CUNEO - Il nuovo contratto Trenitalia-Regione danneggia i pendolari: "Inascoltati"

Le associazioni hanno fatto ricorso al TAR dopo l’accordo: “È peggiorativo rispetto al precedente”. Aumentano i costi ma diminuiscono i servizi: chi ci perde sono i consumatori

Micol Maccario 19/11/2022 07:55

La Regione Piemonte e Trenitalia hanno firmato nei giorni scorsi il nuovo contratto decennale che regola il servizio ferroviario piemontese. Il contratto vale 1 miliardo e 320 milioni, 250 milioni in più rispetto a prima e, a detta dell’assessore regionale ai Trasporti Marco Gabusi, “ci sarà un servizio migliore per tutti”. Ma non secondo le associazioni e i comitati di pendolari.
 
Federconsumatori, Adiconsum, Movimento Consumatori Piemonte, Tutela Attiva, U.di.con, Codacons, e Adoc hanno fatto ricorso al TAR chiedendo l’annullamento del contratto e la riapertura delle trattative. I motivi sono molteplici. “Il contratto è peggiorativo rispetto a quello precedente e in particolare rispetto a quello del Servizio Ferroviario Metropolitano” ci spiega Marco Gagliardi, segretario provinciale del Movimento Consumatori Piemonte. A livello regionale esistono due contratti: quello appena stipulato e quello del SFM che riguarda la città metropolitana di Torino. “Quello del SFM è particolarmente innovativo e molto all’avanguardia, l’altro è come se regolasse un trasporto di serie B” continua Gagliardi. Il contratto, secondo le associazioni, non rispetta gli standard di qualità previsti dalle delibere dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, specifica il segretario provinciale.
 
Guardando in particolare alla situazione di Cuneo, le principali conseguenze “sono il mancato ripristino delle corse delle 4.21 da Cuneo e delle 23.25 da Torino, essenziali per molti pendolari cuneesi, e il servizio ridotto nel fine settimana sulla tratta Fossano-Cuneo-Limone e viceversa”, sostiene Claudio Menegon, referente del Gruppo Pendolari Cuneo-Torino.
 
“Un aspetto particolarmente critico - spiega Gagliardi - è quello delle penali, perché in caso di inadempimento, cioè di mancato raggiungimento degli obiettivi che ci sono annualmente (riguardanti, ad esempio, i ritardi o la qualità), le penali sono bassissime; quindi, non costituiscono neanche un deterrente a carico di Trenitalia dato che corrispondono a un importo irrisorio”. “Il vettore potrebbe non essere così incentivato a mantenere un servizio con criteri di puntualità elevati e limitando il più possibile le soppressioni” aggiunge Menegon. Le sanzioni risulterebbero essere più basse di quelle previste in Friuli, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Calabria, Campania e Sicilia.
 
Inoltre, non si prevedono criteri di aggiornamento delle tariffe in relazione all’aumento o alla diminuzione della qualità. Al contrario, sono previsti incrementi delle tariffe anche consistenti, corrispondenti a una media del 3% ogni anno. Claudio Menegon afferma che da gennaio ci sono stati almeno due aumenti delle tariffe, “l’ultimo del 5%, e probabilmente ce ne saranno altri nei prossimi anni, La scelta della Regione è stata giustificata dicendo che corrisponde all’aumento Istat”.
 
In una lettera scritta dalle associazioni di pendolari e trasporti piemontesi si evidenzia che gli scarsi nuovi servizi attivati sono stati finanziati in gran parte per mezzo del taglio delle corse del weekend, ad esempio il treno diretto Biella-Torino è stato finanziato per il 60% dal taglio del 50% dei servizi del sabato e dei giorni festivi.
 
Il referente del gruppo Pendolari Cuneo-Torino specifica che il contratto “prevede il mantenimento del servizio attuale, che è ancora all’80/85% rispetto al servizio previsto in epoca pre-Covid, quindi a fine 2019. Risultato: il contratto prevede che la Regione paghi un servizio più caro, ma ridotto rispetto a quello del 2019”. L’offerta risulta essere dimezzata su alcune linee nel fine settimana, come la Cuneo-Limone Piemonte o il nodo di Casale e Biella, in altre situazioni è stata completamente azzerata, come nel caso di Asti-Acqui, scrivono nella lettera le associazioni. L’offerta, dunque, non risulta essere consona alle attuali esigenze degli utenti. Un aumento dei prezzi e una diminuzione dei servizi non comporterà sicuramente, secondo le associazioni, un incremento dell’utenza, anzi, il rischio concreto è un calo dei passeggeri.
 
Il problema parte dalla base, perché prima della stipula del contratto non sono state contattate le associazioni dei consumatori, diversamente da quanto annunciato in precedenza. “Non siamo stati convocati - afferma Marco Gagliardi - e questo rappresenta un grave punto debole perché il contratto non contiene quindi il contributo di chi quotidianamente utilizza il servizio, di chi lo conosce in modo approfondito”. “Alla Regione noi chiediamo di equilibrare i due contratti”, continua.
 
L’obiettivo, spiega Menegon, è quello di riportare il servizio di nuovo al 100% “mantenendo anche un certo livello qualitativo”. “Avevamo segnalato in vari comunicati e incontri con gli enti e organi competenti che un contratto con tale servizio ridotto era da considerare inaccettabile, ma evidentemente non siamo stati presi troppo sul serio. Ora si vedono le conseguenze” aggiunge.
 
Per le associazioni che hanno fatto ricorso al TAR il contratto attuale non fornisce una risposta adeguata alle esigenze di mobilità dei fruitori. Ma non solo: non condurrà verso la tanto auspicata mobilità sostenibile, non fornendo un contributo nella lotta al cambiamento climatico, né tantomeno sarà un incentivo per la valorizzazione in senso turistico dei territori piemontesi.
 
Articolo pubblicato sul settimanale di Cuneodice.it in edicola giovedì 17 novembre.

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