CUNEO - Incentivi per andare a vivere in montagna... a chi si trasferisce a Bernezzo

Il bando della Regione Piemonte per il ripopolamento delle terre alte sembra aver clamorosamente fallito il suo obiettivo: gran parte dei contributi per l’acquisto o il restauro di immobili sono finiti in pianura. Nell’elenco anche Roccavione e Chiusa

Samuele Mattio 14/05/2022 08:21

Era l’agosto scorso quando la Regione Piemonte annunciava un bando che avrebbe elargito incentivi a chi, residente in un centro urbano, fosse intenzionato a trasferirsi in montagna. Gli interessati erano chiamati a impegnarsi ad acquistare - o recuperare - un immobile in un comune montano del Piemonte con meno di 5 mila abitanti. Requisito necessario la disponibilità a spostare la propria residenza, ottenendo così per la prima casa un contributo regionale compreso tra i 10 mila e i 40 mila euro.
 
Il testo del comunicato stampa diffuso da Torino in estate aveva l’aria di uno spot promozionale, i cui toni erano questi: “Voglia di ritmi più lenti e in armonia con la natura? Di luoghi incontaminati in cui respirare a pieni polmoni e far crescere i propri figli in libertà? Di un posto diverso dove continuare il proprio lavoro, sempre più connesso e smart, o in cui iniziare magari una nuova impresa?”. A chi, leggendo queste righe, non è venuta in mente la classica “scelta di vita”? Un bando a supporto delle persone intenzionate a mollare il frenetico tran tran cittadino, per trasferirsi in alta quota in mezzo al verde? Peraltro non abbiamo motivo di dubitare che l’intenzione della Regione fosse proprio questa, tant’è che l’altro giorno il vicepresidente e assessore alla Montagna Fabio Carosso - commentando l’approvazione della graduatoria definitiva del bando - ha sottolineato come i partecipanti avessero colto lo spirito dell’iniziativa (lo slogan della campagna era “la montagna del Piemonte ti offre una nuova vita”): “Per contrastare lo spopolamento delle vallate alpine e per agevolare le persone o le famiglie alla ricerca di una vita dai ritmi più lenti, a contatto con la natura, in cui magari iniziare una nuova attività o continuare il proprio lavoro in smart”.
 
Il problema è che, a leggere l’elenco dei Comuni scelti dai piemontesi l’obiettivo non sembra raggiunto neanche lontanamente. Il motivo? La maggior parte dei contributi erogati sono finiti in territori tutt’altro che “marginali”. Gli uffici della Direzione Ambiente, Energia e Territorio, settore “Sviluppo della montagna”, che hanno esaminato la documentazione, hanno giudicato ammissibili al finanziamento 302 domande per un totale di oltre 10 milioni di euro. Per il bando, la cui scadenza era fissata al 15 dicembre 2021, sono pervenute in totale 571 richieste. Tra quelle accolte, 79 sono relative a comuni della Granda (116 a Torino, 42 a Biella, 25 ad Alessandria, 21 nel Vco, 11 a Vercelli, 5 a Novara, 3 ad Asti). La maggior parte delle domande ammesse arrivano da cittadini del Piemonte (249), seguiti da Lombardia (38) e Liguria (10). Numeri che a prima vista sembrerebbero un successo. Peccato che scartabellando l’elenco ci si rende presto conto che di soldi per il ripopolamento della montagna ce ne sono ben pochi, almeno per quanto riguarda il Cuneese. Spiccano in particolare i due contributi - entrambi da 40 mila euro - destinati a famiglie che hanno deciso di andare a vivere nel comune di Bernezzo: a 575 metri sul livello del mare (altezza minima a 533 e massima a 1.360 metri) e a un quarto d’ora di auto da Cuneo. Senza contare che il bando non faceva distinzione sul territorio comunale, quindi le richieste sarebbero potute giungere anche dalla frazione San Rocco, a due passi dai capannoni della Merlo.
 
“Penso che, dopo due anni di pandemia, questa idea dell’aria fresca, dell’aria pulita, della possibilità per chi lo desidera di vivere a contatto con la natura, siano valori su cui investire per il nostro futuro e per quello delle nostre straordinarie montagne”, diceva il presidente della Regione Alberto Cirio meno di un anno fa. Qualcosa dev’essere andato storto. Lo si avverte anche riprendendo le recenti dichiarazioni di Carosso: “Conosco le nostre montagne: abbiamo comprensori sciistici di fama mondiale accanto a valli e borghi da riscoprire che pagano lo spopolamento”. Forse sotto questo aspetto sarebbe servito uno studio più mirato e una maggiore comprensione delle esigenze del territorio. Bernezzo è in trend positivo dal 1971 e nel corso degli ultimi anni c’è stata una grande crescita demografica: dai 3.057 abitanti registrati nel 2003, si è passati agli oltre 3.800 abitanti nel 2011. Nel 2014 ha superato quota 4mila, per arrivare a 4.175 nel 2020. Alla faccia dello spopolamento. A balzare all’occhio sono anche i quattro contributi, piuttosto sostanziosi, che sono finiti a Roccavione, a due passi da Borgo San Dalmazzo (e dalla Buzzi), i tre a Villar San Costanzo e i cinque a Chiusa di Pesio.
 
In tanti borghi alpini delle valli cuneesi, in compenso, il contributo apportato dal bando è risibile: una famiglia ad Aisone, una a Gaiola, Pontechianale, Montemale, Macra, Melle, Brossasco, Stroppo, Sampeyre, San Damiano Macra, Limone Piemonte, Prazzo, Demonte, Bellino e Marmora. Insomma, poca roba per uno stanziamento di oltre 10 milioni di euro. Molto ci sarebbe da dire pure sul presenza di svariati comuni dell’Alta Langa e del Monregalese - dove spicca un finanziamento erogato su Vicoforte -, ma concludiamo piuttosto con qualche considerazione.
 
L’idea di partenza era certamente meritoria. Per beneficiare dei contributi occorreva essere titolari del diritto di proprietà, oppure impegnarsi ad acquisire un diritto di proprietà, su un’unità immobiliare ad uso residen- ziale censita catastalmente nel territorio dei 465 Comuni interessati. Inoltre bisognava garantire di trasferirvi la propria residenza e dimora abituale per almeno dieci anni. In caso di contributo relativo all’acquisto, l’atto di compravendita dovrà essere stipulato entro 6 mesi dalla data di approvazione della graduatoria, mentre i lavori di recupero del patrimonio esistente dovranno essere ultimati entro 18 mesi. La rendicontazione dovrà essere trasmessa, invece, entro 3 mesi dalla conclusione dei lavori di recupero, ovvero dalla stipula dell’atto di compravendita. Potevano presentare la domanda i nati a partire dal 1955 ma, per incentivare la partecipazione giovanile, ai nati dopo il 1980 è stato attribuito un punteggio più alto.
 
Tant’è che a livello regionale la maggior parte dei richiedenti ammessi è nella fascia di età tra la classe 1980 e 1989 (164), seguita da quella tra il 1990 ed il 1999 (75). Un punteggio premiante era previsto anche per gli interventi effettuati in un comune “ad alta marginalità”, per un’attività lavorativa esercitata in un paese montano oppure in smart working almeno al 50% nell’abitazione individuata. Il finanziamento agevolava i soggetti con un Isee uguale o inferiore a 20 mila euro, o con almeno un figlio di età uguale o inferiore a 10 anni che avesse residenza e dimora abituale nell’immobile acquistato. Punti in più anche per i recuperi realizzati con materiali tipici del paesaggio alpino piemontese, ma anche se i lavori venivano assegnati a imprese con sede legale in un comune montano piemontese.
 
Tutto bene, almeno in teoria. Il risultato non è stato all’altezza delle aspettative, ma a rileggere il testo del bando ciò che è accaduto era largamente prevedibile. Nonostante questo, nei comunicati e sui social gli esponenti della giunta regionale continuano a salutare il ripopolamento con toni trionfalistici. In un post su Facebook Cirio ha parlato addirittura di “vette alpine con tanti abitanti in più”, ma la verità è che per il momento la rivitalizzazione delle terre alte rimane al palo.

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