CUNEO - Coronavirus, un'app per monitorare gli infetti sarà il prossimo passo per prevenire nuovi contagi?

Il mondo guarda al modello coreano, ma la privacy non è un dettaglio. Secondo Icardi: 'È tardi', ma il Governo italiano raccoglie tecnologie e pensa a un sistema di dati su base volontaria

Samuele Mattio 01/04/2020 09:43

Tracciare una mappa del contagio e della diffusione del Coronavirus nel paese incrociando i dati relativi agli spostamenti memorizzati dagli smartphone e quelli in possesso della Sanità? Lo hanno fatto in Corea del Sud dove, installando un'applicazione sul telefono, ogni coreano può vedere in tempo reale se nei dintorni c’è un contagiato da covid-19 e quali sono le zone più a rischio. L’app ha consentito a Seul di ridurre i nuovi contagi da 800 a 80 al giorno senza adottare provvedimenti stringenti come quelli presi dai governi di mezzo mondo e di cui l’Italia è stata capofila. La strada intrapresa dalla Corea sta per essere seguita anche da altri stati, Usa in primis. E il nostro (bel) paese?
 
L’adozione di una tecnologia così invasiva pone svariati interrogativi sulla privacy tant’è che durante la seduta odierna del Consiglio Regionale del Piemonte dai banchi dell’opposizione sono arrivate domande sul tema all’assessore alla Sanità Luigi Icardi, che ha risposto con franchezza: ”Non credo che il nostro paese abbia la possibilità di fare ciò che è stato fatto in Corea, è tardi e il Garante della Privacy non lo permetterebbe. Inoltre hanno impiegato una forza lavoro straordinaria per seguire tutti i tracciamenti”. ”È stato uno sforzo iniziale immane che il nostro paese non ha fatto… e se ne vedono le conseguenze”, ha poi aggiunto sibillino.
 
A dirla tutta da parte dell’autorità nata per assicurare il rispetto dei trattamento dei dati personali ci sarebbe anche stata una mezza apertura: “I diritti possono, in contesti emergenziali, subire limitazioni anche incisive - ha dichiarato il garante Antonello Soro nei giorni scorsi -, ma queste devono essere proporzionali alle esigenze specifiche e temporalmente limitate”. Ed è proprio sotto questo punto di vista che il Governo si sta muovendo, anche se con sensibile ritardo. La scorsa settimana si è chiuso l'appello, durato appena tre giorni, per raccogliere tecnologie da utilizzare nella gestione dell'emergenza.
 
La strada è ancora tutta da inventare. Se il Cnr ha ideato un sistema mettere in comunicazione medici e pazienti attraverso lo schermo del televisore, la spagnola ‘Forcemanager’ ha invece portato la sua app per l’autodiagnosi di Covid-19 su 300mila smartphone dell’area metropolitana di Madrid. In questi giorni si prepara a raggiungere il resto della Spagna e a mettere l’applicazione a disposizione dell’Italia, ma ci sono idee provenienti da tutto il mondo. Alla chiamata dei ministeri dell’Innovazione e della Salute (dati governativi) hanno risposto 823 fra aziende, centri di ricerca e università: 504 con proposte nel campo della telemedicina e 319 in quello dell’analisi dei dati sulla diffusione del Covid-19. 
 
“Le app di tracciamento dei contatti hanno attirato molto l’attenzione, ma sono solo la punta dell’iceberg - ha dichiarato il ministro per l’Innovazione Paola Pisano nei giorni scorsi al Corsera, allontanandosi, di fatto, dal modello asiatico, molto diverso anche per l’elevatissimo numero di tamponi fatto -. Per il paese è importante innanzitutto la raccolta dei dati, anche quelli comunicati in modo volontario e anonimo, come accade sul sito americano Healthweather, dove i cittadini danno indicazioni sul loro stato di salute e si possono vedere le zone in cui salgono ondate anomale di febbre. Non bisogna pensare che un’app sarà la soluzione di tutto. Dobbiamo essere prudenti, testarla e valutare sopra quale soglia è statisticamente rilevante”.
 
La sensazione è che, per bypassare il problema della privacy si possa andare verso un sistema di autoinserimento dei dati su base volontaria, con tutti i pro e i contro del caso. Di certo gli italiani non sembrano così refrattari a diffondere i loro dati personali (vedi Facebook, Instagram, etc.). Sarà così anche per quanto riguarda la loro salute? L’unica certezza è che il tempo è poco e l’Italia, almeno sotto questo punto di vista, si sta muovendo lentamente, ma questa volta, esclusi i coreani, non siamo i soli.
 
 

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