CUNEO - I costi dell’epidemia: in provincia di Cuneo ‘bruciati’ 492 milioni al mese tra industria e servizi

Uno studio dell’Ires stima che nella Granda il blocco abbia fatto perdere per ciascun dipendente, in media, 393 euro nel comparto industriale e 445 euro nel terziario

Andrea Cascioli 04/06/2020 14:10

 
Oltre al costo più tragico, quello delle vite umane perdute, ci sono altri conti che la pandemia globale di Covid-19 sta presentando ai territori che ne hanno subito gli effetti con maggior durezza. Il Piemonte è tra questi e ora una ricerca dell’Ires, pubblicata sull’ultimo numero della rivista dell’istituto Politiche Piemonte, prova a valutare l’impatto che la serrata imposta dal coronavirus ha avuto sull’economia.
 
Incrociando le stime fornite dallo Svimez e i dati comunali dell’Istat su imprese, addetti e risultati economici nei settori attivi e sospesi, gli autori dello studio hanno ‘contabilizzato’ le perdite tenendo conto sia degli effetti di rallentamento sui servizi che hanno continuato a essere domandati dai settori chiusi (energia e trasporti), sia della continuità produttiva di alcuni settori che - pur essendo interessati dalla serrata - hanno in parte proseguito la loro attività grazie allo smart working.
 
In Piemonte la quota di valore aggiunto interessata dal blocco viene stimata nel 37,9% sul totale dell’economia: siamo oltre un punto percentuale sopra alla media nazionale, ma anche uno al di sotto della media del Nord. In valore assoluto sono stati ‘bruciati’ circa 3,8 miliardi di euro per ogni mese di serrata, pari al 13,5% dei 28 miliardi complessivi di tutte le regioni del Nord e all’8% del dato italiano (47,6 miliardi). Anche sulla base dei valori pro capite il Piemonte si colloca in una posizione intermedia tra le medie delle regioni del Nord e la media nazionale: 874 euro contro gli oltre 1000 del Nord e i 788 della media italiana. Più omogeneo il dato espresso in percentuale del valore aggiunto sul totale economia, intorno al 3%. 
 
Le chiusure hanno interessato in regione più l’industria che i servizi. Nel mondo industriale hanno abbassato le serrande il 65% delle unità locali, con il 63,5% degli addetti del comparto. La quota di servizi sospesi, sia in termini di unità locali che di addetti, non ha raggiunto in media il 50% nelle varie province. Le prime tre province per maggiore incidenza di attività industriali sospese sono, nell’ordine, Biella (68,5%), Verbano Cusio Ossola (67,7%) e Novara (67,6%), mentre nei servizi il Verbano Cusio Ossola con il 48,3% di imprese costrette a sospendere il lavoro precede di poco Biella e Cuneo, entrambe al 48,1%. Nella Granda hanno chiuso inoltre il 61,8% delle aziende nel settore industriale con il 55,4% degli occupati.
 
I 3,8 miliardi di euro di valore aggiunto persi per ciascun mese di fermo provengono per il 56% (2,1 miliardi) dai servizi e per il rimanente 44% dall’industria (1,6 miliardi). È Torino la provincia che contribuisce maggiormente alla perdita complessiva di valore aggiunto su scala regionale sia in termini assoluti (circa due miliardi di euro per mese di blocco) che in termini pro capite (923 euro). Subito dopo viene Cuneo con un totale di 491,9 milioni di euro persi, suddivisi tra i 230,4 dell’industria e i 261,5 dei servizi. In valori pro capite, si può quindi stimare che nel comparto industriale siano andati persi 393 euro per ciascun dipendente, una media che sale a 445 euro per addetto nel mondo dei servizi.
 
La diversa composizione settoriale delle economie provinciali determina comunque uno squilibrio piuttosto evidente. In termini percentuali, la Granda ha arretrato meno di tutte le altre realtà piemontesi nell’ambito industriale pur perdendo il 51,5% del valore aggiunto complessivo: il triste primato in questo campo spetta alla provincia di Biella dove il dato arriva addirittura al 70,6%, mentre la media regionale si attesta al 60,9%. Anche nell’ambito dei servizi (dove i dati sono molto più omogenei) il tessuto produttivo cuneese ha offerto miglior prova rispetto alle altre province - a parte Torino e Vercelli: qui le perdite stimate sul valore aggiunto arrivano al 33,9%, contro una media regionale del 34,3%.

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