BORGO SAN DALMAZZO - "Con il biodigestore a Borgo si cercano soluzioni ad un problema che non abbiamo"

Lunedì sera la videoconferenza organizzata dal comitato che si oppone al progetto di Acsr: "Questo impianto serve al territorio? Nessuno ha dato una vera risposta a questa domanda"

Andrea Dalmasso 30/03/2021 00:01

Dopo alcuni mesi “in standby” a causa delle restrizioni legate alla pandemia, sono ripartite stasera, lunedì 29 marzo, con una videoconferenza le attività “pubbliche” del comitato “No al biodigestore” di Borgo San Dalmazzo, che si oppone al progetto per un nuovo impianto di smaltimento dei rifiuti organici che Acsr intende realizzare nell’area della ex discarica di San Nicolao. A introdurre la serata è stata la deputata borgarina Chiara Gribaudo, che già oltre un anno fa, durante i primi incontri pubblici organizzati dal comitato, aveva manifestato la sua contrarietà al progetto: “Non è una questione che riguarda solo Borgo, ma il futuro e lo sviluppo dell’intero territorio”. Durante la videoconferenza si è fatto più volte riferimento al volantino informativo “Green News” inviato da Acsr nelle case dei borgarini (e pubblicato sul sito internet a questo link) sul quale si approfondisce il tema biodigestore. Per la parlamentare del Partito Democratico, però, nel documento “non si entra nella profondità della questione, si riportano motivazioni basate su annunci, non su sostanza. Si fa riferimento a presunti accordi con i consorzi della provincia per conferire nel sito, ma si tratta anche in questo caso di semplici annunci, non di accordi concreti: non è serio giocare in questo modo con 14 milioni di euro di denaro pubblico”.
 
Questa scelta - ha proseguito la Gribaudo - non era nei programmi elettorali di Borgo e Cuneo, chi amministra ha il dovere di dare spiegazioni ai cittadini, non tramite un volantino pubblicitario ma tramite dati. Questo impianto serve al territorio? Io non ho ancora sentito una vera risposta a questa domanda”.
 
A seguire è intervenuta Germana Avena, sindaco di Roccavione, contraria al progetto fin dalle sue prime battute: “Fin dal 2018 ho sempre posto questioni quando si parlava di questo tema: nelle assemblee dei sindaci ho sempre chiesto se avevamo effettivamente problemi di gestione dei rifiuti e dell’organico, la risposta è sempre stata ‘no’. Da questo punto di vista il nostro territorio oggi ha tutto ciò che è necessario, si stanno quindi cercando soluzioni ad un problema che non esiste. Ho chiesto più volte ai colleghi sindaci perché avremmo dovuto farlo: nessuno mi ha mai saputo fornire una ragione plausibile”.
 
Oltre alle questioni già sollevate in passato (sovradimensionamento dell’impianto, questioni ambientali, sostenibilità e convenienza economica), Germana Avena ha approfondito alcune questioni normative legate ad una società “in house” come Acsr: si tratta di una società i cui soci sono enti per i quali la stessa svolge dei servizi. Secondo la legge Madia l’80% del fatturato di queste società deve provenire da attività svolte per gli enti soci. Nel caso specifico, insomma, Acsr (composta da 54 Comuni) potrebbe prelevare fuori dal suo bacino al massimo il 20% del fabbisogno, requisito che invece verrebbe violato dal progetto presentato per il biodigestore. In più - ha spiegato la prima cittadina di Roccavione - “questi impianti sono materia di competenza regionale: come facciamo noi a prendere questa decisione?”.
 
Mi dicevano che la legge regionale stava per cambiare, - ha proseguito la Avena - che sarebbe cambiata la percentuale imposta dalla legge Madia. Ora la legge regionale è stata modificata in diversi articoli, ma quelli che riguardano consorzi e aziende di smaltimento non sono stati toccati: l’organizzazione della gestione dei rifiuti in provincia non ha subìto cambiamenti. Allo stato attuale delle cose Acsr dovrebbe semplicemente dire ai Sindaci che non si può andare avanti perché la legge non lo consente, invece si stanno cercando strani escamotage per gonfiare i numeri del bilancio di Acsr, per esempio tramite accorpamenti con il Cec o con l’Acda, in modo che non si sfori oltre quel 20%. Non capisco il senso di perseverare, non capisco nemmeno il senso di questo volantino. Vogliono dimostrare che questo progetto è ciò che serve? E allora perché semplicemente non si va avanti? Per risolvere un problema che non c’è si stanno cercando soluzioni che creeranno altri problemi. E ogni spesa andrà a ripercuotersi sulle tasche dei cittadini. Bastava un po’ di buon senso per capire che era ora di lasciar perdere”.
 
In seguito a prendere la parola è stato il dottor Franco Dini, tra i membri del comitato “No al biodigestore”, che tramite alcune slide ha analizzato quelle che secondo i promotori della serata sono le principali criticità del progetto, dalle questioni ambientali a quelle legate al consumo di suolo. Per sostenere il progetto, negli scorsi mesi il sindaco di Borgo San Dalmazzo Gian Paolo Beretta aveva proposto il paragone con un impianto analogo presente in località Cadino a Faedo, in Trentino: "Quel biodigestore - ha osservato Dini - è in una località di 43 abitanti, distante un chilometro dall’abitato, mentre Faedo conta 642 abitanti ed è distante nove chilometri. Che cosa c'entra con Borgo?”.
 
L’intervento successivo è stato di Mauro Fantino, consigliere comunale di Borgo San Dalmazzo, dimessosi dal ruolo di assessore a dicembre del 2019 proprio per divergenze con la posizione dell’amministrazione sul tema del biodigestore: “A Borgo la gente ha memoria di ciò che è stata la convivenza con la discarica, una convivenza che dura da ormai 40 anni. Si diceva che sarebbe stato un impianto tecnologicamente all’avanguardia, poi sono arrivati l’inquinamento delle falde, i problemi con gli odori, e i vantaggi economici promessi non ci sono mai stati. Ho vissuto drammaticamente questa vicenda: mi sono trovato a sentire le prime voci nell’agosto del 2019, quando in Giunta non se n’era mai parlato. Solo a settembre, dopo la mia richiesta, sono state fornite informazioni a Giunta e consiglieri di maggioranza: il 30 settembre c’era già un progetto di fattibilità portato da Acsr in Provincia. Non c’è stato confronto né con l’amministrazione né con la popolazione. Sono 14 mesi che il Sindaco non convoca una riunione di maggioranza. Quando ci siamo presentati nel 2017 di fronte agli elettori questo punto non c’era nel programma, posso dire apertamente che in tal caso non mi sarei candidato. Borgo ha altre priorità, gli investimenti dovrebbero essere rivolti ad altri progetti: Palazzo Bertello non è ultimato, l’adeguamento sismico delle scuole è in gran parte ancora da fare, in più c’è la questione della caserma Mario Fiore”.
 
Tra i collegati anche Ettore Zauli, ex consigliere comunale borgarino e agronomo, che già in passato aveva preso posizione contro il progetto: “In primis è doveroso ribadire che nel programma elettorale c’era espressamente scritto ‘Delocalizzazione dell’impianto’. Inoltre si parla genericamente di fantomatici vantaggi per i cittadini: quali sono? Non sono mai stati approfonditi: vogliamo dati concreti, non le citazioni dotte a cui ormai siamo abituati”.
 
A concludere la serata la sintesi di Chiara Gribaudo: “Sul volantino di Acsr non c’è alcuna firma, è una cosa che considero grave. C’è bisogno di trasparenza, serve che qualcuno si assuma la responsabilità di ciò che c’è scritto e che si dica chiaramente a chi e a cosa serve questo impianto. Personalmente non ho ancora trovato un operatore del settore, sia privato che pubblico,  che mi abbia detto che un’operazione del genere, in quel posto e di quelle dimensioni, sia conveniente economicamente. Ho consultato società pubbliche in Piemonte, Liguria ed Emilia, tutti mi hanno detto che economicamente questa operazione non ha alcun senso”. La parlamentare borgarina ha poi riferito che il presidente della Provincia Federico Borgna e quello della Regione Alberto Cirio hanno inserito il progetto per il biodigestore nelle proposte per il Recovery Plan. Gli organizzatori della serata, infine, hanno annunciato nuove iniziative per le prossime settimane, con mobilitazioni anche fuori dai confini di Borgo San Dalmazzo.

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