CUNEO - Nella Granda è tornata la pioggia: "Un toccasana, ma non basta per superare due anni di siccità"

Il presidente dell'Acda Livio Quaranta fa il punto dopo i rovesci degli ultimi giorni e torna sulla necessità di bacini idrici: "Tutte le valli ne hanno di inutilizzati"

Micol Maccario 23/05/2023 13:33

La zona del Piemonte era stata definita a febbraio la regione con i territori più aridi della penisola dall’Associazione nazionale delle bonifiche, delle irrigazioni e dei miglioramenti fondiari. Secondo il report del dipartimento Protezione civile nazionale in collaborazione con Arpa, fino a fine aprile 2023 si era registrata una diminuzione del 60% di pioggia rispetto alla media degli anni 1991-2020, tanto da risultare “la regione con maggiore deficit di pioggia” in Italia. Le precipitazioni degli ultimi giorni hanno in parte cambiato la situazione, ma la soluzione del problema rimane ancora lontana.
 
Sicuramente le recenti piogge sono state un toccasana per il nostro territorio perché è piovuto molto”, dice Livio Quaranta, presidente dell’Azienda Cuneese dell’Acqua (ACDA): “La penetrazione delle acque nelle falde è certamente servita. Che però sia servito per superare la siccità non lo credo”, continua.   
  
Il terreno era molto asciutto e c’era il rischio che l’acqua non venisse assorbita, ma scorresse e causasse frane. In realtà, i danni sono stati più limitati rispetto a quanto si temeva”. Nei giorni scorsi, in particolare nel weekend, ci sono state numerose segnalazioni di piccoli danni, come acqua sporca e fogne intasate. “Ma è normale, per fortuna non c’è stato un problema grosso. La nostra squadra di pronto intervento comunque ha lavorato tanto, soprattutto nel fine settimana”. “Queste precipitazioni sono state importanti perché hanno interrotto una grave situazione di siccità in una zona che ha patito molto”, afferma Livio Quaranta riferendosi all’area tra il Monviso e la valle Tanaro. L’auspicio è che le prossime piogge previste non siano violente, ma che contribuiscano ulteriormente all’arricchimento della falda.     
 
Certo è che dopo due anni di siccità non bastano le piogge di qualche giorno per ripristinare la situazione. “Se continuerà a piovere l’estate potrà essere salvata, ma il problema è quello di avere stagioni normali, che ormai non ci sono più”. L’allerta deve rimanere alta e la situazione deve essere affrontata continuando ad adottare comportamenti che siano basati su un consumo attento dell’acqua sia dal punto di vista di quella potabile, sia per quanto riguarda quella irrigua. “L’agricoltura utilizza molta acqua, ma stanno facendo miracoli per usufruirne al meglio. Lo stesso discorso deve valere per i cittadini”.
    
Al momento ACDA in collaborazione con il Politecnico e grazie a un finanziamento dell’autorità dell’ambito sta studiando la situazione per capire da dove origina il problema. “Certo, sappiamo che dipende dal cambiamento climatico, ma stiamo cercando di capire se ci sono situazioni da affrontare a monte”. Importante sarebbe sfruttare i bacini idrici vuoti non utilizzati per fini potabili e irrigui. “Tutte le valli hanno bacini inutilizzati. Forse non è necessario costruirne di nuovi, bisogna studiare bene quelli attuali, fare interventi di pulitura e collegarli tra loro”. Anche perché è possibile programmare nuovi interventi, ma bisogna tenere in considerazione che i tempi di riutilizzazione sono lunghi, si tratta di una decina o quindicina d’anni.     
  
A causa della siccità estrema degli ultimi mesi è “normale” che ci siano catastrofi come quella avvenuta in Emilia-Romagna. Una delle colpe è da imputare alla pulitura dei letti dei fiumi che, secondo Quaranta, “è uno degli aspetti fondamentali per mantenere i corsi d’acqua in sicurezza. In caso contrario sotto i ponti o contro alcune opere, come le captazioni dei canali, la massa legnosa si ferma, causando danni enormi”.
      
In passato anche la zona del Cuneese era stata interessata da fenomeni simili. “Abbiamo conosciuto questi problemi. Il ponte di Festiona era stato portato via in una situazione del genere”. È importante, dunque, che i letti dei fiumi siano puliti ma, al contempo, “se il corso viene costretto da muri, l’acqua acquisisce velocità e crea danni. Bisogna fare in modo che il fiume dilaghi naturalmente”.     
    
La cura dell’ambiente e del territorio deve essere alla base della salvaguardia della terra. E lo stesso discorso vale per le sorgenti. “Stiamo cercando di capire come si può fare a recuperare le sorgenti come ambiente”. Secondo il presidente di ACDA è necessario ridare al terreno la capacità di assorbire acqua, pulendolo. “La montagna è cambiata tanto in questi anni, è peggiorata molto. L’insieme di questi accorgimenti potrebbe evitare un po’ di rischi”, continua Quaranta. Con le piogge recenti tutte le sorgenti si sono nuovamente attivate e le vasche sono tornate piene. Un segnale che fa sicuramente ben sperare, ma la salvezza dell’estate dipenderà da tanti fattori che saranno chiari solo nei prossimi mesi.           

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