’è un cielo buio come si può trovarlo nel deserto di Atacama o in Namibia, un cielo con caratteristiche particolari dovute alla valle. Basti pensare che possiamo guardare fino a 5500 stelle in una notte dal cielo della val Grana contro la decina appena che vedremmo da Torino, è qualcosa che dobbiamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi”. In un’Italia che è tra i Paesi più colpiti dall’inquinamento luminoso rimangono quindi alcune oasi di “resistenza del cielo”, il cui percorso di tutela si può legare a tanti altri aspetti di salvaguardia dei paesaggi e di promozione turistica: “Il cielo c’è dappertutto, ma solo in pochi posti possiamo ancora osservare le stelle”.
 
Un discorso analogo vale per le numerosissime specie vegetali che popolano la val Grana, vero e proprio “scrigno” di biodiversità come testimonia l’esperto botanico Renato Lombardo: “La valle Grana è un hotspot floristico particolare: è la più piccola tra le valli delle alpi Cozie e Marittime, ma in una trentina di chilometri abbiamo oltre 2mila metri di escursione altitudinale”. Tra i fiori più belli le numerose specie di orchidee presenti, minacciate però dalla maleducazione di molti: “La famosa frase ‘chi coglie un fiore disturba una stella’ vale anche per noi: per questo invitiamo chi va in montagna a rispettare le orchidee, tutelate dalla legge regionale e nazionale, e a segnalare le specie in cui ci si imbatte”.
 
Di montagne come luogo di vita si occupa anche Roberto Ribero, guida alpina dell’agenzia EmotionAlp di Valgrana: “Le nostre montagne sono il prodotto di un equilibrio tra risorse naturali e vita umana che si protrae da millenni e che forse è ormai compromesso in molte aree: ma non sono mai state realtà completamente selvagge. Siamo stanchi di continuare a sentire raccontare la montagna come luogo abbandonato, retrogrado o nostalgico: non è vero, se penso alle persone che conosco e che stanno dando luogo a tante sperimentazioni e tanti tentativi di riprendere vecchi mestieri declinati in chiave moderna”.
 
 
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