CUNEO - Cuneo, l’ambasciatore Stefano Pontecorvo a palazzo civico: “Non spegnete i riflettori sull’Afghanistan”

L’alto rappresentante della Nato, “cuneese per amore”, ha organizzato i voli della speranza da Kabul: “Volevo salvare 1.600 persone, ne ho fatte uscire 2.100”

Andrea Cascioli 22/09/2021 16:48

 
Il fondatore del quotidiano parigino Le Figaro, Hippolyte de Villemessant, era solito ripetere: “Per i miei lettori è più importante l’incendio di un solaio nel Quartiere Latino che una rivoluzione a Madrid”. Una massima della cui verità è ben conscio chi lavora nell’informazione locale, non meno di chi amministra un comune. Eppure le fiamme delle rivoluzioni a migliaia di chilometri di distanza arrivano a volte a lambire perfino la nostra placida provincia. Lo abbiamo visto in questi giorni, con l’esplodere della crisi umanitaria in Afghanistan che ha portato nella Granda 65 profughi dal Paese centroasiatico e 7 dal vicino Pakistan. Numeri irrisori, certo, ma che si teme possano aumentare a dismisura in un prossimo futuro.
 
L’ultimo Consiglio comunale di Cuneo si è aperto con l’intervento straordinario di un ospite che quella crisi l’ha gestita in prima persona: si tratta dell’ambasciatore Stefano Pontecorvo, alto rappresentante civile della Nato in Afghanistan in carica da giugno dello scorso anno. Nato in Thailandia nel 1957 da una famiglia di diplomatici originaria di Positano, Pontecorvo si definisce “cuneese per amore”: lo è diventato trentuno anni fa dopo aver sposato Lidia Ravera, conosciuta mentre lavorava in ambasciata a Mosca. È stato rappresentante presso l’Ue e la Nato, consigliere diplomatico di diversi ministri e ambasciatore italiano in Pakistan. Dopo aver rappresentato la Nato ai colloqui di pace di Doha, la sua ultima missione (fra tre mesi sarà in pensione) è quella che lo ha portato a coordinare i voli della speranza da Kabul, garantendo fino all’ultimo l’operatività dell’aeroporto internazionale.
 
Il ponte aereo mantenuto in piedi fino al 27 agosto ha permesso di trasferire all’estero oltre 120mila collaboratori della Nato e dei Paesi partner: “Negli ultimi quindici giorni, in emergenza più totale, abbiamo evacuato l’equivalente di un grande capoluogo di provincia, non lasciando indietro nessuno che veramente fosse in pericolo. Io avevo come obiettivo di far uscire 1.600 persone collegate alla Nato, ne ho portate fuori 2.100. Però stiamo ancora pensando a come far espatriare chi si sente tuttora in pericolo: con la pelle della gente non si rischia”. La prima volta che è entrato in Afghanistan Pontecorvo aveva appena tre anni, oggi ne ha sessantaquattro: “Quando mi chiedono le ragioni dell’involuzione della situazione afghana rispondo che a 10mila km di distanza si è presa una decisione nella piena consapevolezza di quelle che sarebbero potute essere le conseguenze. La caduta del Paese è stata la conseguenza della cattiva politica, di chi ha guardato soltanto all’arricchimento personale e tribale o ai propri guadagni in termini di potere”.
 
Eppure, secondo l’uomo della Nato a Kabul, non abbiamo sprecato vent’anni: “Andando in Afghanistan abbiamo spostato per vent’anni i confini della lotta al terrore”. Ora però è il momento di fare i conti con la sconfitta: “Il Paese e in particolare la provincia dell’Helmand produce l’80% dell’oppio sul mercato mondiale, ora il prezzo si è sestuplicato perché la domanda è esplosa. Ma c’è di più: l’Afghanistan è il vero snodo tra il cuore energetico del mondo, le repubbliche centroasiatiche, e il motore produttivo del mondo che è costituito dal Sud Est asiatico: dove abita il 60% della popolazione mondiale e dove si registra il 70% del progresso economico oggi esistente. Avremo molto meno accesso alle fonti energetiche”. Sulle buone intenzioni proclamate dai nuovi padroni, taglia corto Pontecorvo, non c’è da farsi illusioni: “Temo molto il momento in cui si spegneranno i riflettori sull’Afghanistan: con l’attenzione mediatica sulla prossima crisi laggiù si compirà il regresso che già stiamo vedendo. Chi si illudeva che i talebani fossero cambiati si deve ricredere alla luce dei fatti”.
 
L’intervento dell’ambasciatore è stato seguito dalla presentazione a cura della consigliera Tiziana Revelli (Cuneo Solidale Democratica) dell’ordine del giorno sull’emergenza umanitaria, firmato dai gruppi di maggioranza e da M5S, Grande Cuneo, Cuneo città d’Europa e Cuneo per i Beni Comuni. Un impegno a sostenere l’accoglienza che è stato sottoscritto da tutti i consiglieri che hanno partecipato al voto, con tre astensioni dai banchi della destra: “Difficile non essere d’accordo sui principi: chiedo però al sindaco perché non ci si sia fatti parte attiva quando la clinica Monteserrat di Borgo San Dalmazzo ha chiuso” ha argomentato Beppe Lauria. Dal portavoce della destra sociale nel parlamentino di via Roma sono venute anche le critiche più esplicite all’intervento Nato: “Vent’anni fa siamo andati in quel Paese perché ci venne spiegato che avremmo estirpato il terrorismo: il terrorismo però ha proliferato e non credo che la nostra presenza in Afghanistan abbia modificato alcunché, come si è visto anche in molte capitali europee. È un’avventura che ha portato alla morte di 53 italiani: mi piacerebbe ricordare che siano morti per qualcosa, ma abbiamo fatto una guerra che forse non doveva essere intrapresa”.

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