CUNEO - La Granda è la seconda peggiore provincia del nord Italia per numero di posti negli asili nido

Solo la provincia di Imperia presenta dati peggiori. In 182 Comuni del Cuneese il servizio non è presente, nemmeno in forma privata. La situazione migliorerà grazie al PNRR?

Micol Maccario 24/10/2023 08:33

Entro il 2030 l’Italia dovrà garantire servizi per l’infanzia ad almeno il 45% dei bambini sotto i tre anni e ad almeno il 96% dei bambini tra i tre anni e l’inizio della scuola dell’obbligo (sei anni). È l’obiettivo stabilito dal consiglio europeo a Barcellona nel 2002 e poi aggiornato in seguito alla pandemia da Covid-19. Ma la penisola è ben lontana dal raggiungere questo traguardo, esistono infatti profonde differenze territoriali sia tra regioni del nord e del sud, ma anche tra capoluoghi e zone interne. 
 
La media piemontese è di 30,1 posti ogni 100 bambini, ma il dato del Cuneese si trova ben al di sotto con un’offerta pari al 22,2%. A differenza delle aspettative, la provincia di Cuneo si classifica non solo come la peggiore del Piemonte, ma tra le peggiori del nord Italia, seconda solo a Imperia. Più di venti punti percentuali la separano dalla provincia piemontese migliore, Biella (46,2%). Il problema della regione è che l’offerta è distribuita in modo molto disomogeneo, per questo ci sono profonde differenze tra le province, ma anche all’interno di una stessa zona se si considerano i divari tra i capoluoghi e le zone interne.   
 
I dati Istat più recenti suddivisi per Comune sono aggiornati al 2021 ed evidenziano che il servizio degli asili nido in molte zone del Cuneese non è presente. Secondo la fondazione indipendente Openpolis, “parliamo di quasi il 75% dei comuni, ovvero 182 su 247 totali. L’offerta di servizi per la prima infanzia appare concentrata nei restanti 65 territori, collocati soprattutto nella parte centrale della provincia. Di questi, 24 superano anche quota 33%” (la percentuale indica i posti per 100 residenti che hanno un’età compresa tra zero e due anni). 
 
Le città più grandi della Granda, come Alba, Bra, Mondovì e Savigliano superano il 28% con picchi del 41% e 44% a Bra e Alba. Cuneo tocca il 32,2%. Ci sono poi eccezioni, cioè comuni più piccoli che riescono a garantire un’ottima offerta sul territorio, come Garessio, Venasca, Rocca de’ Baldi, Farigliano, Priero, Lesegno e Vicoforte, che superano tutti il 50%. Ma, accanto a queste eccellenze, sono presenti comuni in cui il servizio non è erogato né in forma pubblica né in quella privata. Secondo i dati Istat, fanno parte di questo gruppo, tra i tanti, Pietraporzio, Vinadio, Entracque, Valdieri, Limone Piemonte, Roccavione, Moiola, Valloriate, Roccasparvera, Pradleves, Valgrana. 
 
È probabile che nella Granda la grave carenza dei nidi sia colmata, almeno in parte, dal ruolo svolto dai nonni. Ma se i nonni non ci sono o non possono (o vogliono) guardare i nipoti chi colma questo vuoto di servizi? E soprattutto, andando avanti nel tempo e aumentando l’età a cui si potrà andare in pensione, chi guarderà i bambini del domani? Non ci si può più aspettare che questo ruolo sia svolto dalle madri come è stato per secoli. Le donne rappresentano la metà della forza lavoro potenziale del Paese e garantire loro la possibilità di avere un impiego, oltre a essere giusto e auspicabile dal punto di vista etico e sociale, è anche un elemento che pesa positivamente sull’economia locale e, più in generale, di tutta l’Italia. 
 
Gli asili nido, oltre a svolgere un ruolo fondamentale e scientificamente dimostrato nel contrasto alla povertà educativa, sono uno strumento di emancipazione femminile. Ma se questi non ci sono o se si trovano molto lontano dalla residenza o dal luogo di lavoro, diventa difficile conciliare la vita lavorativa e quella familiare e quindi si è costretti a scegliere. Non è un caso che nei luoghi in cui l’offerta è più bassa la percentuale di donne che resta a casa a occuparsi del lavoro di cura al posto che andare al lavoro sia molto elevata. Inoltre, soprattutto considerando il problema della denatalità, offrire servizi di aiuto alle famiglie sarebbe uno dei tanti passi da compiere per cercare di arginare il problema.     
 
Un ruolo fondamentale per far fronte a questa grave lacuna presente in alcuni comuni del Cuneese dovrebbe essere svolto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Sul sito del Comune di Cuneo è presente una sezione dedicata alla spiegazione dei progetti che saranno finanziati nel territorio comunale (solo comunale, perché si tratta di progetti in capo ai comuni) con i soldi del fondo nei prossimi mesi e anni. Quelli dedicati ai nidi e micronidi fanno parte della missione 4 - Istruzione e ricerca. È presente un investimento di 1.370.000 euro (cui 844.800 euro dal Pnrr, 84.480 euro dal Fondo Opere Indifferibili 2023 e 440.720 euro dalle risorse dell’amministrazione) finalizzato alla costruzione di un micronido in frazione Madonna dell’Olmo con scadenza per la fine dei lavori fissata al 31 dicembre 2025 (e il collaudo a metà 2026). Sicuramente è un incentivo che va nella direzione giusta, ma per fare un bilancio consapevole - e capire se i progetti previsti dal Pnrr saranno davvero sufficienti per far fronte alla necessità di incremento dei posti per i bambini in età prescolare - bisognerà aspettare ancora qualche anno.

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