CUNEO - Commercio, Dal Bono (Confesercenti): "Anni pessimi, e la ripresa non pare vicina"

La direttrice provinciale commenta i dati presentati dall'associazione: "La Granda ha un trend migliore rispetto al Piemonte, ma basta una passeggiata nelle città per vedere il numero di serrande abbassate"

Redazione 17/05/2023 08:47

Per le attività commerciali sono stati anni pessimi e purtroppo la ripresa non pare essere vicina. La provincia di Cuneo sembra avere un trend leggermente migliore rispetto al Piemonte ma basta fare una passeggiata nelle città della Granda per vedere il numero di serrande abbassate”. Con queste parole il direttore generale Confesercenti della provincia di Cuneo - Nadia Dal Bono - commenta i dati registrati dalla associazione di categoria, che prevede quasi 4.500 attività in meno in tutto il Piemonte, entro la fine di quest’anno, rispetto al 2019.
 
Non solo i negozi, ma anche il settore degli ambulanti è in sofferenza. Le cause le sappiamo: pandemia, inflazione, caro bollette e affitti alle stelle, ma cosa si può fare per invertire la tendenza?”, si chiede il direttore dal Bono.
 
Ottimo l’intervento della Regione per sostenere le botteghe contro la desertificazione commerciale nei paesi, ma per un risultato più incisivo e duraturo, servono azioni strutturali mirate e a più ampio respiro. Per esempio - prosegue il direttore generale di Confesercenti provincia di Cuneo - ridurre la pressione fiscale sulle famiglie. Detassare intanto gli aumenti contrattuali per il prossimo biennio: una simile misura potrebbe generare cospicui consumi aggiuntivi. E poi sosteniamo di più le attività di vicinato, dove non solo si fanno ottimi acquisti ma rappresentano un presidio sociale di grande importanza”.
 
La Granda - conclude Dal Bono - non è certo fuori dalle difficoltà, anche se spesso ad una chiusura corrisponde una nuova apertura. I negozi più a rischio sono le macellerie e le panetterie, sulle quali, però, grava anche una mancanza di formazione che è importante fornire ai giovani, per garantire un cambio generazionale. E poi edicole e cartolerie ma anche l’abbigliamento”.

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