CUNEO - Commercio, in dieci anni le nuove aperture in Piemonte giù del 70 per cento

Secondo uno studio di Confesercenti la nostra regione è quella che fa registrare il calo percentuale più pesante. Il presidente regionale Banchieri: "Stiamo assistendo a una desertificazione"

Redazione 23/10/2023 15:29

Nel 2013 in Piemonte aprirono 4.581 attività nel settore del commercio. Nel 2023 saranno circa 1.380, per una variazione negativa del 70%. È quanto emerge da uno studio pubblicato da Confesercenti nazionale: il dato colloca il Piemonte all’ultimo posto in questa graduatoria. La nostra regione è infatti quella che fa registrare il calo percentuale più consistente. Nell’ultimo anno il calo è stato del 9% (1.514 le aperture del 2022). A livello nazionale nel 2013 le aperture furono 44.814, nel 2023 si stima che saranno 20.749, per un calo del 54%.
 
Nessuna regione sfugge alla riduzione di nuove imprese del commercio, con livelli di aperture nel 2023 ovunque inferiori rispetto allo scorso anno. Questo è vero soprattutto nel Lazio (-11%) e Sardegna, Campania e Sicilia (tutte a -10% rispetto al 2022). Nel confronto decennale, invece, la denatalità peggiore, in proporzione, è come detto quella registrata dal Piemonte (-70% rispetto al 2013, pari a 3.201 aperture in meno). Seguono, in questa classifica negativa, la Sardegna (-67%, pari a -852 aperture), il Lazio (-62%, -2.784 neoimprese), la Sicilia (-61%, -2.360 iscrizioni). Se invece guardiamo al numero assoluto delle nuove aperture, sempre rispetto al 2013, è la Campania a registrare il calo più consistente (-4.421 nuove imprese rispetto al 2013), seguita da Piemonte (-3.201), Lazio (-2.784), Sicilia (-2.360), Lombardia e Veneto (rispettivamente -2.325 e -2.088).
 
Il Governo punta giustamente ad arginare il calo demografico adottando provvedimenti a favore delle famiglie”, commenta Confesercenti: “Una situazione simile di denatalità interessa, però, anche il mondo delle attività economiche. In generale, in Italia, si fa sempre meno impresa, e chi soffre di più è sicuramente il commercio al dettaglio. Il crollo delle nascite di nuove imprese sta accelerando il processo di desertificazione commerciale delle nostre città, privando i cittadini di servizi e i territori di ricchezza e lavoro, e la nostra economia di quei negozi e boutique che hanno fatto conoscere al mondo il Made in Italy e valorizzato le nostre produzioni. Occorre adottare provvedimenti per rigenerare il tessuto commerciale senza il quale assisteremmo ad un drammatico impoverimento dell’economia e della qualità della vita delle nostre città”.
 
Si tratta – dice Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Piemonte – di numeri drammatici e soprattutto di una tendenza che pare non avere fine: secondo le nostre proiezioni, in assenza di interventi, nel 2030 le aperture in Piemonte potrebbero ridursi a poco meno di 1.000. Neppure durante la pandemia si era arrivati a tanto. Stiamo assistendo a una vera a propria desertificazione commerciale nell’indifferenza del governo e della politica più in generale. Questo impoverimento rappresenta un problema non soltanto per le categorie coinvolte, ma riguarda tutti: senza commercio di vicinato saranno più poveri anche vie e quartieri per vivibilità, coesione sociale e sicurezza, oltre che per possibilità di scelta e livello di servizi offerti ai consumatori”.
 
Aprire una nuova attività – conclude Banchieri – è sempre più difficile e meno attraente per i giovani. E una parte di coloro che continuano a svolgere questa attività lo fanno perché non hanno alternative e attendono soltanto la pensione. Serve, quindi, un pacchetto di misure per sostenere i piccoli esercizi commerciali: noi proponiamo da tempo decontribuzione per i giovani che avviano una nuova attività commerciale e un regime fiscale di vantaggio per le imprese sotto i 400mila euro di fatturato annuo, magari da legare ad obblighi di formazione. Se davvero si vede come irrinunciabile la rete dei negozi e dei mercati, la si consideri un ‘settore protetto’ come la Ue da anni fa con l’agricoltura: i fondi europei devono prendere la direzione anche del piccolo commercio. E soprattutto diventa sempre più urgente una legislazione comunitaria che metta fine agli inaccettabili privilegi di cui godono le grandi piattaforme del web“.
 
 

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