CUNEO - Lo scandalo della cooperativa disabili scuote la città: “Troppa impresa nel sociale”

“Fatti di gravità assoluta e drammatica” dice la sindaca di Cuneo, riferendosi ai maltrattamenti denunciati: “Il Consorzio ha saputo solo dopo le indagini”

Andrea Cascioli 25/11/2025 20:10

Disabili lasciati al freddo o rinchiusi per ore nella “relax room” per punizione, materassi bagnati di urina, violenze, abusi verbali. Un tunnel oscuro su cui dovrà accendere una luce l’autorità giudiziaria, per stabilire responsabilità precise in capo agli indagati del centro diurno gestito dalla cooperativa “Per Mano” a Borgo Gesso. Uno scandalo su cui si interroga anche la politica, com’è ovvio che sia, tanto più che un’indagine per maltrattamenti nei confronti dei vertici della cooperativa era già stata avviata nel 2018 e solo pochi mesi fa ha portato al rinvio a giudizio di dodici persone. Nell’inchiesta attuale gli indagati sono ventuno, le accuse sono anche più gravi e circostanziate, visto che questa volta sono stati prodotti filmati che il comandante dei carabinieri definisce “aberranti”. Il Comune di Cuneo ha già annunciato che si costituirà parte civile nel futuro procedimento, in quello attuale lo è il Consorzio Socio Assistenziale: ci si chiedere per quale motivo, però, il centro per autistici e disabili mentali abbia continuato a operare fino allo scorso ottobre. “I fatti sono di una gravità assoluta e drammatica” dice la sindaca Patrizia Manassero, rispondendo a due interpellanze in Consiglio comunale: “C’è una fondamentale differenza - osserva - tra centri gestiti da enti pubblici e centri che sono pure ‘imprese’: la residenza Sant’Antonio, ad esempio, è in gestione a una cooperativa ma sono presenti i referenti del consorzio. La cooperativa Per Mano invece era un’impresa a sé stante, accreditata presso le strutture regionali senza nessuna gara”. L’esistenza del procedimento giudiziario, aggiunge la prima cittadina, è arrivata a conoscenza degli operatori del Csac solo dopo che le famiglie hanno ricevuto le notifiche di rito. “Per come è strutturato adesso il sistema assistenziale è fatale che avvengano episodi come questo e ne avremo ancora altri simili” prevede Ugo Sturlese (Cuneo per i Beni Comuni): “Se si spende di meno, non tutte le figure e i numeri del personale saranno adeguati nelle cooperative. Il rischio è di trasformare la nostra società da una società di alto welfare a una società dello scarto”. Dai banchi della sinistra civica interviene anche Luciana Toselli, denunciando “un’ulteriore stortura a cui siamo arrivati grazie alla separazione tra il sociale e il sanitario. Siamo arrivati a questo punto perché inserire le persone in una cooperativa sociale costa meno che inserirle in una cooperativa sanitaria”. Troppa impresa e troppa ricerca del profitto, in un settore dove le considerazioni dovrebbero essere altre: “Finché non ci sarà di nuovo un’integrazione seria tra sociale e sanitario certe situazioni continueranno ad emergere, non si può chiedere a un oss di seguire pazienti in certi momenti ingovernabili”. “È un problema di sistema - concorda Beppe Lauria (Indipendenza!) - che non trova soluzione perché non c’è soluzione se non nelle maggiori risorse a disposizione: anche se ci fossero, troveremmo il pretesto per fare altre cose. La politica non sta dando risposte e non le sta dando neanche il sociale, a cui per anni abbiamo affidato tutte le nostre debolezze pensando che potessero assolvere alla nostra funzione”. Il tema dei mancati controlli è al centro della riflessione di Paolo Armellini (Indipendenti): “Non si poteva non sapere e qualcosa di più bisogna fare, rispetto a quanto si è fatto finora. Penso sia doveroso, oltre che opportuno, fare chiarezza sulle azioni di controllo fatte dagli organi competenti sia dal punto di vista delle modalità che delle frequenze”. Maria Laura Risso (Centro per Cuneo) propone una serie di misure concrete che potrebbero essere condivise con l’Asl, il Consorzio Socio Assistenziale, la Regione e gli altri soggetti: “La videosorveglianza è un primo tema: potremmo invitare a valutarla come requisito nelle aree comuni, sempre nel rispetto dello statuto dei lavoratori e della privacy. Altro punto è la chiarezza sugli affidamenti: il Comune non emette bandi né gestisce affidamenti sulle residenze per persone con disabilità, potrebbe comunque promuovere un percorso dedicato su come rafforzare la trasparenza, la qualità e la tutela delle persone fragili”.