“La cottura del clinker avviene a 1450 gradi nei mulini: a quelle temperature tutto ciò che è nocivo smette di esistere, perciò il miglior posto per bruciare rifiuti è un forno da cemento”. Le parole di Marco Duranda, dal 2022 direttore dello stabilimento Buzzi di Robilante, illustrano ai consiglieri comunali cuneesi in trasferta il funzionamento di un ciclo dei rifiuti virtuoso di cui il cementificio fa parte da oltre vent’anni.
Era il 2001 quando il progetto prese il via grazie alla collaborazione tra la Provincia, i comuni di Roccavione e Robilante e Acsr, il consorzio cuneese di smaltimento rifiuti. All’inizio ne faceva parte anche Pirelli Ambiente, il socio privato di cui Acsr avrebbe poi rilevato nel 2016 le quote. Nel 2003 incomincia così la produzione di CSS (combustibile solido secondario) con l’insediamento della consortile Idea Granda a poche centinaia di metri dal cementificio, ma già nel territorio di Roccavione.
Nel centro di smistamento di Idea Granda arrivano ogni anno 24mila tonnellate di rifiuti indifferenziati dai comuni del Consorzio Ecologico Cuneese. I rifiuti attraversano diversi stati di deferrizzazione, dopodiché il materiale con pezzatura maggiore viene diviso da quello con pezzatura minore. Il rifiuto triturato viene immesso nel vaglio, al cui interno rimane solo il materiale più ingombrante: si riesce così, tendenzialmente, a dividere anche il secco dall’umido. Il 40% circa formato da rifiuti umidi ha come destinazione le discariche del bacino monregalese. Il prodotto secco in uscita è invece quello che Buzzi utilizza come combustibile. Il bacino cuneese è stato il primo a produrre combustibile, oggi tutta la frazione secca della provincia viene conferita, previo trattamento, al cementificio.
I suoi due forni possono essere alimentati con vari combustibili: quello standard è il polverino di carbone, l’alternativa è appunto il CSS prodotto dal rifiuto. “È meno performante del polverino di carbone, - spiega il direttore Duranda - però ha il vantaggio di provenire dall’indifferenziato e non emettere CO2 nuova”. Un guadagno per l’ambiente e anche per l’azienda che mira a ridurre le emissioni: l’obiettivo è passare dagli attuali 625 kg di CO2 per ogni tonnellata di clinker prodotto al “net zero” entro il 2050. Per fare questo occorre massimizzare il tasso di sostituzione calorica: dai 50 kg per tonnellata di clinker del 2021 si è arrivati ai 70 kg per tonnellata del 2024. A Robilante si punta a raggiungere a un tasso 69,5% di sostituzione calorica nel 2050 (la media attuale è del 36%, ma le performance sono molto differenti tra i due forni): si calcola, però, che per questo servano circa 100 milioni di euro di investimento.
“Il limite di questa fabbrica è che si produce circa il 50% di quel che si potrebbe, dunque consuma il 50% della CSS che potrebbe consumare” dice ancora il direttore. La capacità produttiva attuale è di circa 2 milioni di tonnellate di cemento, per uno stabilimento che ha festeggiato i sessant’anni nel 2024: una fabbrica per l’epoca modernissima, che è rimasta tale fino a inizio Duemila.
L’approvvigionamento è assicurato da due diverse cave, una delle quali, situata a Roaschia, è collegata con un nastro sotterraneo lungo 6 chilometri: per molti anni fu il più lungo tunnel industriale in Europa. Nel 2009 è stato dismesso il primo forno, oggi mantenuto solo a scopi informativi: è qui che la scorsa settimana gli incaricati della Buzzi hanno portato in visita la commissione Ambiente del Comune di Cuneo, accompagnata dalla presidente Alessia Deninotti e dall’assessore all’Ambiente Gianfranco Demichelis. Restano invece in funzione i forni 2 e 3, dove si produce il clinker tuttora esportato in Europa e nel mondo. Si tratta di un cemento particolare, con un’altissima resistenza in brevi tempi e a prova di crepa.
Il mercato a cui guarda la Buzzi, come tutti gli altri giganti del settore, non è solo italiano, anche perché nel nostro Paese il consumo pro capite di cemento per abitante è crollato dagli 800 chili del 2007 agli attuali 300 chili. Dominano i Paesi in via di sviluppo, a cominciare dalla Cina che consuma, da sola, circa metà delle quattro miliardi di tonnellate di cemento prodotte ogni anno nel mondo.