CUNEO - In provincia di Cuneo il 45% dei ginecologi delle strutture pubbliche è obiettore di coscienza

I dati sono stati raccolti da Alessia Lubeè e Alice Depetro, attiviste dell'associazione Radicali. Il dato più alto quello del polo Mondovì-Ceva (88%)

Redazione 24/02/2022 08:13

Alessia Lubeè e Alice Depetro, rispettivamente presidente e membro di direzione dell'ssociazione Radicali Cuneo – Gianfranco Donadei, hanno richiesto un accesso agli atti all'ASL CN1, ASL CN2 e Az. Ospedaliera S. Croce e Carle per poter monitorare la situazione relativa alle interruzioni volontarie di gravidanza. I dati sono stati resi noti in un comunicato stampa. In provincia di Cuneo, secondo quanto raccolto dai Radicali, non ci sono strutture in cui il servizio è totalmente non garantito. Tuttavia, le percentuali di ginecologi obiettori sono alte. Il dato più alto è quello del polo Mondovì-Ceva, con l'88% di obiettori. “Quello che è l'ospedale di riferimento di una zona molto ampia - affermano le due attiviste - ha un solo ginecologo non obiettore, su otto in servizio”.
 
In Provincia i ginecologi in servizio presso strutture pubbliche sono 53, di questi 24 sono obiettori (il 45%). Osservando i singoli casi: Verduno ha il 53% di ginecologi obiettori, Savigliano, Saluzzo e Fossano il 25%, al Consultorio 33%, all'Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle 31%. Dati meno gravi rispetto, ad esempio, all'ospedale di Ciriè-Lanzo, con il 100% di obiettori.
 
Si discute ancora se l’aborto sia o meno omicidio – continuano Lubèe e Depetro - ma i dati scientifici parlano chiaro. Per le prime due settimane di gestazione l’embrione non è un individuo: è formato da un insieme di cellule che possono staccarsi creando altri embrioni. Fino al secondo trimestre, non presenta attività elettrica nella corteccia cerebrale; non può cioè pensare, sentire dolore, avere coscienza di sé e provare emozioni. A 90 giorni di gestazione, limite della legge italiana per l’aborto, l’embrione non avrà dunque sviluppato alcuna caratteristica per essere considerato una persona e non potrà soffrire per l’IVG. Chi può soffrire è però la madre. Uno studio dell’Università di Cambridge, dimostra che le gestanti che non possono abortire incorrono in media in rischi alla salute maggiori di quelli legati alla pratica dell’aborto; sono inoltre più inclini a sviluppare forme depressive rispetto alle donne non costrette alla gravidanza. Anche per questo è fondamentale che nelle strutture pubbliche, così come la legge 194/1978 impone, sia sempre garantito il servizio e che la donna abbia la possibilità di rapportarsi con medici che diano loro informazioni scientificamente corrette. Un numero troppo elevato di obiettori, informazioni false, violenze psicofisiche di alcune associazioni appoggiate da politici retrogradi, sono cose del tutto inaccettabili”.

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