Riceviamo e pubblichiamo. Egregio Direttore, è di questi giorni il passaggio del Piemonte ad area di transizione, derivante dal fatto che il Pil procapite è sceso sotto la media, precisamente al 99,7%, europea, riferito al triennio 2021-2022-2023. La notizia non è chiaramente positiva, tra i principali fattori del rallentamento, ci dicono gli analisti, c’è la crisi del settore dell’automotive che ha portato, negli ultimi anni, la delocalizzazione produttiva che ha colpito le grandi aziende e l’indotto, con una riduzione stimata di oltre 12.000 posti di lavoro tra il 2018 e il 2024, con la manifattura tradizionale e il comparto metalmeccanico che registrano segni di sofferenza con una produzione industriale piemontese nel 2024 calata del -1,8%, contro una media nazionale di -0,9%, i settori dei servizi e del turismo, non sono bastati a compensare le perdite dell’industria. Stando ai dati diffusi dalla Banca d’Italia, i settori più dinamici del Piemonte sono il polo aerospaziale, la filiera del biomedicale, l’agroalimentare ed i comparti ad alto valore aggiunto tecnologico, che possono essere motore di rilancio. Ora, da parte delle sinistre è in corso un fuoco di fila contro il Governo regionale, colpevole, a loro parere, di non avere una strategia. In realtà, le politiche delle Giunte e delle maggioranze di centrodestra dal 2019 in avanti, sono state caratterizzate dalla ricerca della maggiore diversificazione economica possibile per superare un problema strutturale dovuto alle politiche operate dalla sinistra a livello torinese e regionale 40 anni fa, quando con la scelta di Romiti e della sua visione a scapito di quella di Ghidella, risultò evidente fin da subito che nel medio periodo la Fiat si sarebbe disimpegnata sempre di più dall’automotive e che il modello città-fabbrica era ormai superato, i vent’anni di ritardo delle politiche industriali e sociali derivano dalla solita mancanza di visione nel lungo periodo delle sinistre, il centrodestra lavora, per l’ennesima volta, per correggere cose che sono difficili da reindirizzare. Sulla questione di status di regione in transizione, questo è il parametro utilizzato dall’Unione Europea per definire l’accesso ai fondi strutturali (FESR e FSE), nell’attuale programmazione 2021–2027, il Piemonte ha beneficiato di oltre 2,8 miliardi di euro tra Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e Fondo Sociale Europeo (FSE), il passaggio in transizione, come ricordato dal collega Graglia, potrebbe tradursi in maggiori risorse nella prossima programmazione 2028–2034, destinate a stimolare la ripresa economica e la coesione territoriale e questo va letto come un’opportunità che sarà colta dalla nostra Regione. Tuttavia, sarà opportuno che la Regione si attivi per mettere in moto tutti gli strumenti che la legislazione mette a disposizione, non ultima la richiesta da formulare allo Stato centrale per ottenere lo status di ZES, Zona Economica Speciale, già ottenuta da altre Regioni italiane in transizione, che consente di sviluppare politiche di attrazione di capitali e di vantaggi vari a livello legislativo, anche fiscale, per poter stimolare l’efficacia delle politiche realizzate a livello locale. Nella Terza Commissione che presiedo nell’ambito del Consiglio Regionale, che si occupa di economia, lavoro e di attività produttive, avremo modo di approfondire, con l’ausilio dei tecnici, le opportunità e le modalità per giungere ad ottenere lo status di Zona Economica Speciale per il Piemonte. Con la ZES, le politiche di sviluppo in Piemonte, potranno essere ancora più efficaci e portare a risultati importanti nel medio periodo. Claudio Sacchetto Consigliere regionale Fratelli d’Italia