CUNEO - Giustizia, nuovo stop alle udienze penali e civili fino all’11 maggio

Il Consiglio dei ministri ha approvato una proroga dalla quale restano esclusi, come in precedenza, solo i procedimenti urgenti

a.c. 07/04/2020 09:56

 
Salvo nuovi sviluppi l’Italia dovrebbe cominciare a ‘ripartire’ dal 13 aprile, ma sappiamo già da ora che la normale attività della giustizia non riprenderà prima del prossimo 11 maggio.
 
La decisione era nell’aria da giorni ed è stata ufficializzata poche ore fa dal Consiglio dei ministri, su proposta del guardasigilli Alfonso Bonafede. Il termine originario per la ripresa delle udienze civili e penali, previsto in origine al 22 marzo e poi prorogato al 15 aprile con l’entrata in vigore del decreto ‘Cura Italia’, viene quindi posticipato di quasi un mese.
 
Fino ad allora sono rinviati (a prescrizione sospesa) tutti i procedimenti salvo quelli urgenti, già individuati in precedenza. Si tratta in particolare delle udienze penali che riguardino convalide di arresti o fermi, procedimenti in cui sia imminente la scadenza dei termini di custodia cautelare, misure di sicurezza detentive e procedimenti con carattere di urgenza dove sia necessario assumere prove indifferibili. Nei soli casi in cui detenuti, imputati, proposti o loro difensori lo richiedano espressamente, verranno celebrate anche udienze a carico di persone detenute, minorenni o destinatarie di misure cautelari o di sicurezza.
 
Anche per le udienze civili sono in vigore una serie di eccezioni riguardanti dichiarazioni di adottabilità, minori stranieri non accompagnati, minori allontanati dalla famiglia o in grave pregiudizio; cause relative ad alimenti o obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia; procedimenti cautelari riguardo alla tutela dei diritti fondamentali della persona; provvedimenti di tutela, amministrazione di sostegno, interdizione o inabilitazione se indifferibili; procedimenti relativi ad abusi familiari; interruzioni di gravidanza; procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di Paesi terzi e dell’Unione europea e in generale tutti i procedimenti “la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”. In questi casi, però, la dichiarazione di urgenza è demandata al capo dell’ufficio giudiziario o a un suo delegato con decreto non impugnabile o, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio egualmente non impugnabile.

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