CUNEO - Perché su Cuneodice.it non troverete mai il racconto di un funerale

In un mondo in cui l'informazione è sempre più livellata verso il basso, rinunciamo volentieri a qualche visualizzazione per tentare di restituire ai familiari del defunto l'intimità dell'ultimo saluto

Samuele Mattio 11/07/2018 14:24

Negli ultimi giorni più di un lettore ci ha chiesto come mai sul nostro sito non si trovano le cronache dei funerali. Per chiarezza e trasparenza ci troviamo a rendere pubblica la risposta che abbiamo dato. 
 
Siamo fermamente convinti che il diritto di cronaca abbia dei limiti, anche quando non palesemente espressi. In questo caso i limiti sono rappresentati dalla decenza e dal rispetto. L’indugiare con una telecamera o con una macchina fotografica su un uomo o una donna sconvolti dalla perdita di un caro rendendo pubblico un momento che dovrebbe restare privato, non fa parte del nostro modo di vivere e concepire il giornalismo. Diverso è il caso delle esequie di un personaggio pubblico, ma qui urgerebbe un'ulteriore approfondimento sul significato di queste due parole.
 
 
La missione che ci siamo dati è quella di fornire con umiltà un’informazione il più puntuale possibile per quanto riguarda questo lembo di terra ‘ai confini dell’impero’. A nostro modo di vedere fare ‘informazione’ significa raccontare ciò che è accaduto nel corso della giornata. Se la tragedia della morte di un essere umano e la data dei funerali sono una notizia di interesse pubblico, a nostro modesto parere il racconto delle esequie non lo è.
 
In un mondo in cui il livello, specie quello dei giornali online è sempre più livellato verso il basso, rinunciamo volentieri a qualche visualizzazione per tentare, con un piccolo gesto, di restituire ai familiari dei defunti l’intimità dell’ultimo saluto. 
 
Ovviamente queste righe non vogliono essere motivo di polemica con chi fa, ha fatto, e continuerà a fare altre scelte (e che magari ha più seguito e più autorevolezza di noi), ma ambiscono invece a far riflettere su un mondo in cui il 1984 di orwelliana memoria è passato da 34 anni. Chiudiamo con la convinzione che, a volte, il silenzio valga più di mille parole.
 
 

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