CUNEO - 'Per il futuro del polo sanitario di Cuneo non serve un derby tra Santa Croce e Carle'

Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni di un lettore sul futuro delle strutture ospedaliere cuneesi

01/07/2020 15:39

Riceviamo e pubblichiamo.
 
Sul futuro della sanità cuneese non è necessario un derby tra il Santa Croce ed il Carle ma, al contrario, serve una nuova ambizione che consenta di vedere ad un futuro pluridecennale. Se c'è qualcosa che la pandemia di Covid 19 dovrebbe avere insegnato è quella che avere più di una struttura ospedaliera per una città con un polo di utenza sanitaria potenziale di circa 150 mila abitanti non è una sfortuna ma una benedizione, di cui non preoccuparsi per questo dualismo perchè nessuno potrà più azzardarsi a tagliare i costi su qualcosa su cui davvero serve investire come la sanità pubblica. Il futuro non sarà solo quello di acquisire più posti nelle terapie intensive (una delle maggiori cause del collasso sanitario che si è avuto mesi fa) ma anche di investire più che si può nella ricerca scientifica e nelle assunzioni di medici e personale competente.
 
Perchè Cuneo non potrebbe diventare anche un polo della ricerca di valore internazionale attraendo così giovani leve da tutta Italia tramite un robusto ampliamento della facoltà di medicina che ad oggi a Cuneo conta solo scienze infermieristiche e altri due corsi? Non è ragionevole pensare che, con maggiori investimenti, a Cuneo si potranno avere più corsi in ambito medico, più spazi per i ricercatori e quindi si potrà anche sfruttare almeno uno dei due attuali siti ospedalieri per tali scopi? Per questa ragione, investire nei giovani e nella ricerca, non serve buttare a mare né Carle né Santa Croce ma fare sì che entrambe le realtà prosperino, puntando anche su un possibile polo universitario medico e scientifico di livello europeo.
 
Pensare che uno dei due siti vada in abbandono solo per avere fretta di costruire a tutti i costi un hub (quando solo due anni fa la Regione deliberò il piano dell’edilizia sanitaria regionale), non sarebbe lungimirante e rischierebbe di rendere il ruolo sanitario di Cuneo meno forte rispetto a quello che dovrebbe essere, a livello regionale e nazionale.
 
Lorenzo Pallavicini

c.s.

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