CUNEO - Più giovani, più soli, più italiani. Ecco chi sono i nuovi poveri cuneesi

Nell’ultimo anno gli accessi ai centri Caritas sono aumentati del 113%. Un dato eclatante a cui si aggiungono i problemi abitativi: la colpa è del lavoro precario

Andrea Cascioli 05/04/2024 19:35

Non sono dati da dissezionare fin nei decimali, perché più che a riflettere un elenco di statistiche servono a fotografare una situazione. Quella del paradosso di chi è povero in una delle province più ricche d’Italia e d’Europa. La Caritas diocesana di Cuneo e Fossano ha intitolato il suo report di quest’anno “sfaccettature”, proprio per dare l’idea della natura cangiante di un fenomeno che “si chiama sempre povertà, ma ha tanti nomi diversi”.
 
I poveri non sono tutti uguali: ci sono stranieri e italiani, anziani e giovani, individui soli, famiglie con e senza figli. E com’è ovvio le loro esigenze possono essere molto diverse. Per tanti si tratta di trovare un pasto caldo e un posto in cui dormire, per altri - e sono sempre di più - il problema non è avere un tetto ma tenerlo sopra la testa, evitando lo sfratto. Un primo dato eclatante è l’aumento degli accessi ai diversi servizi della Caritas su Cuneo (sono dodici in tutto), nel solo 2023: sono aumentati del 113% dall’anno precedente. A Fossano si segnala una lieve riduzione, in compenso il problema abitativo lì è ancora più drammatico.
 
Questo dato, spiega il direttore della Caritas Enrico Manassero, è in parte falsato dal fatto che solo lo scorso anno i volontari hanno ricominciato ad effettuare una registrazione puntuale degli accessi alla mensa di via d’Azeglio, come avveniva prima del Covid. “Ma non è l’unica causa” assicura: “Nei centri parrocchiali siamo saliti ugualmente e lì la mensa non c’entra”. La Caritas ha un centro di ascolto diocesano che prende in carico soprattutto i senzatetto, sovente stranieri, e altri undici centri parrocchiali dove l’utenza è formata invece dalle famiglie o comunque da chi è già residente sul territorio. In entrambi i settori, i nuovi ascolti sono indice di nuova povertà: nel centro diocesano si registra un boom del 91%, in quelli parrocchiali si arriva al +36%.
 
 
La povertà? Una questione ereditaria. A Cerialdo il picco dei “cronici”
 
Accanto a quello dei nuovi poveri c’è un altro problema, evidenzia Giovanna Busso, la responsabile dell’Osservatorio delle povertà. È quello della cronicità della povertà: “Esiste una vera e propria ‘ereditarietà’ della povertà. Ci troviamo di fronte a un target di persone che spesso fanno fatica a uscire dalla situazione di disagio in cui si trovano ed è più facile che una famiglia povera, anche educativamente o psicologicamente, renda poveri i propri figli. Di questo facciamo quotidiana esperienza”. A Cuneo questo dramma ha il suo epicentro nel quartiere Cerialdo, che ha il tasso più alto in assoluto di poveri cronici, il 28%. Si parla di “povertà cronica” quando si è assistiti da più di cinque anni: “Noi ne abbiamo in carico da più di dieci, sono il 26% del totale nel centro diocesano e il 9% nei centri parrocchiali”.
 
La presenza italiana nell’ultimo anno è diminuita nel centro di ascolto diocesano, ma aumentata nelle “antenne” parrocchiali: qui ci sono 89 nuclei familiari di italiani che non si erano mai visti prima. Tra gli immigrati del centro diocesano, cresce la provenienza dal centro e sud Africa (+25%) e dal Sudamerica, in controtendenza rispetto alla media italiana che vede soprattutto i nordafricani in difficoltà. In calo del 12% la presenza degli italiani così come di tutti gli altri europei: tra le altre cose, è già terminato l’afflusso dall’Ucraina. Sul profilo dell’età non si registrano grossi cambiamenti: la fascia più presente resta quella dai 25 ai 45 anni, ma se la giovanissima età di molti immigrati pesa sul 10% di accessi da persone al di sotto dei 25 anni nel centro diocesano. È stabile nelle parrocchie il 18% di persone sopra i 61 anni e il 3% di ultrasettantacinquenni. “Non maggioritari ma importanti, perché spesso malati e in grande difficoltà” precisa l’esperta.
 
La vera novità sul piano demografico è l’assottigliamento delle famiglie. Nelle Caritas parrocchiali le famiglie senza minori sono il 2% in più, ma sono aumentate del 3% anche le persone sole. In parallelo, diminuiscono del 4% le famiglie con più di tre componenti. Nel centro ascolto diocesano, dove arrivano in prevalenza i senza dimora, i singoli aumentano di 28 punti percentuali: qui le famiglie con minori sono il 20% (dal 25% precedente). Tra le 57 famiglie che hanno avuto accesso al centro ascolto diocesano, 23 sono italiane: “È un dato freccia, - avverte Busso - indica una direzione nella quale stiamo andando e che era già iniziata l’anno scorso”.
 
 
Casa, amara casa. Sfratti e morosità incolpevoli in agguato
 
“La povertà economica è solo una delle facce della povertà, una conseguenza ma anche una causa” ripetono i responsabili dell’ente, che continuano a evidenziare il problema abitativo: il tasso di persone in difficoltà è in crescita costante (+4% nei centri parrocchiali, +14% in quello diocesano) e non è un tema che tocchi solo i senza fissa dimora. Oltre alla mancanza di alloggio c’è la fatica a mantenere le abitazioni: situazioni di morosità, sfratti, enormi conti pregressi da sanare. Le domande legate ad esigenze abitative sono aumentate del 13% nelle Caritas parrocchiali: venti nuove famiglie in più, rispetto al 2022. Tra le persone ascoltate il 22% denuncia problemi legati alla casa.
 
La difficoltà a reperire l’abitazione è spesso conseguenza della precarietà lavorativa: “Se ci sono contratti a termine il locatore non si fida. Ma esiste anche il razzismo immobiliare nei casi di contratti indeterminati: è un problema che riguarda solo gli africani, non gli altri immigrati”. Tra le 165 persone del campione intervistato, la percentuale di chi ha perso un lavoro negli ultimi tre anni è in aumento del 7% nei centri parrocchiali, mentre calano i bisognosi occupati (del 4%), così come quelli che percepiscono un reddito da lavoro o il vecchio reddito di cittadinanza (-2% in entrambi i casi). Diverso il quadro nel centro diocesano, dove il numero di coloro che hanno perso il lavoro da meno di un anno cresce del 28%: si tratta in massima parte di stagionali. Tra gli occupati, in diminuzione del 5%, il 23% ha un lavoro precario e un 3% ammette di lavorare in nero: questa percentuale, tuttavia, è verosimilmente molto più alta di quanto dichiarato.
 
Un aspetto particolare del problema abitativo è evidenziato da quanto riscontrato presso l’infopoint .Meet, punto di prima registrazione degli immigrati che nel 2023 ha visto passare 256 nuovi utenti di 33 nazioni diverse (le più rappresentate sono Pakistan e Somalia, ma si segnala un’impennata del 50% di egiziani). La maggior parte delle persone risultano domiciliate a Cuneo, ma non hanno qui la residenza perché appena arrivate sul territorio italiano o perché uscite dal sistema dell’accoglienza Sai o Cas: “Ci siamo accorti - spiegano i volontari - che tante persone domiciliate a Cuneo in realtà stavano fuori dal territorio: c’è un grande commercio di dichiarazioni di ospitalità per il permesso di soggiorno che alimenta un circolo illegale. Per una dichiarazione il costo è sui 400 euro, per la residenza è molto più alto, intorno ai 700: esistono indirizzi dedicati a questo business”.
 
 
I numeri della Caritas nel 2023
 
Nell’anno passato i centri distribuzione viveri hanno fornito 5310 pacchi a 404 nuclei familiari: a San Paolo si è scelto di trasformarlo in emporio, che ha distribuito 3051 articoli a 32 famiglie del quartiere. La mensa segna 23.095 pasti per 579 persone, ma il dato comprende solo il periodo in cui è ricominciato il caricamento puntuale dei dati, dal 1 giugno: il totale reale si aggira sui 40mila pasti, in linea col 2022. Tra coloro che hanno fatto accesso alla mensa ci sono persone di 47 nazionalità, di cui l’8% sono donne e il 92% uomini: la stragrande maggioranza sono anche qui nella fascia dai 25 ai 45 anni. Nel dormitorio sono passati 105 uomini, da un massimo di 84 notti a una soltanto: ventidue le nazionalità rappresentate, con una prevalenza di somali (39 su 105).

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