CUNEO - ‘Il caffè a un euro e venti? L’aumento andava fatto, meglio adesso che fra tre mesi’

Marco Basso, contitolare del bar Corso e referente Fipe Confcommercio, difende le ragioni dei gestori: ‘Il Covid non è un pretesto, abbiamo tutti gli stessi problemi’

Andrea Cascioli 28/05/2020 14:18

 
Pronti, via. Ha suscitato un’infinità di polemiche - anche tra i lettori del nostro giornale, come testimoniato dall’articolo uscito una settimana fa - il rincaro di dieci centesimi sul prezzo della tazzina di caffè, avallato da Confcommercio e adottato dalla maggior parte dei bar cuneesi (ma non da tutti).
 
Una scelta che i gestori dei locali giustificano con ragioni in larga parte indipendenti dai costi aggiuntivi che pure le norme anti-Covid portano con sé: si ricorda innanzitutto che i prezzi al cliente erano fermi da anni (l’ultimo ‘ritocco’ risale al 2014, quello ancora precedente a quasi vent’anni fa) mentre quelli della materia prima e della manodopera sono rimasti agganciati al mercato. Ma c’è chi contesta, più della decisione, la tempistica poco felice: era davvero questo il miglior modo di inaugurare la ‘fase 2’?
 
“È vero, si sarebbe potuto decidere prima. Ma farlo magari tra altri tre mesi sarebbe stato peggio, una presa in giro per i clienti” risponde Marco Basso, contitolare del bar Corso di Cuneo e referente di Fipe Confcommercio, l’associazione di categoria che riunisce gli esercizi pubblici. Sulla necessità dell’adeguamento, in ogni caso, nessun dubbio: “Il costo del caffè non è legato solo alla materia prima ma anche al servizio e all’accoglienza. Bisognava ritoccare il prezzo e il Covid non è stato un pretesto. Dopodiché, com’è giusto, ogni scelta in merito spetta al singolo locale”.
 
Quel che questi due mesi di forzata ‘pausa di riflessione’ hanno comunque cambiato in meglio, spiega Basso, è la comunicazione: “Per noi gestori di bar e ristoranti è stata l’occasione per cominciare a parlarsi, grazie alle chat. Abbiamo capito di avere problematiche comuni”. Ora resta il dubbio che più spaventa i potenziali clienti, cioè che il rincaro della tazzina sia solo il preludio ad ulteriori aumenti dei prezzi. Per avere una risposta certa, ammette il portavoce degli esercenti, bisognerà aspettare i prossimi sviluppi normativi. La situazione infatti è tuttora in divenire dal punto di vista legislativo: “Certo, è possibile che diminuire i coperti farà aumentare i costi del servizio e dei prodotti al tavolo, ma è presto per dirlo”.
 
Ciò che si può già affermare è che le abitudini dei clienti sono già cambiate: complici la chiusura delle scuole, lo smart working in molti uffici e l’apertura ‘a mezzo servizio’ delle banche, i pranzi sono più che mai in declino. Ne soffrono soprattutto pizzerie e ristoranti, ma in compenso il servizio da asporto viaggia a gonfie vele. Quanto ai comportamenti individuali, osserva Basso, i clienti sembrano divisi in due categorie: “C’è chi è rispettoso fino al punto di sembrare addirittura timoroso, e chi fa un po’ lo sbruffone costringendoci a richiami sull’uso della mascherina”.

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