CUNEO - Le imprese della Granda vedono nero: ‘Si attende una crisi paragonabile a quella del 2009’

Confindustria Cuneo presenta i dati di previsione del terzo trimestre: il 41,5% delle aziende manifatturiere rallenterà la produzione, male anche i servizi

Andrea Cascioli 24/07/2020 15:29

 
Di certezze, a sentire gli imprenditori cuneesi, ce n’è una sola: questa crisi non passerà in fretta. Gli indicatori che emergono dall’indagine di previsione per il terzo trimestre 2020 presentata da Confindustria Cuneo segnalano un peggioramento sensibile - per quanto atteso - in tutti gli ambiti: livelli di produzione, utilizzo degli impianti, investimenti e ordinativi, ricorso alla cassa integrazione.
 
A falsare il dato sull’occupazione è per ora il “tappo” rappresentato dal blocco dei licenziamenti, di cui si attende la proroga fino a fine anno. Ma i segnali di una tempesta perfetta sono già tutti lì e sono addirittura peggiori di quelli del 2009: se il crack di Lehmann Brothers innescò soprattutto un tracollo del manifatturiero, questa volta lo shock ha colpito sia la domanda che l’offerta, condizionando anche i servizi.
 
L’associazione datoriale ha raccolto il sentiment di oltre 300 imprese aderenti della Granda, evidenziandone le aspettative per l'autunno. Tra le aziende del comparto manifatturiero sale al 41,5% la quota di quelle che prevedono di ridurre la produzione, contro il 13,8% appena che ne prospetta l’aumento: un saldo del -27,6% in peggioramento di quasi dieci punti rispetto all’ultimo dato. Sul fronte degli ordinativi i pronostici sono ancora più foschi: il 48,8% degli imprenditori ne prevede il calo mentre il 13,4% si attende un aumento delle commesse. Il saldo, che balza verso il basso di 16 punti, tocca livelli molto prossimi al picco recessivo del 2009: per gli ordinativi totali si scende dal -19,2% al -35,5%, nell’ambito delle esportazioni dal -9,5% al -33,9%. Da rilevare inoltre che il carnet ordini si mostra sempre più orientato al brevissimo termine: la percentuale di aziende con ordini inferiori a un mese è pari al 28,9% (era al 18,9% a marzo), all’opposto quelle con visibilità oltre i sei mesi scendono invece dall’11,4% al 9,5%.
 
Sale di oltre 20 punti intanto la percentuale di aziende che segnala ritardi negli incassi (sono il 57,7% del campione). Su questo punto, osserva la direttrice di Confindustria Cuneo Giuliana Cirio, si deve evidenziare in positivo la buona tenuta della pubblica amministrazione cuneese che mantiene tempi di pagamenti stabili (83 giorni in media, contro gli 86 generali): un grosso campanello d’allarme viene invece dalle insolvenze dei privati dovute alle crisi di liquidità, che contribuiscono all’aumento di ben otto giorni nella media.
 
Più che raddoppiato anche nella nostra provincia il ricorso alla CIG: quasi il 43% delle aziende mette in preventivo di dover fare affidamento sugli ammortizzatori sociali, anche in questo caso toccando una quota che non si registrava dal 2009 con un balzo di oltre venti punti rispetto al 20,1% del secondo trimestre. A preoccupare, sottolinea il presidente degli industriali Mauro Gola, è però soprattutto un altro dato, quello sul tasso di utilizzo degli impianti: condizionato dalla sospensione di molte attività economiche imposta dai vari decreti anti-Covid, il livello medio è sceso al 67,4% portandosi di quasi 10 punti sotto al livello di ciclo economico normale. Si tratta di un indicatore che ha rapporti diretti con le previsioni occupazionali che infatti perdono terreno a loro volta nonostante il blocco dei licenziamenti e l’ampio ricorso alla cassa integrazione: qui il saldo scende da -2,7% a -14,7%. Solo il 6% delle imprese manifatturiere ipotizza un rafforzamento dell’organico a fronte di un 20,7% che teme di doverlo ridurre a breve.
 
A livello settoriale le preoccupazioni emergono con forza perfino negli ambiti che hanno retto meglio la crisi, come l’alimentare. Oltre la metà delle aziende metalmeccaniche (il 52,7% del totale, contro il 16,4% di marzo) prevede di fare ricorso alla CIG nel terzo trimestre dell’anno. Attese negative anche per l’edilizia nonostante la stabilità del tasso di utilizzo della capacità produttiva (60,2%) e le misure messe in campo dal governo, mentre soltanto le aziende attive nell’estrazione e lavorazione dei minerali non metalliferi si segnalano in lieve controtendenza: saldi positivi per la produzione (+22,2%) e i nuovi ordini (+11,1%), nonostante le previsioni restino pessimistiche per gli ordini esterni e l’occupazione (-22,2%).
 
Le circa 90 imprese dei servizi interrogate dal Centro Studi di Confindustria sulle loro prospettive di crescita hanno fornito risposte in linea con quelle del manifatturiero: anche qui si registra un’inedita emersione di valori in doppia cifra nel ricorso alla CIG (dal 25,5% di marzo al 27,7% attuale), cui si affiancano una discesa dei tassi di attività (-24,1%), degli ordini (-26,4%) e delle attese occupazionali (-10,3%). Clima pesante nell’ambito commerciale e turistico e nei servizi vari, mentre il terziario innovativo è dato in lieve recupero.
 
“La società di consulenza Prometeia stima che soltanto un terzo dei settori industriali recupererà i livelli ante Covid a breve”, sintetizza Elena Angaramo, responsabile del Centro Studi. In virtù della sua specializzazione anche la nostra provincia ne esce indebolita, ma assai meno di altre aree del Piemonte: se il 55,1% delle imprese in regione prevede di dover fare ricorso alla cassa integrazione (con punte che arrivano al 59,9% del Torinese e addirittura al 75,2% di Biella e all’80% del Canavese), nella Granda la media si ferma al 42,9%.

Notizie interessanti:

Vedi altro