CUNEO - Gli industriali cuneesi si scagliano contro la retribuzione minima oraria

Secondo il presidente di Confindustria Cuneo il salario non può essere trattato come una variabile indipendente: 'Meglio proseguire nella riforma della contrattazione collettiva'

Redazione 27/06/2019 19:03

A livello nazionale si dibatte sul disegno di legge per istituire una retribuzione minima oraria, svincolata dai contratti collettivi nazionali. Nella recente audizione in Commissione Lavoro alla Camera, Confindustria ha ribadito le ragioni della contrarietà sostenendo che il perimetro delle garanzie e delle tutele offerte al lavoratore dei contratti nazionali è ben più esteso del mero trattamento economico minimo. Secondo gli industriali il salario non può essere trattato come una variabile indipendente e fissato a valori arbitrari. Le perplessità maggiori dell'Unione sono sul posizionamento dell'Italia rispetto ai Paesi che dominano lo scenario internazionale.

“Per fare un raffronto - evidenzia il presidente di Confindustria Cuneo, Mauro Gola - è utile riferirsi agli ultimi dati dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) -. Tenendo conto dei livelli del costo della vita e dei tassi di cambio, fissare il salario minimo legale a 9 euro - come indica il disegno di legge - posizionerebbe il nostro Paese al primo posto tra i Paesi Ocse, inoltre, l’Italia avrebbe il salario minimo più disallineato rispetto al salario mediano”.

Le stime degli effetti sul maggior costo del lavoro sarebbero comprese tra 4,3 miliardi (secondo l’lstat) e 6,7 miliardi (secondo l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche).

“Non siamo pertanto favorevoli – conclude il presidente di Confindustria Cuneo - alla fissazione per legge di un valore della retribuzione oraria. Prendere a riferimento il sistema della contrattazione collettiva espressione delle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale è la scelta da preferire nel primario interesse di chi lavora. Per far ciò, è necessario proseguire nel progetto di riforma della contrattazione collettiva, definito nel 2018, con la misura della rappresentanza sia datoriale che sindacale e la definizione di un CCNL di riferimento per ogni settore produttivo”.

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