Riceviamo e pubblichiamo.
Dal 10 ottobre entrerà in vigore a Cuneo una nuova ordinanza anti-bivacchi, valida fino al 31 dicembre 2026. Questa misura vieta di sdraiarsi o sedersi su panchine o spazi pubblici in modo “improprio”, proibisce l’uso di giacigli come cartoni, materassi e tende, e impone divieti di sosta vicino a ospedali, chiese, musei e aree gioco, con sanzioni fino a 500 euro, ordini di allontanamento e Daspo urbani.
Non si tratta di un semplice atto amministrativo, ma di una dichiarazione politica chiara: la città si difende espellendo chi non rientra nei canoni di “normalità”. È la violenza istituzionale che colpisce i più vulnerabili: senzatetto, migranti, giovani precari, sex worker…
Lo spazio urbano sta diventando uno strumento di controllo sociale. L’architettura ostile con panchine progettate per impedire di sdraiarsi, barriere metalliche e urbanistica fatta per escludere si traduce in ordinanze che criminalizzano la povertà e la marginalità. Lo spazio pubblico non è più un bene comune, ma un campo di battaglia dove si decide chi può esserci e chi no.
Senza mediatori sociali, educatori di strada e servizi di accompagnamento, questa ordinanza diventerà solo uno strumento di repressione cieca, con multe a chi usa gli spazi pubblici per sopravvivere, ignorando necessità e dignità.
Limitare così la libertà di chi è già emarginato è un atto politico violento che alimenta rabbia e conflitti. Il disagio sociale va affrontato, non nascosto dietro divieti punitivi che peggiorano la situazione. Non è la prima volta che a Cuneo si adottano misure di questo tipo. Già nel settembre 2020 un’ordinanza anti-bivacco, firmata dall’allora sindaco Borgna, aveva suscitato una forte protesta pubblica: l’associazione Minerali Clandestini, con il sostegno dei Radicali Cuneo, promosse un sit-in quotidiano davanti al Comune.
Il rinnovo dell’ordinanza oggi si inserisce in un disegno più ampio di politiche urbane che, come il recente divieto di consumo di alcol in alcune aree della città, non affrontano le cause del disagio ma si limitano a rimuoverle dallo sguardo pubblico. È una strategia di facciata che preferisce reprimere piuttosto che prendersi cura, escludere invece che includere, e che finisce per produrre nuova marginalità invece di risolvere i problemi reali.
Chiediamo l’apertura di un confronto pubblico e partecipato sull’investimento reale in servizi di mediazione sociale, educazione di strada, accoglienza e percorsi di integrazione e sulla costruzione di una visione politica condivisa della città che rifiuti la segregazione e promuova spazi di libertà, inclusione e solidarietà. La città non è una vetrina da pulire con le ordinanze, ma un luogo da abitare e trasformare collettivamente, riconoscendo a tutte e tutti il diritto di esserci.
Cuneo per i Beni Comuni
Cuneo Possibile