CUNEO - Cuneo, il Comune non sa (ancora) cosa fare di palazzo Chiodo

La dimora cinquecentesca è in forte degrado. Nel 2006 venne acquisita per ampliare la biblioteca, ora l’idea è di venderla ai privati: un’occasione sprecata?

Andrea Cascioli 01/03/2023 17:55

Tra i molti edifici storici sul territorio cuneese divenuti “non luoghi” (Piero Dadone notava sulle colonne de La Stampa il rischio che, tra ex policlinici, ex Italgas ed ex Foro boario, Cuneo diventi “la città degli ex”), palazzo Chiodo è uno di quelli la cui vicenda imbarazza di più le amministrazioni che si sono succedute.
 
Con buona ragione, perché rappresenta una ferita aperta in una città dove molto si è fatto, negli ultimi anni, per restituire all’antica bellezza gli splendidi palazzi di via Roma. L’edificio è quello affacciato su via Cacciatori delle Alpi, in continuità con palazzo Audiffredi (la sede della biblioteca), ed esteso sull’intero isolato tra via Savigliano e via Chiusa Pesio. Una dimora di assoluto pregio artistico, costruita nel 1503 e rimaneggiata tra Sei e Settecento, che presenta tra l’altro un portone d’ingresso attribuito a Filippo Juvarra, il maestro del barocco di casa Savoia.
 
Nel 2006 il palazzo - noto anche come Della Chiesa, dal nome della famiglia la cui effige è ancora visibile su via Cacciatori - venne acquisito dall’amministrazione allora guidata da Alberto Valmaggia per 2 milioni e 400mila euro. Nove anni più tardi, con la morte della baronessa Maria Alberta Chiodo Ronchetto che ancora vi risiedeva, il Comune divenne l’unico proprietario. L’idea originaria era di farne un prolungamento della biblioteca civica, ma il progetto venne poi accantonato in favore dell’ex Santa Croce. Già nel 2013 il palazzo è stato inserito nel piano delle alienazioni e da allora vi è rimasto. Nel frattempo si sono susseguiti numerosi episodi di degrado, come quando l’ultimo piano dello stabile fu interessato da un incendio, forse causato da alcuni abusivi che avevano preso a frequentare gli appartamenti. Correva l’anno 2015, per la cronaca.
 
L’amministrazione comunale ha fatto richiesta alla Soprintendenza nel 2021 di un’autorizzazione alla vendita, ottenuta alla fine dell’anno scorso. Parrebbe quindi tramontata anche la flebile speranza che l’allora assessore Mauro Mantelli aveva espresso nello scorso mandato, cioè quello di dedicare la sede ad alloggi universitari: “Un conto è avere un’università e un altro è essere una città universitaria” aveva chiosato Mantelli rispondendo all’ultima interpellanza sul tema, presentata da Laura Menardi giusto un anno fa.
 
Nulla di tutto questo traspare dalla risposta che l’attuale assessore al Patrimonio Alessandro Spedale ha dedicato a una nuova interpellanza, a firma stavolta del consigliere Paolo Armellini (Indipendenti): “Il Comune al momento non ha risorse, si potrebbero trovare dall’investimento di un privato. Sono molto più propenso in questa fase a vedere le possibili risposte del mercato piuttosto che lasciare il bene fermo: il rischio è che, senza poter intervenire, l’incuria peggiori”. Insomma, a mali estremi, estremi rimedi. Tanto più, aggiunge l’assessore, che “se qualcuno lo acquisirà non potrà farne quello che vuole: dovrà essere svolta un’attenta progettazione che sarà vagliata dal Comune e dalla Soprintendenza”.
 
Se dal punto di vista della tutela del bene questo inciso senz’altro rassicura, rimane comunque il dato di fondo: uno spazio di proprietà pubblica, emblema della storia di Cuneo, potrebbe finire a un privato perché per oltre tre lustri non si è saputo cosa farne. “Palazzo Chiodo poteva essere una pinacoteca o una sala concerti, così come villa Invernizzi potrebbe essere un centro incontri o la casa del quartiere” ha evidenziato Armellini, senza nascondere il proprio rammarico: “La risposta di Spedale è un’ammissione di incuria delle amministrazioni che si sono susseguite. Abbiamo per le mani un gioiello e l’abbiamo fatto decadere”. Dai banchi dell’opposizione giunge anche - senza risposta, almeno per ora - la richiesta di Beppe Lauria di un sopralluogo nello stabile, corredata da un ammonimento: “Prima o poi qualcuno vi presenterà il conto di come avete usato le risorse pubbliche”. Ironia amara, invece, da Ugo Sturlese (Cuneo per i Beni Comuni): “Siccome d’estate abbiamo l’Illuminata, in un’altra stagione potremmo organizzare la Diroccata. Portiamo l’evento in giro per il mondo, assieme alle fotografie del diroccamento di villa Sarah”.

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