CUNEO - Coronavirus, ecco perché è bene accettare di buon grado i provvedimenti che limitano la nostra libertà

Il diffondersi del Covid-19 su larga scala potrebbe portare a un collasso del Sistema Sanitario Nazionale. La patologia, altamente infettiva, manda in rianimazione il 10% dei contagiati e il posto per tutti non c’è

Samuele Mattio 02/03/2020 12:59

 
Nel Paese che ogni mattina si divide in due su qualsiasi argomento non poteva fare eccezione il dilagare in Italia del temutissimo Coronavirus. È passata poco più di una settimana da quando gli italiani hanno scelto, come di consueto, la loro squadra per poi commentare compulsivamente sui social qualsiasi post o articolo a tema. Nell’occasione hanno messo le pettorine ‘catastrofisti’ e ‘superficiali’, ma se i ragionamenti di pancia quando applicati alle scelte della vita quotidiana hanno conseguenze risibili (al massimo, nel mondo globalizzato di oggi, possono spingerci a fare un acquisto inutile), quando si parla di ambito medico o scientifico sarebbe bene lasciare nel cassetto discorsi privi di raziocinio. 
 
Va detto che coloro che avrebbero dovuto fare la propria parte nell’aiutare le masse ad affrontare nel modo giusto l’emergenza sanitaria data dal dilagare del Covid-19 non hanno fatto altro che alimentare, volenti o nolenti, lo scontro. La maggioranza si è divisa, ‘alimentata’ da parte del mondo scientifico, con lo scontro tra il virologo Roberto Burioni - diventato oramai un personaggio televisivo dopo la sua crociata contro i ‘no vax’  e sostenitore di provvedimenti stringenti per limitare il diffondersi del virus - e la direttrice della microbiologia clinica, virologia e diagnostica bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano, Maria Rita Gismondo, più ‘cauta’. Un confronto tra esperti, seppur con punti di vista diversi, avrebbe potuto e dovuto essere arricchente per tutti. Invece non lo è stato, in quanto i due sono stati usati come marionette per un dibattito stereotipato, mentre giornali e telegiornali hanno finito, come spesso accade, per ‘dividere’ e alimentare divisioni su un argomento che avrebbe necessitato di chiarezza e trasparenza. La responsabilità dei media non è stata tanto quella di ‘esagerare’, o di ‘creare allarmismo eccessivo’, come in tanti hanno sostenuto, ma quella di non essere andati al punto del problema limitandosi a mettere accanto due punti di vista volutamente stereotipati: da una parte gli ‘allarmisti’, dall’altra i ‘superficiali’, evidenziando non le certezze scientifiche, ma gli elementi divisivi. Tant’è che ancora oggi in pochi hanno capito come mai il Covid-19 preoccupa così tanto i governanti del mondo. 
 
Abbiamo provato a dare una lettura più esauriente con Marco Serale, laboratorista specializzato in emergenza CBRN (chimica biologica radiologica nucleare) e tecnico sanitario di laboratorio biomedico ed anatomia patologica all’ospedale Regina Montis Regalis di Mondovì, autore di un blog su biologia e affini. Nella giornata di ieri Serale ha condiviso un post sul social Facebook nel tentativo di fare chiarezza e affrontare l’argomento partendo da considerazioni che non parlino ‘alla pancia’ della gente. “Partiamo dalla certezza: la Covid-19 non è una banale influenza - spiega l’esperto -. Forse non vedremo mai cataste di cadaveri e morti per strada, ma si tratta di una patologia seria, altamente infettiva, che manda circa il 10% dei colpiti in strutture di cura complessa o in terapia intensiva e ha una bella ‘affinità’ con gli operatori sanitari”. 
 
Ad affrontare il problema partendo da questa considerazione, nel piattume dell’informazione generalista, è stato Il Fatto Quotidiano che ha censito il numero totale di posti letto per la rianimazione nel Paese, equivalente a 5mila e 90 (8,42 per 100mila abitanti) e 1129 quelli di terapia intensiva neonatale. Va da sé che un eventuale picco di contagiati, che sarebbe tranquillamente gestibile su numeri ridotti, manderebbe al collasso il Sistema Sanitario Nazionale in quanto quegli stessi posti servono anche per i pazienti di altre patologie e non possono essere considerati disponibili nella totalità.
 
“I provvedimenti adottati servono a ridurre l’ondata dei casi, in modo che il sistema sanitario possa rispondere un po' alla volta alle richieste dei malati senza andare in crisi - continua Serale -. La curva delle patologie infettive ha una ripida ascesa (grandi numeri di casi), con un apice repentino e una discesa altrettanto ripida. Ciò significa ingolfamento e crisi immediata dei presidi. Abbassando la curva di ascesa aumentiamo il tempo di risposta e si può evitare la crisi del sistema sanitario”. È il cosiddetto ‘Effetto Mangrovia’. “Tutte queste misure sono come le intricate radici delle mangrovie - spiega ancora il biologo -. In caso di alluvione fanno da tappo rallentando l'onda dell'acqua e salvando tutto quello che c'è oltre la pianta”.
 
Allo stato attuale della crisi, gli ospedali della Lombardia sono messi a dura prova dall’emergenza. Facile immaginare cosa succederebbe se l’epidemia si allargasse su larga scala: il Sistema Sanitario Nazionale collasserebbe, aumentando la letalità del Covid-19 (in quanto non ci sarebbero posti in rianimazione per tutti) con tutte le conseguenze, allora sì catastrofiche, del caso. Allarmismo? No, informazione basata sui dati e resa fruibile da tutti di modo da dare anche a chi ha pochi strumenti per comprendere la complessità della tematica le basi per poter accettare di buon grado e con più consapevolezza tutti quei provvedimenti che limitano la nostra libertà nella quotidianità, dalla chiusura delle scuole alla sospensione delle attività sportive. 
 
 

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