CUNEO - Quel pasticciaccio brutto di Tettoia Vinaj: la giunta ricorre in appello. Le opposizioni: “Perderete”

Due giorni di dibattiti in Consiglio comunale attorno alla sentenza. Resta una domanda (senza risposta): perché ci sono voluti sette anni per chiedere il pagamento?

Andrea Cascioli 28/02/2024 07:30

Non più tardi di un anno e due mesi fa, per la precisione il 20 dicembre 2022, su queste colonne vi avevamo raccontato un capitolo della già lunga vicenda di Tettoia Vinaj, scomodando l’incipit di una filastrocca ligure: “A l’è comme a foa du Bestento”. “Come la favola del Bestento”, cioè come una storia che non finisce mai. E di certo non è finita neanche con la controversa sentenza di primo grado, con cui il tribunale civile ha restituito i locali al Comune. Ma non i soldi.
 
Quelli, i famigerati 938mila euro che la società Tettoia Vinaj srl di Dario Dalmasso non ha mai versato, a partire dal lontano 2015, si spera di riaverli appellando la sentenza. L’assessore ai Contratti Valter Fantino lo ha messo in chiaro leggendo una nota preparata dagli uffici, nella quale il verdetto del giudice Chiara Martello viene criticato in modo esplicito: si parla di interpretazione “arbitraria ed erronea” dell’autorità giudicante in merito alle domande del Comune. La questione è molto tecnica, ma per farla breve ci si può limitare ad osservare che, codici alla mano, non si poteva chiedere di onorare il contratto nel momento in cui si domandava di annullarlo. Di qui l’inammissibilità delle domande relative alla parte economica: “Occorre specificare - replica l’amministrazione, per voce dell’assessore - che con l’atto di citazione in questione non è mai stata posta una richiesta di esatto adempimento”. L’esito è quindi “frutto di una mera interpretazione del giudice, il quale ha ritenuto che il pagamento dei canoni pregressi e la monetizzazione dei parcheggi non fossero effetto automatico della risoluzione del contratto”.
 
Ma la sentenza, allora, piace o non piace? “Ho espresso nell’immediatezza soddisfazione, perché la sentenza declina in modo puntuale le azioni che si sono svolte, non lasciando dubbi sui comportamenti dell’ente e sugli importi dovuti” dice la sindaca Patrizia Manassero. Che nell’occasione si toglie un sasso dalla scarpa, con una per lei rara punzecchiatura polemica: “Civallero sosteneva che la parte avversa avesse documenti che dimostravano che le somme non erano dovute”. Per onor del vero, quando la questione fu sollevata per la prima volta, le parti erano invertite: all’epoca le opposizioni spingevano per dar battaglia legale, mentre la giunta tirava il freno. “Stiamo cercando di arrivare a una soluzione che permetta di evitare ulteriori esborsi” diceva l’allora assessore al Patrimonio Paola Olivero, conservando la speranza di non guastare i rapporti con “una realtà del territorio”. Correva l’anno 2019: come poi sia finita, è storia nota.
 
 
I pagamenti arretrati? “Bastava un decreto ingiuntivo”
 
La domanda che attraversa gli interventi nella due giorni del Consiglio comunale resta però senza risposta. Perché c’è voluto tanto - sette anni - per chiedere alla società del geometra Dalmasso quanto dovuto? “Sarebbe bastato un decreto ingiuntivo, subito dopo i primi inadempimenti, per incassare il debito verso il Comune” sostiene Ugo Sturlese di Cuneo per i Beni Comuni, primo a scoperchiare il vaso di Pandora dell’ex Foro Boario insieme a Beppe Lauria (Indipendenza!). Il quale da par suo aggiunge, rivolto alla giunta: “Che ci fosse la possibilità del decreto ingiuntivo lo sapete benissimo, vengono fatti anche per chi non paga 140 euro di multa. Ma se uno è amico vostro non lo fate”. Anche sulla mancata richiesta degli oneri per i parcheggi, osserva Giancarlo Boselli (Indipendenti) “non si sono date subito risposte precise a domande fatte più volte in sede di commissione o di assemblea. Emerge chiaramente che a fronte di lavori per oltre 300mila euro ne vennero effettuati solo per 24mila: questo dovevate metterlo in chiaro”.
 
Sul punto l’assessore Fantino risponde a un’interpellanza di Franco Civallero (Forza Italia), squadernando i numeri. La compensazione degli oneri ammontava a 315.911 euro: “Tuttavia il concessionario ha realizzato un’unica opera a compensazione dei suddetti oneri, ossia il marciapiede perimetrale della ex infermeria Cantore del valore di 24.696 euro”. Ex infermeria che, per la cronaca, è gestita dalla Dama sas e cioè sempre da Dalmasso. L’“incrocio pericoloso” tra i due immobili, ex caserma e Tettoia Vinaj, è un altro cavallo di battaglia di Sturlese, che è tornato ad inforcarlo nell’aula del municipio: “Non faccio una dietrologia ma un’‘avantologia’: da una parte non si pagavano gli affitti al Comune, nella ex Cantore invece a non pagare Dama era la cooperativa [Ping, ndr] gestita da un ex assessore, Domenico Giraudo, che è stato condannato per illeciti amministrativi”. Immediata la replica della capogruppo del Partito Democratico Claudia Carli, chiamata in causa dal collega come ex amministratrice: “Sono stufa di questa confusione, teniamo le faccende separate: i soldi pubblici sono soldi pubblici, queste sono vicende private di una cooperativa privata in cui noi abbiamo investito i nostri soldi”.
 
 
Che fine farà adesso l’Open Baladin?
 
A questa ridda di ipotesi e sospetti Claudio Bongiovanni (Cuneo Mia) aggiunge una domanda precisa: “Perché non si è provveduto - o non lo si fa adesso - a richiedere l’accantonamento cautelativo dei canoni che il Baladin versa alla società inadempiente, in attesa della risoluzione?”. Il destino dell’Open Baladin è un’altra delle incognite di questo giallo: “Oggi i locali sono aperti, la sentenza è stata notificata al soggetto inadempiente?” chiede Paolo Armellini (Indipendenti). “La sentenza dice che i locali torneranno al Comune, ma se ci sarà appello li avremo tra qualche anno” argomenta Civallero, aggiungendo mesto: “Quello che ci interessava erano i soldi: non porteremo a casa niente”. Il più determinato sul punto è Lauria: “Se Baladin ha regolarmente pagato, come state dicendo e nessuno ha smentito, credo non dovrebbe avere difficoltà ad esibire i pagamenti, ancorché si tratti di questioni tra privati”.
 
 
La contesa legale prosegue: presto il “consiglio di guerra” con gli avvocati
 
Chi riesca ancora a trovarci qualcosa da ridere, potrà rievocare alla mente la scenetta dell’avvocato del compianto Gigi Proietti. Il “consiglio di guerra” con lo studio legale Barosio, alfiere del Comune in questa causa, comunque si farà. Le opposizioni lo avrebbero voluto in commissione, la giunta lo ha imposto in conferenza dei capigruppo: lontano da occhi indiscreti, specie quelli dei giornalisti. “I percorsi legali non sono univoci, su questo stiamo lavorando e andremo avanti” assicura la sindaca. “La situazione oggi non è a un punto zero” rimarca Luca Paschiero (Crescere Insieme), concedendo agli avversari l’“onore delle armi”: “Il percorso è stato intrapreso, grazie anche a determinati sproni da parte della minoranza”.
 
La minoranza però vede nero: “Il codice civile non sembra lasciare spazio all’impostazione data dal Comune a questa causa” profetizza Sturlese, per il quale “a nessuno, in ambito legale, risulta comprensibile perché sia stata adottata la linea che è stata adottata”. Sull’esistenza di un errore procedurale è certo anche Boselli: “Se sarà il caso vi chiederemo copia di tutta la corrispondenza intercorsa tra l’ufficio legale e lo studio Barosio: bisogna capire se lo studio si è limitato a chiedere quale via intendeste seguire o se voi lo abbiate messo per scritto. Mi risulta che la traccia ci sia, ma i documenti sono secretati”.

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