La “Baviera d’Italia” arranca e la responsabilità, ironia della sorte, è della recessione tedesca. Un fattore economico molto meno “mediatizzato” rispetto ai dazi di Trump, ma che tuttavia ha inciso più in profondità sulla tenuta delle imprese della Granda. La notizia, negativa, è che Cuneo fa peggio del resto del Piemonte sulle previsioni per il quarto trimestre del 2025: le stime sono a -9,5% sulla produzione (da -1,3%), -10,8% sui nuovi ordini (il precedente era -5,2%), -12,9% sugli ordini export (contro il -8,2% dello scorso trimestre). Un’inversione dei poli a cui non siamo abituati, conferma la direttrice di Confindustria Giuliana Cirio: “La situazione è un po’ preoccupante perché, per il secondo trimestre di fila, vediamo Cuneo peggiorare nei dati fondamentali della manifattura”. Questo perché la congiuntura “che altrove pesa di meno, su Cuneo, più esportatrice e manifatturiera, pesa di più”. Va detto anche, come precisa il presidente degli industriali Mariano Costamagna, che i fondamentali rimangono solidi: “Nell’occupazione facciamo meglio di tante altre territoriali piemontesi e l’utilizzo degli impianti continua a essere notevole”. Il problema principale è la minor propensione agli investimenti: “È il momento di lavorare sui processi di produzione e su ciò che ci metterà in condizione di essere vincenti” aggiunge Costamagna. Fondamentali solidi su CIG e utilizzo impianti. Male gli investimenti Una fase di raffreddamento si era in parte già ravvisata nel primo trimestre, ricorda la responsabile del centro studi di Confindustria Elena Angaramo: “I dati a consuntivo - spiega - vedevano una riduzione di scambi con Francia e Germania che ha impattato molto di più rispetto agli Usa: anche il mercato del Regno Unito è entrato in sofferenza”. A settembre le aspettative si sono ulteriormente ridotte e i segnali che provengono dai vari settori sono misti, specie nel manifatturiero che rappresenta i 2/3 del campione interpellato da Confindustria. “I dati sul mercato estero vanno tendenzialmente peggio, ma si tratta di una divaricazione modesta” conferma Angaramo: è qui che si tocca di più il peso dei dazi. Per il resto, non peggiora il dato sul ricorso alla cassa integrazione, stabile al 5,7% (dal 5,8%). Il tasso di utilizzo degli impianti, al 72,2%, non si muove ed è un’ottima notizia. Tiene anche la propensione a investire (27,4%), mentre il carnet ordini risulta più orientato al breve termine (il 57,4% del totale entro i tre mesi): cresce, fra l’altro, la quota di aziende che segnala ritardi negli incassi (28,7%, era il 23,7% tre mesi fa). In attenuamento le preoccupazioni legate ai prezzi, nell’ambito delle quali i maggiori timori sono quelli connessi ai trasporti e logistica (preoccupano il 39,1% delle aziende manifatturiere, contro il 34% precedente). “Al momento gli indicatori confermano la forte fase di debolezza del settore industriale” aggiunge l’analista, menzionando una discesa di sei punti percentuali nella quota di imprese che attende stabilità di produzione: il saldo, tuttavia, è ancora al di sopra dei livelli registrati nelle crisi degli ultimi 15 anni. A livello settoriale le attese sono negative soprattutto per la chimica-gomma-plastica, la meccanica e i manifatturieri vari. L’unico settore che mostra attese positive è quello della grafica, stampa ed editoria. I numeri sono in flessione sugli ordini, un trend che fin dal 2022 - con l’eccezione del quarto trimestre 2024 - vede “toni piuttosto cauti” sia per la componente estera che per quella interna: “Tenuto conto della perdita di competitività dovuta ai dazi e al rafforzamento dell’euro sul dollaro, con -8,9% di esportazioni nei primi sei mesi di quest’anno rispetto all’analogo periodo del 2024, ci attendiamo per la fine anno una flessione più marcata di quella che avremmo potuto evidenziare. Ci attendiamo segnali di ripresa nel 2026 legati al piano di investimenti in Germania, nostro secondo mercato di sbocco dopo la Francia”. Il nuovo anno dovrebbe portare un’accelerazione anche negli investimenti che oggi non sono coperti dal Pnrr. Cuneo, insieme a Verbania, resta la sola provincia piemontese in cui la disoccupazione si mantenga al di sotto del 3% (2,8%, per l’esattezza): “Ci attendiamo un ritmo di crescita dell’occupazione un po’ più cauto rispetto a quelli a cui eravamo abituati, con una ripresa però nel 2026. Il ricorso alla CIG è comunque stabile ed è in diminuzione costante negli anni post Covid, salvo sbalzi in alcuni settori”. La crisi morde il turismo: “Si restringono i vincoli di bilancio delle famiglie” Per quanto riguarda i servizi le attese sono ancora favorevoli, anche se più caute: “Il risultato è ascrivibile in particolare a una percezione favorevole sull’occupazione. Ma l’incertezza spinge le aziende dei servizi a essere prudenti soprattutto per quanto riguarda la propensione ad investire, che invece tiene nel manifatturiero: solo il 15,3% delle aziende di servizi intende investire nei prossimi tre mesi, mentre il dato nel manifatturiero è di quasi 1/3. Il 43% delle aziende ha un orizzonte temporale degli ordini molto basso”. I servizi privati entrano nella seconda metà dell’anno con un passo più lento: “Ritmo che si manterrà con buona probabilità anche nella prima metà del 2026”. I livelli di attività vedono in particolare la debolezza della componente legata al turismo: “Si può legare in parte a una forte crescita dei consumi degli italiani all’estero nella seconda metà dell’anno e alla ristrettezza dei vincoli di bilancio delle famiglie” sostiene Angaramo. “Cuneo è certo abituata a dati ben diversi, ma credo che la lungimiranza degli imprenditori cuneesi sarà fondamentale” dichiara l’assessore regionale al Bilancio Andrea Tronzano, in videocollegamento. Dal grattacielo si guarda in particolare a un prossimo bando dedicato alle certificazioni e alle misure per l’ampliamento dei capannoni: “Gli investimenti continuano a essere interessanti anche in provincia di Cuneo”.