CUNEO - Punti interrogativi sul futuro della montagna

I dati demografici delle valli cuneesi documentano una situazione stagnante o addirittura in arretramento, nonostante progetti e investimenti. Cosa non ha funzionato?

d.b. 07/01/2023 11:10

“Negli ultimi vent’anni la rappresentazione delle Alpi è andata radicalmente cambiando, in relazione a una crescente letteratura scientifica, ma anche divulgativa, che si è andata concentrando non sulla polarizzazione ma piuttosto sulla interconnessione tra montagne e città, focalizzando dunque l’attenzione sui rinnovati flussi (di persone, di merci, di capitali, di conoscenza e di informazione) che attraversano e cuciono insieme un sistema socio territoriale che si comincia a definire come metronomontano”. Così scrive il sociologo Andrea Membretti in un interessante saggio della miscellanea “Metromontagna. Un progetto per riabitare l’Italia”, a cura di Filippo Barbera e Antonio De Rossi (Donzelli, 2021).
 
Ed è vero che dal 2000 si sono moltiplicate le ricerche, i convegni, le iniziative per promuovere una nuova visione del rapporto città-montagna. Si è sviluppata anche nell’area delle valli cuneesi una progettualità articolata e diffusa, come mai era avvenuto in precedenza: pensiamo ai progetti di cooperazione transfrontaliera, al Piano Strategico Cuneo 2030, alla Strategia Nazionale per le Aree Interne, alla candidatura di Saluzzo a Città capitale italiana della Cultura, ai più recenti progetti legati al PNRR. Sono nate nuove organizzazioni come l’associazione Dislivelli (2009, sede a Torino), l’associazione e cooperativa NEMO (Nuova Economia in Montagna, 2019, Torino/Cuneo), l’associazione “Alte Terre” (2012, Cuneo).
 
Negli ultimi vent’anni si sono realizzati anche importanti investimenti sul territorio delle valli cuneesi, in vari ambiti: recupero e valorizzazione del patrimonio storico-artistico (Forte di Vinadio, Filatoio di Caraglio, Balma Boves, musei della Valle Varaita e tanti altri), promozione turistica (Porte di Valle), recupero di insediamenti alpini (Ostana in valle Po, Rifugio Valliera, Campofei in valle Grana, Sagna Rotonda in valle Maira, Paraloup in Valle Stura, Chianale e altre località dell’alta valle Varaita). Nelle valli Grana e Maira, inserite tra le Aree interne, è stata costituita nel 2021 la prima comunità energetica di area vasta, interamente pubblica, d’Italia. Sempre in valle Maira è stato costituito il primo consorzio turistico a livello di valle. Sono attivi sul territorio ben tre ecomusei: quello della pastorizia in valle Stura, Terra del Castelmagno in valle Grana e dell’alta valle Maira a Celle di Macra.
 
Svolgono numerose attività anche il Parco Fluviale Gesso e Stura, il Parco del Monviso, il Parco delle Alpi Marittime. In tutte le valli cuneesi, poi, si registrano interessanti esperienze di sviluppo locale innovativo e sostenibile: la cooperativa Germinale in valle Stura, il contratto di rete “InGrana” in valle Grana, l’Officina Antagonisti di Melle e la Comunità di Supporto all’Agricoltura “Cresco” di Rossana, in valle Varaita, la Cooperativa “Viso a Viso” di Ostana, la cooperativa “La valle dell’Eco” di Paesana, in valle Po. Si potrebbe credere, dunque, che effettivamente negli ultimi vent’anni la situazione delle valli cuneesi sia di gran lunga migliorata e che i numerosi investimenti effettuati abbiano lasciato segni ben visibili e consolidati. Purtroppo non è così. La situazione delle valli cuneesi non ha fatto registrare un cambiamento in positivo proporzionale o adeguato alla progettualità messa in campo da più parti.
 
Un dato su tutti: negli ultimi vent’anni la popolazione delle valli (compresi i centri di fondovalle) ha continuato a diminuire. Se non ci fosse stato l’apporto dei migranti, la situazione sarebbe ancora peggiore. C’è stata intorno al 2010 una piccola inversione di tendenza, in alcuni comuni, ma poi la curva demografica ha ripreso a scendere. Questo vale per i centri di bassa valle, per quelli di media e di alta valle, con pochissime eccezioni. Monterosso Grana, nonostante i numerosi progetti dell’Ecomuseo, è passata da 571 abitanti del 2001 a 517 nel 2020, Celle di Macra, anch’essa sede di Ecomuseo, è passata da 107 a 82, Melle (dove sono attivi gli Antagonisti) da 363 a 292, Demonte da 2.034 a 1.895, Dronero da 7.026 a 6.981, Pradleves da 320 a 231, Chiusa Pesio da 3.687 a 3.577, Vernante da 1.329 a 1.124, San Damiano Macra da 478 a 407, Acceglio da 196 a 153. Ostana, in controtendenza, da 77 a 84, ma è un’eccezione. Viene da chiedersi perché, nonostante tutti i progetti realizzati, non si sia almeno frenato il fenomeno del calo demografico.
 
A che cosa sono serviti vent’anni di ricerche, convegni, investimenti? Perché le esperienze di nuovi insediamenti in montagna, di nuove attività produttive sono ancora eccezioni e non sono ancora parte di un sistema? Perché Ostana è un caso di studio acclamato, e il suo cuore pulsante è una cooperativa formata quasi esclusivamente di persone che vengono da altri territori? Perché nella progettazione degli interventi milionari previsti a Elva hanno un ruolo preponderante soggetti esterni alla valle? Se ci spostiamo in valle Stura, notiamo che anche l’interessante, positiva esperienza di Germinale è nata su impulso di persone non originarie della valle. E che dire degli investimenti immobiliari in valle Grana, della partnership con i viticoltori delle Langhe? Si può dire che stia dando i frutti desiderati? Come sono migliorati (o forse peggiorati) i servizi nelle valli? Perché si parla tanto di reti ma poi i singoli Comuni pensano soprattutto al loro orticello? Queste sono soltanto alcune delle domande che vogliamo farci per capire che cosa non ha funzionato in questi vent’anni e che cosa, invece, ha dato buoni frutti, per cercare di orientare in modo efficace e durevole investimenti e risorse umane nei prossimi anni.
 
È un impegno che vogliamo proseguire, in quanto cittadini del territorio cuneese, perché non resti un mero discorso accademico quanto scrivono ricercatori come Giuseppe De Matteis e Federica Corrado: “La frattura città montagna su cui si deve lavorare ha anzitutto responsabilità politiche: le montagne non devono essere viste come territori fragili da tutelare ma come parte di un sistema territoriale in grado di svolgere un ruolo proattivo. Nella fase attuale, se in parte permangono rapporti di dominanza/dipendenza, è anche vero che l’urbanità sta entrando dentro la montagna attraverso molteplici forme: dalle pratiche che sperimentano soluzioni innovative a problemi tipicamente urbani (come nel caso del social housing e del coworking) alle iniziative culturali che sempre più ibridano linguaggi e strumenti urbani e montani, alla costruzione di relazioni non consuete tra la montagna sviluppata e quella rimasta ai margini. Si verifica in alcuni casi una saldatura che mette in relazione tra loro i soggetti, a partire da usi e pratiche diverse sul territorio, valorizzando gli scambi possibili ed esaltando le differenze al fine di generare valore aggiunto” (in “Metromontagna. Un progetto per riabitare l’Italia”, 2021).

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