I toni sono pacati e concilianti, ma la diversità di vedute sul tema del fotovoltaico emerge dopo un’ora e mezza di dibattito, in un inedito Consiglio provinciale aperto. Si alternano gli interventi dei rappresentanti delle organizzazioni agricole, delle associazioni imprenditoriali e dei sindaci, con il presidente della Provincia Luca Robaldo nella duplice veste di amministratore cittadino e “moderatore”.
Sua l’iniziativa di convocare le parti per una seduta dedicata all’affaire pannelli, già oggetto di polemica in vari comuni: ad esempio Ceva, o la stessa Mondovì di cui Robaldo è sindaco. I numeri aggiornati parlano di 24.231 installazioni per un totale di 763 megawatt prodotti, che fanno della Granda la provincia con la più alta produzione di energia solare in Piemonte. L’ente provinciale ha autorizzato 83 impianti fotovoltaici, sei dei quali sono in fase di valutazione di impatto ambientale, per una potenza di circa 100 megawatt e 268 ettari consumati. Cuneo è anche la seconda provincia in Piemonte, dopo Alessandria, ad avviare una riflessione sulla convivenza tra solare e campi coltivati: “Non c’è nessuna contrarietà alle fonti energetiche, nessuna crociata o richiesta di moratoria” assicura Robaldo. Il punto, aggiunge, è che “ci siamo trovati a dover spiegare ai cittadini che gli enti locali non hanno diretta competenza su questo tema, salvo per alcune argomentazioni”.
Un coro di no da sindaci e agricoltori: “Non corriamo dietro alle multinazionali”
Questo lo ripetono, in vario modo e con uguale rammarico, tutti i sindaci che parlano dopo di lui. “Credo sia necessario ragionare sul fatto che i sindaci devono avere la possibilità e gli strumenti per decidere se fare un impianto o no” dice il cebano Fabio Mottinelli: “Perché una volta che il nostro territorio viene ‘stuprato’, i cittadini vengono da noi a chiedere perché le pianure dove cresceva il granturco siano coperte di fotovoltaico”. E poi c’è la questione del turismo: “Perché un olandese che viaggia in bici deve passare di qui, quando vede campi di pannelli al posto dei fiori? Noi comuni dobbiamo avere la possibilità di plasmare i territori, o non stiamo a fare niente”. Molto applaudito è anche l’intervento di un “veterano” come Francesco Rocca, il sindaco di Bastia Mondovì: “Non penso che il mondo contadino sia diventato improvvisamente paladino del fotovoltaico, ma se affitto per il fotovoltaico prendo 10mila euro. Il mondo agricolo è in difficoltà, perché chi produce guadagna poco. La collina, salvo la zona del Barolo, si sta spopolando. In pianura, dove dovrebbe essere più facile coltivare, mettiamo i pannelli solari”.
Dalla pianura arriva Alessandro Dacomo, a capo dell’amministrazione di Castelletto Stura: “Soprattutto nelle zone limitrofe alle aree produttive - sottolinea - vediamo compromesse future espansioni, a favore di impianti fotovoltaici che non portano nulla allo sviluppo del territorio. Non portano attività lavorativa e impediscono di espandersi ad aziende che avrebbero avuto la necessità di farlo”. Robaldo rivendica la “stretta” imposta a Mondovì: “C’è un’intera area della provincia, tra le Langhe e il Saluzzese, particolarmente interessata, proprio perché si è notato il proliferare di questi impianti”. Lo conferma Davide Sannazzaro, sindaco di Cavallermaggiore oltre che consigliere provinciale: “Vedere i campi che si trasformano in distese di fotovoltaico è una grande fatica. Capisco che ci sia il business economico, dove una giornata di terra rende 450 euro all’anno”.
Il coro di no che arriva dalle fasce tricolori è affine a quello delle associazioni agricole. Sì ai pannelli, dice Coldiretti, purché si facciano sui tetti e non in mezzo ai campi: “Il mondo agricolo crede fortemente nella transizione ecologica - fa presente il direttore provinciale Francesco Goffredo - a una condizione, quella di tutelare i nostri terreni e dunque senza consumo di suolo. Stiamo vivendo ormai da troppi anni in agricoltura un momento in cui è facile cedere a speculazioni”. Per Claudio Baudino di Confagricoltura “le energie rinnovabili devono essere un’opportunità, non un problema. Non danneggiamoci da soli, a volte le speculazioni o l’ingresso di certi attori possono alterare gli equilibri”. “Gli agricoltori non corrano dietro alle multinazionali” è il monito di Marco Bellone (Cia Cuneo): “Siamo per il fotovoltaico sui tetti e non sui terreni”.
C’è chi dice sì (alla solar belt): “Così difendiamo i posti di lavoro”
Il punto è che i tetti non bastano, fanno presente gli industriali e gli artigiani, che rappresentano l’altra campana: “Non chiediamo un via libera su tutto ma una salvaguardia di alcuni punti fermi, come l’idoneità delle aree della cosiddetta ‘solar belt’ entro 500 metri dai siti produttivi” spiega Andrea Corniolo di Confindustria. In caso contrario “il rischio è bloccare investimenti sui siti produttivi, perché non si ha certezza sulle normative”. Analoga richiesta viene da Confapi, con il presidente Massimo Marengo: “Abbiamo l’assoluta esigenza di difendere i posti di lavoro e la competitività del settore artigianale, industriale e terziario: chiediamo un’attenzione particolare alla ‘solar belt’, perché guardando i numeri il tetto non basta”. Joseph Meineri, direttore di Confartigianato, esprime dubbi sia sull’assegnazione di “quote massime” di energia solare (“perché non tutto il territorio è uguale”) sia sui possibili giri di vite dei comuni: “Sì all’introduzione di vincoli urbanistici, ma ci deve essere data la possibilità di installare impianti fotovoltaici anche su abitazioni in città: troppi vincoli e chiusure non portano a un beneficio d’insieme. L’energia non deve essere un altro freno allo sviluppo di un territorio”.
Un tentativo di mediazione, oltre che da Robaldo, arriva dal consigliere regionale di FdI Claudio Sacchetto che ricorda come la giunta abbia allo studio un disegno di legge: “Se è vero che la cittadinanza può lamentarsi dell’impatto visivo negativo del fotovoltaico, dall’altro lato abbiamo gli obiettivi normativi dell’Ue da rispettare e l’obiettivo contingente di permettere alle imprese di migliorare le performance”.
Alla fine passa la mozione del Consiglio provinciale, illustrata dal consigliere Vincenzo Pellegrino, con cui si chiede alla Regione Piemonte di tenere conto della tutela dei territori vocati all’agricoltura e del perseguimento dell’obiettivo europeo di conservazione del suolo, prevedendo una soglia massima per l’occupazione del suolo nelle aree già degradate e anche una quota massima per le province “calcolata rispetto al target complessivo assegnato alla regione”. Voto unanime in assemblea, ma l’unanimità è solo lì.