CUNEO - Non Una di Meno difende la prof anti-DAD: ‘‘Non è colpa di Sara se le terapie intensive sono piene’’

L’associazione femminista prende le parti della docente del liceo Pellico-Peano che da giorni fa lezione sotto i portici: “Contro di lei anche attacchi personali”

Redazione 29/11/2020 07:34

 
Non cessa di far discutere a Cuneo la protesta contro il permanere della didattica a distanza intrapresa dalla professoressa Sara Masoero, docente del liceo Pellico-Peano che da giorni ha dato vita a una singolare forma di “disobbedienza civile” svolgendo lezione sotto i portici dell’istituto di corso Giolitti.
 
Dopo l’intervento di 46 colleghi, insegnanti presso lo stesso liceo, per prendere le distanze dalla sua iniziativa, prende posizione anche l’associazione femminista Non Una di Meno esprimendo invece la propria solidarietà e condivisione. Di seguito l’intervento firmato dalle aderenti dell’associazione:
 
 
“L'ispettore Barlach nel 1933 era tornato da Monaco di Baviera alla sua città natale, non tanto per amore verso Berna che chiamava "la sua tomba d'oro", quanto per lo schiaffo che aveva appioppato a un funzionario del nuovo governo. [...] A Berna quello schiaffo era stato giudicato, a seconda della situazione politica europea, dapprima scandaloso, poi condannabile per quanto comprensibile, infine come l'unico atteggiamento possibile per uno svizzero, ma questo solo nel 1945.”
"Il giudice e il suo boia" F. Dürrenmatt
 
 
Da alcuni giorni una professoressa ha iniziato a fare lezione online piazzandosi sotto i portici del Liceo Peano-Pellico. A lei si sono uniti studenti e studentesse, distanziati e con le mascherine, insieme a un'altra insegnante. Chi è passato sotto i portici di corso Giolitti ha probabilmente visto molte persone fermarsi e dare solidarietà. Tuttavia, quest'insegnante sta subendo anche molti attacchi, alcuni dei quali privati e personali.
 
Quello che sta succedendo è grave. È legittimo essere contrari alla sua scelta e avanzare delle critiche anche dure ma quello che non è giustificato sono le accuse di negazionismo e gli attacchi sulla vita privata. Per questo motivo abbiamo sentito forte la necessità di scrivere una lettera aperta in cui dichiariamo la nostra piena solidarietà e supporto a Sara e a chi tra gli studenti e le studentesse si accolla 5 ore sotto i portici al freddo per ribadire la propria idea.
 
Il gesto di Sara è un gesto disturbante che ha però avuto il merito di richiamare l'attenzione sulla questione. In questi mesi abbiamo sentito fiumi di parole sulle suppellettili scolastiche e poi abbiamo mandato studenti e studentesse a scuola sugli autobus imballati.
 
Questo difficile periodo sta mettendo alla prova tutti e tutte noi. Rabbia, paura, ansia, sfiducia sono alcune delle emozioni che ultimamente colorano le nostre giornate, sono emozioni vere e legittime, ciò che però non possiamo più accettare è il subdolo e vigliacco meccanismo che vuole buttare sul singolo la frustrazione collettiva. Non è colpa di Sara se le terapie intensive sono piene, non è il voler chiedere di ripensare ad una scuola più giusta e sicura che alimenta la diffusione del virus. Quindi a coloro che chiedono se questo sia il momento di "protestare" noi rispondiamo "sì, è questo il momento", perché non possiamo farci portare via anche il diritto di chiedere e provare realmente a capire cosa sia andato storto nel sistema scolastico, e non solo, e cercare di porvi rimedio. Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di gesti coraggiosi che si collocano nella migliore tradizione della disobbedienza civile e della protesta non-violenta.
 
Tutte e tutti speriamo che la situazione migliori ma qualora non si trovassero cure e ci volesse tempo prima di avere una copertura vaccinale efficace, riteniamo davvero possibile sospendere l'esercizio di attività essenziali come la scuola?
 
Quello che sembra accadere è che ci si stia scostando dal vero tema della discussione (apertura della scuola sì /no e come) per concentrarsi, invece, su chi e come sta portando avanti la sua idea. Responsabilità del governo (e ricordiamo che è da fine maggio che molte realtà sono scese in piazza per parlare dell'apertura delle scuole a settembre, cercando un dialogo con le istituzioni e ponendo al centro, tra le altre questioni, i trasporti). Allora ci chiediamo: ha senso indignarsi per la lotta di una persona, invece di indignarsi per scelte politiche non fatte?
 
Oltre alle istituzioni, però, tocca anche a noi rimboccarci le maniche e inventare una scuola nuova. Nessuno nega che esista un virus o che il sistema sanitario sia messo duramente alla prova.
 
Non vogliamo tornare a scuola domani con le condizioni di prima (men che meno riteniamo opportuno un ritorno di 7 giorni prima di Natale come contentino) ma chiediamo che:
 
- sia fatto un investimento SERIO e LUNGIMIRANTE sul trasporto pubblico e sulla mobilità alternativa all'auto che non significa solo bonus biciclette ma la creazione di ciclabili sicure, mezzi di trasporto adeguati e orari scaglionati per garantire il distanziamento;
 
- per chi non può o non si sente sicuro a tornare in presenza deve essere garantita una piattaforma on line open source e creata a livello pubblico mettendo a frutto le intelligenze di chi studia informatica, dalle superiori all'università [e non bisogna inventare niente, esistono già servizi del genere ma per essere utilizzabili a livello pubblico servono investimenti concreti per potenziare i server];
 
- un dibattito permanente per nuove forme di didattica;
 
- assunzioni permanenti. Già prima del peggiorare dei numeri dei contagi molte scuole superiori sono partite in parte in didattica on line perché non sono stati assunti insegnanti.
 
Per moltissime e moltissimi adolescenti la scuola è l'unica occasione per uscire dalla propria sfera domestica e familiare (e ricordiamoci che la famiglia non è sempre un luogo sicuro e sereno), per confrontarsi con i propri pari, relazionarsi, maturare, fare percorsi di crescita. Tutto ciò non è possibile con la didattica a distanza, stiamo portando via alle generazioni più giovani molte opportunità perché non siamo stati in grado, pur avendo tutto il tempo a disposizione, di garantire condizioni di sicurezza per il loro rientro a scuola. Ora è il momento di rimediare, dialogare tra noi e non di rinfacciare ad altre persone il proprio modo di lottare.

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