CUNEO - Nel 2020 i politici non potranno più usare le parole 'eccellenze' ‘sfida’, ‘sinergie’

Bandite anche ‘territorio’ e ’sviluppo’: se vogliamo che le cose cambino servono nuove idee e nuove parole per raccontare il futuro

Samuele Mattio 01/01/2020 12:30

 
Oggi, mercoledì primo gennaio, inizia un nuovo anno. Avete già avuto modo di leggere gli auguri prestampati di aziende varie, associazioni e politici? Solitamente lo standard è questo: “Saranno dodici mesi pieni di sfide nei quali il territorio dovrà trovare le sinergie che possano valorizzarlo rendendolo una vetrina di eccellenza che possa favorire sviluppo e crescita”. Discorsi sintatticamente e retoricamente perfetti, ma talmente privi di contenuto o quantomeno di soluzioni che possono essere messi indistintamente in bocca a esponenti di schieramenti o sodalizi agli antipodi tra loro.
E se per il 2020 lo iniziassimo mettendo al bando la parole 'sfida’, ‘sinergie’ nei sermoni di chiunque ha un tiramento? Per i primi sei mesi potremmo anche vietargli di pronunciare ‘vetrina’, ‘collaborazione’, ’sviluppo’ e ‘crescita’. Sarebbe uno stimolo non da poco e ne vedremmo delle belle.
Se state pensando che chi scrive si stia riferendo a questo o a quello state sbagliando strada. Ovviamente il dito non è puntato contro nessuno, non si tratta di un'intemerata, ma di un pungolo a fare meglio.
È evidente che sia arrivato il momento di dire basta a discorsi preconfezionati che non si discostano molto dagli ampollosi sermoni intrisi di retorica degli esponenti della Democrazia Cristiana negli anni ’80. Sarà perché dalle nostre parti chi comanda, nonostante la balena bianca si sia smarrita quasi trent’anni fa nella tempesta di Tangentopoli, non è molto distante da quel mondo. Oppure perché il nostro territorio, malgrado l’operosità sottolineata in ogni pubblica occasione dal presidente uscente della Camera di Commercio Ferruccio Dardanello, ha un gap infrastrutturale che aumenta di pari passo con il debito pubblico italiano a ritmo di ponti crollati e ritardi dei cantieri e forse le parole da dire restano sempre le stesse, in quanto nulla si muove. Le parole vanno di pari passo con le idee che esprimono: un concetto chiaro senza sconfinare in approfondimenti sulla neolingua di orwelliana memoria.
Dall’ultima indagine sulla qualità della vita del ‘Sole 24 ore’ Cuneo si piazza sì al 21esimo posto, ma si trova nelle ultime posizioni (86esima in Italia) per la penetrazione della banda ultra larga. Il tutto legato ai problemi infrastrutturali acuiti dal crollo del ponte sull’A6, che ha ulteriormente limitato i collegamenti da e per la provincia di Cuneo, rendendola sempre più la ‘terza isola d’Italia’, come ironizzava un vecchio documentario Rai del secolo scorso. L’Asti-Cuneo ferma dal 2012, il raddoppio del Tenda Bis in fase di stallo da due anni, la tangenziale di Fossano che resta a una corsia, il colle della Maddalena aperto a singhiozzo in inverno, la variante di Demonte bloccata dalla burocrazia sono i problemi più noti, ma sono solo alcune tra le tante magagne. Lo abbiamo detto, la fotografia del tessuto produttivo rende l’immagine di un territorio laborioso e in cui ’si sta bene’, ma nell’era della gig economy è arrivato il momento di pensare a quello che sarà il ruolo di Cuneo nel mondo tra cinque, dieci, venti e cinquant’anni. 
Ci ripetiamo. Difficilmente la Granda potrà recitare un ruolo da protagonista parlando di ‘sinergie’, ‘territorio’ e aggiungendo qualche anglicismo qui e là. È giunta l’ora di mettere sul tavolo un progetto concreto, sbloccare i cantieri di opere concepite più di trent’anni fa, e iniziare a lavorare senza quei campanilismi che, al contrario di quanto possa far credere l’abbondanza di termini aggreganti, continuano a infestare la nostra terra. Per il 2020 servono idee nuove raccontate con parole diverse, che ci proiettino nel futuro senza dimenticare le nostre radici e il genius loci, l’identità che può dare un valore aggiunto in un modo sempre più standardizzato e omologato. Gli anni ’80 sono finiti da un pezzo.
 

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