CUNEO - Negli ospedali piemontesi le donne medico sono in maggioranza, ma non nei ruoli di vertice

I dati diffusi dal sindacato regionale Anaao Assomed. La segretaria Chiara Rivetti: "Strada ancora lunga, servono un welfare più favorevole e un cambiamento culturale"

Redazione 08/03/2022 09:47

La medicina è sempre più femminile. È quanto emerge dai dati della piattaforma regionale di Opessan (dati 2020) e del Conto Annuale del Tesoro (dati 2019), pubblicati dal sindacato Anaao Assomed in occasione della Festa della Donna. In Piemonte le dirigenti medico donne, ospedaliere dipendenti del SSN superano i colleghi uomini: 51% contro una media nazionale del 48%.
 
Analizzando i dati per fasce d’età, si osserva che le giovani dottoresse superano nettamente i colleghi uomini: tra i 35-44 anni sono infatti oltre il 64%, mentre la rappresentanza si inverte al procedere dell’età. “Poiché quindi con la curva pensionistica andranno in pensione soprattutto gli uomini, le corsie degli ospedali si tingeranno di rosa per un maggiore ingresso di donne medico e per una maggiore uscita degli uomini”, si legge nel comunicato diffuso da Anaao Assomed.
 
Le donne, insomma, sono presenti e competenti, ma ai livelli dirigenziali latitano. In Piemonte la percentuale di donne Direttrici di Struttura Complessa (Primarie) è solo del 18%. Tra le donne medico, solo il 2,4% diventeranno direttrici di SC, contro il 10% degli uomini. Anche nelle discipline in cui è più elevata la quota di donne tra i medici, la loro presenza nelle posizioni apicali di carriera è molto bassa. Le ultime nomine del 2021 hanno leggermente aumentato la presenza di donne tra i Direttori Generali del Piemonte, che passano da 2 a 4 su 18. Va un po’ meglio se si considerano le Responsabili di Struttura Semplice che in Piemonte rappresentano il 36,6% del totale. Tra le donne medico, solo il 6,4% diventerà Responsabile di Struttura Semplice, contro l’11,4% degli uomini.
 
Peccato. - prosegue la dottoressa Chiara Rivetti, segretaria regionale Anaao Assomed - Perché le donne al vertice potrebbero essere più consapevoli degli ostacoli al lavoro femminile e quindi essere più attive negli ospedali per cercare di rimuoverli. Le primarie donne potrebbero essere più sensibili alla richiesta di part-time, tollerare meglio le assenze per malattia figlio, concedere magnanime il congedo parentale ai padri, chiedere con maggiore insistenza alle amministrazioni la sostituzione per maternità delle colleghe”. 
 
A conferma del ruolo di cura riservato alle donne, le richieste di part-time provengono in circa il 90% dei casi da dottoresse. Il part-time viene concesso poco e la donna che decide di lavorare in part-time firma, con la richiesta di tempo ridotto, anche la fine della propria progressione di carriera lavorativa.
 
Prosegue Rivetti: “Tra le donne inoltre, pochissime fanno attività libero professionale, sia intra che extramoenia. Lavorano per il pubblico, per l’Azienda. Solo il 3,2 % delle donne sceglie di fare extramoenia, contro il 6,6 % degli uomini. Del totale dei dirigenti che sceglie l’extramoenia, solo il 34% è donna, mentre del totale di chi esercita l’attività intramoenia, le donne sono il 30%. Le donne probabilmente scelgono di dedicare il proprio tempo libero alla famiglia, o all’attività ospedaliera”.
 
Infine, viene confermata la scarsa rappresentanza del genere femminile nelle specialità chirurgiche, storicamente ad appannaggio degli uomini. Dunque: più donne medico ma non nelle posizioni apicali. Maggiore richiesta di part-time e minor attività libero professionale rispetto ai colleghi uomini. “La strada è ancora lunga, sicuramente ci servirà un welfare più favorevole, un cambiamento culturale che riconosca le competenze femminili, una migliore distribuzione dei carichi di lavoro familiari ed anche una maggiore consapevolezza di noi donne”, conclude la segretaria regionale Anaao Assomed.

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