CUNEO - Giovani e scuola: la situazione non è incoraggiante. Ma Cuneo non va così male

In Italia solo il 52% degli studenti ha raggiunto l’anno scorso un livello di competenze “almeno adeguato” in italiano. Un dato grave che peggiora se si analizzano le differenze sul territorio nazionale

Micol Maccario 10/06/2023 13:41

Gli studenti che hanno terminato la quinta superiore stanno facendo il conto alla rovescia: il 21 giugno alle 8,30 li aspetta la prima prova dell’esame di maturità. Seguiranno poi la seconda prova, in alcuni casi specifici la terza, il tanto atteso colloquio e, infine, la meritata libertà. A livello nazionale, secondo i dati della fondazione Openpolis, sono 536mila i candidati alla maturità 2023. In Piemonte saranno 31.618, di cui 17.670 a Torino, 4.744 a Cuneo, 2.939 ad Alessandria, 2.517 a Novara, 1.326 ad Asti, 1.304 a Verbano-Cusio-Ossola e 1.118 a Biella.
 
Gli studenti italiani che arrivano al diploma di scuola secondaria con un bagaglio di conoscenze “almeno adeguate” si è abbassato notevolmente nel tempo, probabilmente anche a causa della crisi pandemica. Nel 2019 il 64% degli italiani aveva raggiunto un livello di competenza almeno adeguato in italiano. Oggi quel numero è sceso al 52%. Un dato non proprio rassicurante.    
 
Per valutare la validità della preparazione è possibile analizzare i dati delle prove invalsi dello scorso anno scolastico. La caratteristica principale continua ad essere una forte disuguaglianza in termini di apprendimento. Questa differenza emerge in molteplici settori: territorio di residenza, famiglia, cittadinanza, tipo di scuola, genere.           
 
Analizzando le valutazioni della prova di italiano a livello nazionale è evidente il riproporsi di una grave difficoltà, in particolare nella comprensione del testo. Continuano a verificarsi differenze importanti sul territorio italiano. La media nazionale di risultati inadeguati nella prova invalsi dello scorso anno è del 48%. Ma in Calabria e Campania questo dato tocca il 65%, in Sicilia il 60%. Significa che molti ragazzi si trovano con un livello di italiano di gran lunga al di sotto della media nazionale: uno studente su tre rientra nel livello più basso di apprendimento della lingua madre (che nell’indagine corrisponde al livello 1, che equivale a un “risultato molto debole, corrispondente ai traguardi di apprendimento in uscita al massimo dalla II secondaria di secondo grado”). 
 
In quattordici capoluoghi un terzo degli studenti di quinta superiore rientra nel livello 1. Si tratta di Enna, Crotone, Agrigento, Brindisi, Caserta, Napoli, Cosenza, Sassari, Messina, Catanzaro, Vibo Valentia, Palermo, Catania e Oristano. Cuneo non fa parte di questa lista, anzi, si aggiudica un record positivo: è la città che, a livello nazionale, ha meno ragazzi che si fermano al livello 1 (5,7%). A Cuneo seguono Belluno (6,5%) e Lecco (7,4%).
 
Ma analizziamo la situazione dei Cuneese più nello specifico, tenendo conto che i dati prendono in considerazione solo i comuni che hanno almeno due plessi o due istituti superiori. Suddividendo il punteggio raggiunto nella prova di italiano in cinque fasce (da 1 a 5, dove 1 è il livello più basso), la scuola in cui ci sono meno ragazzi che rientrano nella fascia più bassa è Fossano (4,47%), seguita da Cuneo, Ceva e Saluzzo. All’ultimo posto si trova Verzuolo, con il 38,96%. Per quanto riguarda, invece, la fascia più alta (livello 5), il 2,6% degli studenti di Verzuolo rientra in questo range, Cuneo ottiene il 12,36% e Saluzzo il 13,49%.
 
Ulteriori dati di influenza           
Molti sono gli altri fattori che incidono sul livello di apprendimento scolastico di studenti e studentesse. Il nucleo familiare condiziona pesantemente il percorso dell’alunno fin dalla scelta della scuola: spesso coloro che provengono da una classe sociale elevata sceglieranno di fare un liceo e, al contrario, chi appartiene a una classe sociale meno elevata è più probabile che scelga un istituto tecnico o professionale. Questo divario si riflette nei punteggi ottenuti alle prove invalsi.      
“Gli studenti con alle spalle una famiglia di status socioeconomico-culturale alto raggiungono un punteggio medio di 202,6 in italiano. La quota scende a 191,3 tra quelli di famiglie di condizione medio-alta e a 185 in quelle medio-basse. Tra gli studenti con le famiglie più svantaggiate crolla a 171: oltre 30 punti in meno dei coetanei avvantaggiati”, si legge sul sito di Openpolis. Un discorso analogo si può fare tenendo in considerazione il genere: nei licei le ragazze hanno ottenuto un punteggio medio di 210, più di 60 punti rispetto ai ragazzi frequentanti un istituto professionale.       
 
Questi dati non sono certamente incoraggianti, soprattutto considerando che la comprensione del testo è uno degli obiettivi minimi fin dai primi anni di scuola e che si tratta di una competenza cruciale nella vita di tutti i giorni. Sicuramente una parte di colpa è da ricercare negli studenti, ma non tutta. In un sistema scolastico ancorato a dettami ormai obsoleti, con programmi che non si innovano e che spesso favoriscono le conoscenze (talvolta mnemoniche) rispetto alle competenze, non è semplice trovare gli stimoli giusti per leggere, appassionarsi a un tema o una materia. Fino a quando guarderemo i dati e denunceremo la pessima condizione in cui ci troviamo ma non investiremo sull’istruzione e sui giovani, la situazione rimarrà invariata. E le lamentele serviranno davvero a poco.          
 

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