RITTANA - 'La Fondazione Nuto Revelli vuole far rivivere Paraloup? Con noi è già così'

Il contratto per la gestione del rifugio non sarà rinnovato: a ottobre la borgata simbolo della Resistenza tornerà interamente in mano alla Onlus (che cerca collaboratori), ma i ragazzi che hanno lanciato e valorizzato la struttura non ci stanno

Andrea Dalmasso 22/07/2020 16:35

C’è maretta in valle Stura. A partire dal mese di ottobre l'Impresa Sociale Paraloup - facente capo alla Fondazione Nuto Revelli - riprenderà in mano la gestione diretta dell'omonima borgata nel vallone di Rittana. Per questo motivo è stata lanciata una “call internazionale” per selezionare due collaboratori (un coordinatore del comparto ricettivo e un cuoco). Stamattina, durante una conferenza stampa che si è svolta nella sede della Fondazione in corso Brunet a Cuneo, sono stati illustrati i dettagli dei progetti di sviluppo per la borgata che tra il 1943 e il 1944 vide nascere la prima banda partigiana “Giustizia e Libertà”.
 
A partire dal 2006 la Fondazione “ha acquistato le baite abbandonate di Paraloup con il proprio fondo di dotazione per farne luogo di una doppia memoria - si legge sul sito internet -: quella della guerra partigiana e quella della vita contadina, un luogo che fosse testimone fisico di una memoria storica non ossificata”. A dare grande spinta al rilancio della borgata è stata, negli ultimi anni, anche l’apertura dell’omonimo rifugio gestito da alcuni giovani cuneesi, che da ottobre sarà ripreso dalla Fondazione stessa.
 
Intendiamo rilanciare ulteriormente Paraloup, - ha detto il presidente Marco Revelli, figlio di Nuto, durante la conferenza stampa - sulla base di come in questi anni la borgata è cresciuta. Quando abbiamo avviato il recupero avevamo in mente un progetto sostanzialmente culturale: volevamo farne un luogo di memoria storica, là dov’è nata la prima formazione partigiana italiana. Ora si aggiunge un progetto più ambizioso: non solo turismo, ma l’obiettivo di far tornare ad abitare a Paraloup persone, famiglie, gruppi. Non certo con la densità demografica di un tempo, ma in modo che non siano luoghi deserti. Chi ha gestito il rifugio negli ultimi anni ha lavorato in modo eccellente, i flussi sono cresciuti. Ora vogliamo aggiungere altre possibilità a quel che Paraloup ha offerto finora. Per questo abbiamo lanciato questa ‘call’, per promuovere ulteriormente lo sviluppo della borgata”.
 
Chi viene a Paraloup va via diverso, dobbiamo giocare sul ’Genius loci’ per farla crescere ancora”, ha proseguito Beatrice Verri, direttrice della Fondazione Nuto Revelli.
 
L’obiettivo, ha spiegato ancora il presidente della Fondazione, è ampliare l’offerta di attrazioni e attività produttive: “Ci piacerebbe per esempio che a Paraloup si stabilissero famiglie di pastori, o che si aprisse un caseificio”. "La call è internazionale ma - sostiene Revelli - ci sarà un occhio di riguardo per l’occupazione locale, per persone reclutate sul territorio”.
 
Le opinioni illustrate stamane in conferenza non hanno però convinto tutti. Da sei anni, come detto in apertura, il rifugio era gestito da alcuni giovani cuneesi, che ora dovranno concludere loro malgrado l’esperienza a Paraloup. Una scelta, quella della Fondazione Nuto Revelli, che ha deluso profondamente i ragazzi, molto legati alla borgata che negli anni hanno attivamente contribuito a far rinascere. A ricostruire gli ultimi mesi è Luca Galfrè, ventottenne di Borgo San Dalmazzo, uno dei due soci: “Il contratto per la gestione del rifugio scadeva il 2 giugno, è stato prorogato per quattro mesi anche a causa dell’emergenza sanitaria. A gennaio la Fondazione ci ha convocati per una riunione per discutere l’eventuale rinnovo con la possibilità di ritocco dell’affitto, già a febbraio, però, ci ha poi comunicato che l’accordo non sarebbe stato rinnovato”. Sono le motivazioni dell’interruzione del rapporto a lasciare perplessi coloro che tra poco più di due mesi diventeranno gli ex gestori del rifugio: “Secondo loro la parte culturale della borgata è venuta meno, ma sinceramente mi fa rabbia quando sento dire che noi abbiamo gestito un ‘semplice rifugio’. Di semplice in un’attività come questa non c’è nulla: siamo due soci, più altri 6 collaboratori, in tutto 8 persone, accogliamo 37 mila persone all’anno, la domenica in estate arriviamo a 200 coperti. Non voglio peccare di superbia, ma nessuno in valle può vantare questi numeri. Onestamente resto perplesso quando vedo che si vorrebbe affidare tutto questo a sole due persone. E ancora, dicono che vogliono rafforzare i legami con la valle: già oggi l’80% dei prodotti che serviamo viene da aziende della valle Stura”.
 
E’ giusto non rinnovare un contratto quando un’attività non funziona, - prosegue Galfrè - ma non è questo il caso. Le motivazioni espresse dalla Fondazione mi sembrano sinceramente assurde e molto deboli. Sembra quasi che abbiamo iniziato a dar loro fastidio. Ci hanno accusato di ‘scarsa collaborazione’. E’ capitato in occasione di alcuni eventi organizzati da loro che io mettessi in evidenza alcune possibili criticità legate a un territorio particolare come quello della montagna, ma ho sempre messo il massimo impegno per la riuscita delle iniziative della Fondazione: Paraloup era casa mia, era nel mio interesse che tutto andasse per il meglio”.
 
Uno degli obiettivi dichiarati della Fondazione è “far rivivere la montagna”: “Qui a Paraloup la montagna rivive davvero - conclude Galfrè - perché stravolgere le cose ripartendo da zero? Perché escludere le persone che amano e conoscono a fondo questo territorio?”.

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