CUNEO - "Carriera alias" a scuola, un'opportunità inclusiva. Ma nella Granda non c'è

Dal 2021 è nata la possibilità di un accordo di riservatezza tra scuola, studenti transessuali e famiglie: non tutti, però, hanno aderito

Micol Maccario 16/01/2023 08:27

Il tasso di abbandono scolastico tra gli studenti e le studentesse trans in Italia è del 34 per cento, contro il 13 per cento generale. Se si guarda ai tentativi di suicidio il numero sale al 40 per cento, contro l’1,6 della media nazionale. Questi sono i dati riportati da GenderLens, progetto di formazione rivolto ad adolescenti gender variant e ai loro genitori.
 
Per chi vive quotidianamente la sensazione di non essere conforme alle aspettative sociali non è facile star bene a scuola. Per rendere l’ambiente scolastico un luogo inclusivo è nata nel 2021 la possibilità della carriera alias. Si tratta di un accordo di riservatezza tra scuola, persona trans e famiglia nel caso in cui lo studente o la studentessa sia minorenne. Con la carriera alias la persona transessuale chiede di essere denominata con un genere differente rispetto a quello che le è stato assegnato alla nascita. Nei fatti si ha la possibilità di modificare il nome anagrafico con un altro scelto dalla persona. La modifica avviene negli elenchi, nel registro elettronico e nei documenti scolastici che non hanno valore ufficiale. Non è richiesta alcuna certificazione medica o psicologica, è una scelta personale. Il regolamento della carriera alias ha l’obiettivo di garantire un ambiente scolastico sereno, che tuteli la privacy e l’individuo. Non è da confondere con l’identità legale perché non incide sui documenti anagrafici. È un accordo che si limita all’uso di un nome alternativo quando la persona si trova a scuola o all’università, l’obiettivo è unicamente quello del benessere personale.
 
La scuola, secondo gli studi riportati da GenderLens, è “il luogo dove maggiormente si registrano episodi e bullismo per le persone LGBTIQ+” secondo gli studi condotti da Greytak nel 2013, da Kosciw nel 2018 e da McGuire nel 2010, “con conseguenze importanti sia sulla loro salute mentale - come dimostra lo studio di de Vries del 2016 - sia in termini di rendimento scolastico”. 
 
Nel Cuneese nessuna scuola ha adottato la possibilità della carriera alias
Secondo l’elenco riportato da GenderLens, in accordo con quello dell’associazione Agedo, nella provincia di Cuneo nessun istituto darebbe ai suoi studenti e alle sue studentesse la possibilità di usufruire della carriera alias. Diversa la situazione nel Torinese, dove hanno aderito il Liceo Classico e Musicale Cavour, il Liceo Regina Margherita, il Convitto Nazionale Umberto I, il Liceo Berti e l’Istituto di Istruzione Superiore Michele Buniva di Pinerolo.
 
Anche l’Università di Torino si aggiunge a questo elenco, garantendo la carriera alias a coloro che studiano e lavorano nell’Ateneo. Ma non solo, possono esprimere questa volontà anche gli ospiti di Unito, cioè coloro che si trovano nell’università del capoluogo piemontese per attività seminariali, convegni, cicli di lezioni o altre iniziative. L’obiettivo, si legge sul sito, è quello di “favorire la realizzazione di un ambiente di studio e di lavoro inclusivo”. 
 
La situazione in Italia
La scelta di attivare la carriera alias è stata presa da circa 175 istituti scolastici in Italia secondo i dati riportati da Genderlens. Ma molti sono coloro che l’hanno contrastata. Il Movimento Pro Vita & Famiglia Onlus a settembre 2022 ha lanciato una petizione in cui chiedeva al ministro dell’istruzione di “difendere i diritti dei genitori e la loro libertà educativa contro ogni forma di propaganda politica e ideologica nelle scuole italiane, in particolare riguardo all’ideologia gender”. L’associazione ha poi notificato una diffida agli istituti che avevano adottato il regolamento, chiedendo l’intervento del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. “L’idea di fondo - riporta L’Essenziale - è che ci sia un’esplosione delle diagnosi di disforia di genere, addirittura che ci sia una fabbrica di bambini trans dovuta a dinamiche di contagio sociale”.
 
La transessualità non è una malattia, né tantomeno si può trasmettere. La disforia di genere, cioè la sofferenza che prova chi non si identifica nel sesso che ha alla nascita, è stata tolta nel 2018 dall’elenco delle malattie mentali dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). È stata inserita tra i disturbi della salute sessuale, fa infatti parte dell’ultima versione dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (Icd), l’elenco che contiene tutte le patologie esistenti. Questa scelta è motivata dal fatto che, rimanendo nell’Icd, le persone transessuali hanno più facilmente accesso alle cure sanitarie, in particolare ormonali, a cui possono scegliere di sottoporsi.
 
Ma perché c’è avversione nei confronti della carriera alias? Martin Luther King aveva detto “la mia libertà finisce dove comincia la vostra”. L’obiettivo della comunità dovrebbe essere tendere al maggior benessere possibile, benessere di cui le persone transessuali fanno attualmente fatica a godere in un ambiente in cui spesso si sentono fuori luogo. 
 
Lavorando per garantire la possibilità di intraprendere la carriera alias ovunque si potranno abbattere i numeri relativi all’abbandono scolastico e ai tentativi di suicidio e sarà possibile rendere gli ambienti scolastici spazi inclusivi e costruttivi, in cui crescere insieme.
 

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