CUNEO - Lui era Amilcare Merlo

L'ex sindaco di Cuneo Beppe Menardi ricorda con lucidità e commozione l'imprenditore scomparso la scorsa settimana

Beppe Menardi 18/11/2022 07:48

Negli scorsi giorni la stampa cittadina tutta, ha espresso il cordoglio di una intera comunità per la scomparsa di (non metto i titoli onorifici ed anche accademici che negli anni gli sono stati riconosciuti e sono veramente tanti, perché mi pare che siano poca cosa per un uomo com’era) Amilcare Merlo.
 
Individuare Amilcare Merlo con il titolo di cavaliere o di ingegnere (ad entrambi teneva moltissimo, ma lo facevano anche sorridere) è riduttivo, lui era Amilcare Merlo. Sapeva il valore e rispettava il riconoscimento che contraddistinguono questi titoli, perché li aveva conquistati nel suo lavoro quotidiano, ma aveva anche quella sottile ironia che lo induceva a non attribuirseli come una ragione di distinzione. Lui era consapevole che era diverso dagli altri. Sapeva di essere un uomo di straordinarie capacità e qualità, era perciò contento di sentirselo dire, ma non ne aveva bisogno, erano i fatti che glielo raccontavano, era la sua creatura che lo testimoniava: l’azienda. Conosco Amilcare da quarant’anni, alcuni miei colleghi universitari e una moltitudine di amici sono diventati suoi dipendenti, hanno fatto o fanno parte di quella straordinaria forza umana che è la risorsa più importante, così pensava Amilcare, della azienda Merlo.
 
Questa era la sua prima qualità: considerare le persone, valorizzarle. All’epoca in cui ero sindaco di Cuneo, mi toccò di indicare gli amministratori della Cassa di Risparmio. La Banca era una vera potenza economica con un capitale superiore un miliardo e mezzo di euro che al conio dell’epoca era una cifra difficile da immaginare, cioè circa tremila miliardi di lire. Ero convinto che, per le ambizioni della nostra comunità, fosse indispensabile mettere alla guida di una istituzione così importante persone di assoluta qualità. Contrariamente a ciò che si era fatto fino a quel momento, non indicai personaggi provenienti dalla politica, al contrario scelsi tre personaggi che rappresentassero al meglio le capacità e le competenze della nostra comunità. Nello specifico erano Bellani, industriale, Spada, giovane commercialista, e, appunto, Merlo, il capitano d’industria della nostra città. Questi personaggi avrebbero, insieme al più brillante banchiere cuneese, Bertolotto, condotto la CRC nel futuro. Nei primi anni Novanta la nostra frequentazione si consolidò. In quel periodo ci trovammo a mettere in comune alcuni sogni che riguardavano il futuro della nostra città e del suo hinterland.
 
Era l’epoca in cui io immaginavo Cuneo sempre più retroterra della Costa Azzurra e della Riviera di Ponente, un luogo in cui forgiare una nuova generazione che fosse sempre più classe dirigente per l’intera nazione. Per fare questo erano necessarie infrastrutture materiali ed intellettuali, fra le quali l’aeroporto e l’Università che sottolinearono poi, nel tempo, l’impegno di Amilcare verso il nostro territorio. Erano anni difficili, molti studenti universitari non concludevano gli studi e moltissimi non si iscrivevano nemmeno all’Università. Pensavo che un decentramento universitario, avrebbe potuto favorire da una parte la domanda di accesso all'Università per i nostri ragazzi e, dall’altra, creato le condizioni per un crogiuolo intellettuale che a Cuneo mancava. Amilcare fu la persona che sposò queste iniziative e le sostenne con lo spirito che entusiasmava tutta la sua vita. Lui era veramente un uomo speciale, perché riusciva a mettere insieme sogno e pragmatismo.
 
Molti hanno ricordato uno dei suoi tanti insegnamenti: diceva sempre: "siate curiosi, cercate,  esplorate, battete vie nuove". Era affascinato dalle novità e come un bambino si infervorava per le nuove conquiste, e se queste erano le sue, allora lo vedevi soddisfatto. Era però molto pragmatico, con una concretezza per certi versi contadina, che semina e raccoglie i frutti, e ha bisogno di ancorarsi alla terra, non a caso credo che investisse parecchio proprio nei terreni agricoli. Era il contrario dello speculatore. In azienda il suo era il profitto del prodotto pensato, costruito, a volte sofferto, era il riconoscimento di aver bene costruito, prima d’altro era una quantità di denaro indispensabile per mandare avanti la fabbrica e finanziare nuovi investimenti, con l’asticella della ricerca sempre più alta. Posso dire che Amilcare ha passato l’intera vita con passione e determinazione a lavorare. Ebbe in questo una fortuna: il lavoro era la sua vera passione. Mi verrebbe da dire che ha giocato tutta la vita.
 
I più giovani fra i lettori non possono ricordare, ma un tempo noi bambini, maschietti, avevamo come regalo natalizio il meccano. Era una scatola contenete rotelle piastre di acciaio ed altri ammennicoli con cui si potevano costruire macchine, carrucole, ed altro. Ecco, per Amilcare la sua azienda è stato il meccano della sua vita, il suo hobby. Ad essa ed alla sua famiglia ha  dedicato le sue risorse fisiche, morali ed intellettuali. A noi ha riservato la sua presenza, che ci ha permesso di essere un po’ più ricchi. Da oggi, senza di lui, siamo un po’ più soli.

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