“Chi troppo vuole nulla stringe”, dice la saggezza popolare. Lo pensa anche il Comune di Cuneo, tant’è che alla fine ci si è decisi a imporre lo stop al piano di recupero che avrebbe dovuto portare all’abbattimento e alla ricostruzione ex novo dell’ex Policlinico di via Bassignano. Una mossa estrema ma motivata dall’esasperazione per i tempi interminabili di un recupero autorizzato fin dal gennaio 2021: un anno prima era stato proposto il progetto per la demolizione dell’attuale edificio e la ricostruzione di un palazzo da 3300 mq, con 28 alloggi e una parte di uffici. Il proponente, la Sima Dati sas di Michelangelo Manassero, aveva ottenuto in precedenza anche il cambio di destinazione d’uso, da sanitario a residenziale, approvato fra mille polemiche nel marzo 2017 dalla prima giunta Borgna. Sembrava fatta, invece no. Ci si è messa prima la legge regionale sull’urbanistica, approvata nel 2022 e cassata in larga parte dalla Corte costituzionale, poi altre lungaggini addebitabili non si sa bene a cosa: “Forse per aspettare una congiuntura economica più favorevole, oppure come prologo alla valutazione della vendita dell’immobile e del progetto così come approvato” ipotizza l’assessore al Patrimonio Alessandro Spedale. Sta di fatto che questo stato di cose non poteva più essere tollerato, neanche da un interlocutore mite e paziente come finora si è dimostrato il municipio: “L’eventuale mancata sottoscrizione rappresenta di fatto una condizione di inefficacia del piano attuativo” ha confermato l’assessore nell’ultimo Consiglio comunale dell’anno, rispondendo a un’interpellanza di Giancarlo Boselli (Indipendenti) che sollecitava l’esproprio dell’immobile. “L’interesse pubblico è stato gravemente compromesso, considerate le ripetute richieste di dilazione che dimostrano in modo chiaro una sopraggiunta carenza di interesse” ha aggiunto l’esponente della giunta, annunciando l’“intenzione di intraprendere entro la fine dell’anno il contraddittorio per la conclusione e l’archiviazione del piano di recupero”. La procedura, si fa presente, potrebbe non essere rapida. La via dell’esproprio suggerita da Boselli sembra in ogni caso preclusa dalla mancanza di risorse finanziarie adeguate. Non è escluso, invece, un ulteriore cambio di destinazione d’uso: “In mancanza di sottoscrizione e chiuso il procedimento amministrativo, dal momento che il Comune è titolare del potere di governo del territorio, si potranno fare le opportune valutazioni sull’assetto urbanistico in gioco”. “L’idea di un impedimento finanziario alla soluzione dell’esproprio è del tutto inconsistente” obietta il capogruppo di Indipendenti: “In bilancio voi ipotizzate 5 milioni di investimenti su 10 totali senza avere i denari disponibili”. In ogni caso, sottolinea, “si può benissimo fare una variante e cambiare la destinazione d’uso, reimmettendo quella socioassistenziale visto che è un settore che abbisogna di spazi”. Claudio Bongiovanni di Cuneo Mia mette sul tavolo anche un’altra opzione, il recupero a fini abitativi. Per Ugo Sturlese (Cuneo per i Beni Comuni) il mancato utilizzo dello stabile “dovrebbe essere sanzionato con delibere specifiche come sono state fatte in altre città, come a Milano, per evitare che un edificio venga lasciato inutilizzato per oltre due o tre anni”. “Parlare di vincoli o di espropri non può tradursi in azioni immediate” avverte Flavia Barbano (Centro per Cuneo): “Ci sono passaggi politici, tecnici e giuridici obbligatori che devono essere rispettati prima di qualsiasi intervento pubblico. Senza questi passaggi, qualsiasi azione sarebbe improcedibile e impugnabile”. “Oggi - conclude la consigliera centrista - non possiamo né espropriare né vincolare direttamente l’immobile a funzioni socioassistenziali, possiamo però predisporre studi di prefattibilità così da avere basi solide se in futuro si aprissero opportunità reali e finanziariamente sostenibili”.