CUNEO - Colpo di spugna sulle denunce: i ‘passeggiatori clandestini’ non rischiano più il processo

Solo una multa per chi ha violato le norme anti-contagio, tranne gli ‘evasi’ dalla quarantena. Martedì altri 37 denunciati e 1500 controlli

Andrea Cascioli 27/03/2020 00:11

 
L’’amnistia’, se così si può dire, è già arrivata. Non si parla della difficile situazione delle carceri ma di quella di tanti che si sono visti consegnare una denuncia per una violazione delle norme anti-contagio.
 
In Italia, dagli ultimi dati del ministero dell’Interno, i denunciati sono 115.138 a fronte di 2.675.113 controlli. Nella provincia di Cuneo al 18 marzo si contavano già la bellezza di 480 persone segnalate all’autorità giudiziaria su 9559 controlli. E altre se ne sono aggiunte in settimana: solo nella giornata di martedì 24 sono state denunciate 37 persone all’esito di 1500 accertamenti, compresi alcuni francesi che venivano a fare la spesa dall’altra parte del confine. Nessuna violazione è stata invece riscontrata nel corso delle 655 verifiche presso gli esercizi commerciali della Granda.
 
Su questa marea montante di avvisi giudiziari è però già calato il colpo di spugna del governo. Con il nuovo decreto, vigente dal 25 marzo, si passa dalle sanzioni penali a quelle amministrative. Per chi ha ‘sgarrato’ sulle passeggiate senza giustificazione alcuna ci sarà soltanto una multa. Parimenti, a chi verrà sorpreso fuori casa senza un valido motivo da ora in poi non si applicheranno le contravvenzioni previste dall’articolo 650 del codice penale ma una sanzione compresa tra i 400 e i 3mila euro, senza strascichi sul casellario giudiziale. Per i trasgressori sorpresi a bordo di un’auto la ’stangata’ è aumentata fino a un terzo, mentre alle attività commerciali si applica come pena accessoria la chiusura fra i 5 e i 30 giorni.
 
Beninteso, le possibili (e gravi) conseguenze penali restano per chi - trovato positivo al test del Covid-19 - viola in modo deliberato la quarantena, attestando nell’autocertificazione di non esservi sottoposto. In questi casi è tuttora valido quanto disposto dal regio decreto 1265 del 27 luglio 1934, il testo unico delle leggi sanitarie: là dove prima poteva essere comminato un arresto fino a sei mesi e un’ammenda “da lire 40.000 a lire 800.000” ora si passa all’arresto fra i tre e i diciotto mesi e a multe comprese fra i cinquecento e i cinquemila euro. Nei casi più gravi il reato contestato è quello di procurata epidemia colposa, per il quale l’articolo 452 del codice penale prevede pene tra i 3 e i 12 anni di carcere.
 
Oltre a correggere gli aspetti sanzionatori delle varie norme emanate contro l’epidemia, il decreto del 23 marzo ha ridotto i poteri discrezionali dei sindaci che non potranno emanare, sotto pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti che risultino in contrasto con le misure governative.
 
Novità di non poco conto anche sul fronte lavorativo, dopo le minacce di scioperi da parte dei benzinai e di altre categorie. Per tutta la durata dello stato di emergenza, ovvero fino al 31 luglio, potrà essere imposta l’apertura coatta delle attività individuate come “essenziali” qualora ciò si renda necessario per assicurarne l’effettività e la pubblica utilità. Il provvedimento potrà essere assunto dal prefetto dopo aver sentito, senza formalità, le parti sociali interessate.

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