CUNEO - Nel primo trimestre del 2022 la produzione industriale cuneese è cresciuta del 3,7 per cento

Positivo il confronto con lo stesso periodo del 2021. L'indagine di Unioncamere Piemonte sulle ricadute del conflitto russo-ucraino sull'imprenditoria

09/06/2022 16:52

La produzione industriale in provincia di Cuneo nel I trimestre 2022 ha realizzato una variazione del +3,7% rispetto all’analogo periodo del 2021, lievemente più bassa rispetto al dato regionale (+5,2%). Risultato, quello cuneese, che mostra come le imprese del territorio abbiano saputo reagire con discreta capacità e resilienza al periodo difficile caratterizzato dall’emergenza sanitaria, dalla crescente inflazione, dall’aumento e dalla difficoltà di reperimento di energia e materie prime e dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, che ha generato pesanti ripercussioni a livello economico.
 
Il risultato emerge dalla 202ª “Indagine congiunturale sull’industria manifatturiera” realizzata da Unioncamere Piemonte in collaborazione con gli Uffici studi delle Camere di commercio provinciali nei mesi di aprile e maggio 2022 con riferimento ai dati del periodo gennaio-marzo 2022. La ricerca ha coinvolto 1.729 imprese industriali piemontesi, di cui 243 cuneesi che hanno complessivamente 14.416 addetti e un valore di oltre 4,4 miliardi di euro di fatturato.
 
Nel I trimestre 2022 il rilancio dell’output si associa ai risultati positivi di tutti gli indicatori congiunturali analizzati. A fronte di un fatturato totale del +8,4%, gli ordinativi interni registrano un +3,7%. Allo stesso modo, riprende la dinamica sui mercati stranieri con un fatturato estero del +11,3% accompagnato da ordinativi esteri del +7,3%. Il grado di utilizzo degli impianti si attesta al 72,17%.
 
“Anche questo trimestre si chiude con un segno positivo malgrado le enormi difficoltà che il mondo imprenditoriale ha dovuto superare. - sottolinea il presidente camerale Mauro Gola - Dobbiamo vivere questo momento congiunturale estremamente difficile come un’opportunità per ridefinire le nostre politiche in materia di approvvigionamento energetico e di supply chain. Scenari energetici e geopolitici sempre più complessi richiedono risposte veloci ed efficaci sul fronte degli investimenti nella digitalizzazione, nella transizione green, nelle infrastrutture, nella formazione e nella ricerca”.
 
Nel I primo trimestre 2022, tutti i comparti mostrano segno positivo eccezion fatta per il tessile-abbigliamento-calzature che registra un -1,2%. Buona la performance delle altre industrie manifatturiere con il +6,3% seguite dalle industrie metalmeccaniche (+3,8%) e alimentari con il +2,3%.
Scendendo nel dettaglio dimensionale d’impresa emerge come in termini di output prodotto tutte le imprese abbiano riportato risultati positivi. La variazione tendenziale della produzione industriale registra +2,7% per le micro imprese (0-9 addetti); +5,5% per le piccole imprese (10-49 addetti); +2,9% per le medie imprese (50-249 addetti) e +5,4% per le realtà di maggiori dimensioni (oltre 250 addetti).
 
LE RICADUTE SULL’ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE CAUSATE DAL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO
 
Al campione, costituito da 243 imprese manifatturiere cuneesi, è stato chiesto di rispondere a una serie di domande relative alle ricadute sulla loro attività imprenditoriale causate dal conflitto russo/ucraino. Il 95,5% afferma di non avere rapporti commerciali con la Russia e/o l’Ucraina; solo il 2,3% esporta in Russia e l’1,4% in Ucraina. Otto imprese su dieci sostengono infatti che la diminuzione delle esportazioni non è stata determinante. Al contrario l’aumento dei costi di energia, materie prime e semilavorati, per buona parte del campione, risulta essere molto elevato e oscilla tra il 70 e il 90% e così la difficoltà di approvvigionamento di materie prime e semilavorati si attesta oltre il 70%. Circa la metà del campione sostiene di avere avuto difficoltà nei propri insediamenti produttivi ubicati nei Paesi coinvolti dal conflitto. Rispetto alle materie prime, i maggiori costi sostenuti e le conseguenti difficoltà di approvvigionamento si registrano in particolare per acciaio, alluminio e gas naturale, ma la quasi totalità afferma di non aver ridotto la produzione negli stabilimenti attivi in Italia.
 
Quasi il 90% è stato portato a una revisione dei prezzi di vendita mentre il 30% ricerca mercati di approvvigionamento alternativi, a fronte di un allungamento nei tempi di consegna e di un aumento dei costi di trasporto.

c.s.

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