CUNEO - La normativa prevede un pediatra ogni 800 bambini: nella Granda ce n'è uno ogni 1.331

Cuneo è la sesta provincia peggiore a livello nazionale. La desertificazione sanitaria non risparmia i medici dei più piccoli

Micol Maccario 27/01/2023 08:18

La legge stabilisce che, in Italia, ogni pediatra possa seguire al massimo 800 bambini. Ma la situazione in Piemonte non va esattamente così. Il report “Bisogni di salute nelle aree interne, tra desertificazione sanitaria e PNRR” fotografa una realtà poco rassicurante, caratterizzata dalla carenza diffusa a livello nazionale di tutti gli operatori della sanità.
 
Secondo il rapporto redatto dalla onlus “Cittadinanza Attiva” sulla base dei dati del Ministero della Salute relativi al 2020, Asti è la capolista nella mancanza di pediatri di libera scelta. Con 1.813 bambini per pediatra guida una classifica tutt’altro che meritevole. La seguono Brescia (1.482), Novara (1.370), Vercelli (1.367) e Bolzano (1.364). La provincia di Cuneo si trova al sesto posto con una media di 1.331 bambini per pediatra. Si segnala un primato negativo per le province del Nord, in particolare per quelle del Piemonte con Asti, Novara, Vercelli, Cuneo, Torino (1.320) e Alessandria (1.236) tra le prime dieci a livello nazionale. Questi dati acquistano senso se paragonati alla media nazionale, che corrisponde a 1.061 minori per ogni pediatra, comunque al di sopra di quanto stabilisce la normativa. 
 
La situazione nelle altre province piemontesi non va tanto meglio. A Biella la media è di 1.152 bambini per pediatra, a Verbano Cusio-Ossola di 1.143. Nelle province piemontesi, quindi, c’è ovunque un esubero che va dai 300 ai 1000 pazienti per pediatra.
 
In Piemonte in tutto ci sono 397 pediatri di libera scelta, ma non sono distribuiti in modo equo in tutte le province. La maggior parte dei medici dell’infanzia, 209, si trova nella provincia di Torino. Il Cuneese registra 58 pediatri, 37 sono nell’Alessandrino, 34 in provincia di Novara, 16 in quella di Biella, 15 a Verbano Cusio-Ossola e 14 nelle zone di Asti e Vercelli. Le differenze derivano anche dal fatto che le province piemontesi non sono ugualmente popolate. A livello di popolazione la capolista è la provincia di Torino con circa 2.208.000 abitanti. Seguono Cuneo, Alessandria, Novara, Asti, Biella, Vercelli e Verbania. Ma secondo il report, anche tenendo conto delle differenze di abitanti, il Piemonte è una delle regioni in cui ci sono “squilibri più marcati” tra le province. 
 
Questa non è però una situazione recente, né tantomeno è previsto che si arresterà nel futuro prossimo se non si interverrà in modo decisivo. Nel Libro Bianco sull’assistenza pediatrica si evidenziava già nel 2019 la presenza di difficoltà “sempre più pressanti legate alla riduzione del numero annuale di nuovi specialisti pediatri formati in rapporto al fabbisogno, con conseguente mancato ricambio generazionale sia in ospedale che sul territorio”.
 
I numeri rendono chiara una situazione tutt’altro che rosea: “Nei prossimi cinque anni a fronte dei 5289 pediatri che andranno in pensione saranno solo 2900 i nuovi specialisti. Mancheranno all’appello ben 2389 pediatri, di cui poco più della metà alla pediatria di libera scelta e i restanti alla pediatria ospedaliera”. Questo fenomeno è definito dagli esperti “desertificazione sanitaria” e corrisponde alla difficoltà - presente in particolare nelle zone periferiche delle aree interne - ad accedere alle cure. La causa è da imputare in primo luogo alla scarsità del personale sanitario, ma anche ai lunghi tempi di attesa e alle ampie distanze dal luogo in cui si erogano le prestazioni sanitarie.
 
Nel libro bianco si evidenzia che questa tendenza è in atto da alcuni anni, le conseguenze sono state la ridistribuzione e riorganizzazione del personale nei reparti di pediatria e nei pronto soccorso. Inoltre, viene segnalata la tendenza alla migrazione dei pediatri ospedalieri e pediatri neo-specialisti verso le cure primarie soprattutto a causa dell’eccessivo carico di lavoro associato alla scarsa retribuzione, con una successiva sofferenza dell’assistenza ospedaliera. Non è raro, infatti, che il bambino oggi venga assistito in primo luogo dal medico dell’adulto. “Allo stesso tempo, la scarsa disponibilità di pediatri impedisce l’adeguamento delle prestazioni alla domanda dell’utenza, soprattutto in campo specialistico, con il conseguente riversarsi della gestione dei bambini su pediatri o medici specialisti di altre discipline o sui centri di terzo livello, già oberati da una mole di lavoro difficilmente smaltibile”, si legge nel libro bianco.
 
Il risultato è che “tra i medici del pronto soccorso e quelli sul territorio, nei prossimi anni ci saranno sempre meno medici per bambini in Italia”, riporta Ansa.
 
La desertificazione sanitaria
 
Nel report di Cittadinanza Attiva si sottolinea che i fondi del PNRR provvederanno a finanziare gli investimenti e “solo in piccola parte le spese gestionali relative al personale”. É evidente però che per far funzionare correttamente i servizi sanitari sarà necessario investire su nuovo personale, finanziandone i costi. Si legge che è necessario inoltre “potenziare la presenza dei pediatri di libera scelta nei comuni montani e svantaggiati e prevedere forme di premialità e incentivi economici”.
 
I problemi nella sanità non si limitano all’ambito pediatrico. Il dottor Francesco Risso, direttore del Dipartimento di Salute Mentale interaziendale dell’Asl Cn1 e dell’Azienda Ospedaliera “Santa Croce e Carle” di Cuneo, sostiene che la situazione nel reparto di Salute Mentale di Cuneo sia “agghiacciante” per la mancanza di “fondi, di specialisti e di operatori”. Il dottor Risso imputa la causa di questa situazione ai numeri chiusi all’università, in particolare nelle specialistiche, e al compenso che dovrebbe essere più elevato per essere competitivo con quello dei privati e delle cooperative. 
 
È quindi una situazione diffusa, che non riguarda solo un settore, ma che si estende alla sanità italiana tutta. Chi lavora nell’ambito concorda nell’affermare che servono veri investimenti per far fronte a questa situazione. La pediatria italiana è, secondo il presidente Fiarped Renato Cutrera, “tra le migliori al mondo” e lo dimostrano i bassi dati di mortalità infantile. Tuttavia, “i cambiamenti demografici, economici e sociali impongono un ripensamento complessivo dell’assistenza pediatrica, necessario per continuare a garantire gli standard qualitativi in modo uniforme in tutte le regioni”, ha aggiunto.
 

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