CUNEO - Carceri, l'appello dei garanti piemontesi: 'Intervenire subito, prima che sia troppo tardi'

In una lettera inviata al Presidente della Repubblica e ad altre istituzioni le criticità relative all'emergenza Coronavirus nei penitenziari della regione

31/03/2020 10:47

La Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà ha inviato un appello pubblico al Presidente della Repubblica, alle Camere, ai presidenti di Regioni, Province e Città metropolitane e ai sindaci sulla crisi Covid-19 in ambito penitenziario.
 
Si tratta di una richiesta pressante, condivisa da tutti i garanti attivi in Italia, affinché si adottino misure straordinarie e urgenti per “portare nel giro di pochi giorni la popolazione detenuta sotto la soglia della capienza regolamentare effettivamente disponibile”.
 
La comunità penitenziaria piemontese conta – a oggi - 4.514 detenuti, ristretti nelle 13 carceri per adulti e nell’istituto penale per minori, con una capienza effettiva complessiva di appena 3.783 posti: vi sono almeno 731 detenuti in più rispetto ai posti disponibili e istituti piemontesi con un indice di sovraffollamento ben sopra la già alta media regionale (120%): Alessandria San Michele 153%, Alba e Ivrea 142%, Asti 139%, Biella 138%, Vercelli 135%.
 
Nei ristretti e insalubri ambienti carcerari lavorano circa 3.000 agenti di polizia penitenziaria e circa 500 operatori dei vari settori: questo quadro rappresenta di per sé una situazione vulnerabile al rischio contagio. I detenuti e gli agenti in primis ne sono tragicamente consapevoli.
 
Questo il testo dell’appello, preparato dal portavoce nazionale dei garanti territoriali Stefano Anastasia in accordo con il Collegio del garante nazionale e sottoscritto anche da tutti i garanti dei diritti delle persone detenute del Piemonte: Bruno Mellano (Regione Piemonte), Alessandro Prandi (Città di Alba), Marco Revelli (Città di Alessandria), Paola Ferlauto (Città di Asti), Sonia Caronni (Città di Biella), Mario Tretola (Città di Cuneo), Paola Perinetto (Città di Ivrea), don Dino Campiotti (Città di Novara), Paolo Allemano (Città di Saluzzo), Monica Cristina Gallo (Città di Torino), Manuela Leporati (Città di Vercelli) e Silvia Magistrini (Città di Verbania).
 
"I primi casi di positività al virus Covid-19 registrati in alcuni istituti penitenziari hanno riportato l’attenzione sui rischi connessi alla sua possibile diffusione in carcere, dove le misure di prevenzione prescritte alla popolazione in libertà non possono essere rispettate in condizioni di sovraffollamento, come ha recentemente sostenuto anche papa Francesco. Come più volte raccomandato dal garante nazionale delle persone private della libertà, e indicato anche dall’Organizzazione mondiale della sanità e dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura, sono necessari importanti interventi deflattivi della popolazione detenuta che consentano la domiciliazione dei condannati a fine pena e la prevenzione e l’assistenza necessaria a quanti debbano restare in carcere. I provvedimenti legislativi presi dal Governo sono largamente al di sotto delle necessità. Se anche raggiungessero tutti i potenziali beneficiari (6.000 detenuti, secondo il ministro della Giustizia), sarebbero insufficienti, come recentemente sottolineato dal Consiglio superiore della magistratura, dall’Associazione nazionale magistrati, dall’Unione delle Camere penali e dall’Associazione dei docenti di diritto penale. Con quelle misure non solo non si supera il sovraffollamento esistente (formalmente di 7-8.000 persone, sostanzialmente di almeno 10.000), ma non si garantisce il necessario distanziamento sociale richiesto a tutta la popolazione per la prevenzione della circolazione del virus. Servono, e urgentemente, ulteriori misure, di rapida applicazione, che portino la popolazione detenuta al di sotto della capienza regolamentare effettivamente disponibile. Noi, garanti delle persone private della libertà nominati dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni italiani, impegnati tutti i giorni sul campo, fianco a fianco con magistrati di sorveglianza, dirigenti e operatori penitenziari e della sanità pubblica, del volontariato e del terzo settore, anche nella individuazione di mezzi e risorse necessarie per l’accoglienza dei condannati ammissibili alla detenzione domiciliare, facciamo dunque appello al Presidente della Repubblica, quale supremo garante dei valori costituzionali in gioco, ai sindaci e ai presidenti delle Regioni, delle Province e delle Aree metropolitane di cui siamo espressione e ai parlamentari della Repubblica, affinché nell’esame del decreto-legge contenente le norme finalizzate alla riduzione della popolazione detenuta vengano adottate misure molto più incisive e di pressoché automatica applicazione, in grado di portare nel giro di pochi giorni la popolazione detenuta sotto la soglia della capienza regolamentare effettivamente disponibile”.

c.s.

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