Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni di Samuele Piacenza, che lunedì 22 settembre era alla guida del furgone che ha aperto il corteo per chiedere il cessate il fuoco a Gaza, che ha portato per le strade di Cuneo circa 2 mila persone. Erano anni che non vedevo Cuneo così viva. Così piena di bambine e bambini, di giovani studenti e studentesse, di lavoratrici e lavoratori, di pensionate e pensionati. Una Cuneo piena di piedi che avanzano insieme, una marea di coraggio e volontà che attraversa la città. Di occhi che tremano per la paura ma si alzano al cielo, accogliendo luce invece di giudicare dall’alto, di cuori che battono all’unisono, pronti a proteggere chi è accanto, di mani alzate con cartelli e striscioni che vogliono lasciare un segno indelebile sulla città e nella memoria, di sorrisi che, nonostante tutto, resistono e ancora credono nell’umanità. Erano mesi che sognavo di vedere questa immagine. Persone che conoscono la fortuna e sanno cosa significa essere protette dalle montagne. Persone che vivono in un luogo sicuro, sotto un tetto che ripara da un clima ancora sereno. Persone a cui è stato insegnato, da generazioni, che nella vita bisogna sacrificarsi, impegnarsi, darsi da fare. Molte di queste lezioni arrivano dai nonni e dalle nonne: alcuni e alcune erano lì, al vostro fianco, su quel viale, mentre altri e altre hanno camminato su quella stessa strada prima di noi, permettendo, a chi oggi è qui, di poter gridare a gran voce: libertà. Ho visto bambini stringere cartelli più grandi di loro, donne e uomini tenersi per mano mentre cantavano insieme, e per un attimo sembrava che tutta la città respirasse all’unisono. Tutto questo mi emoziona profondamente. Sapere che possiamo abbandonare la passività mi riempie di orgoglio. In quei momenti diventa chiaro che il primo segno di civiltà non è un’arma o un’invenzione, ma l’attitudine dell’esistenza umana a prendersi cura dell’esistenza di un’altra persona. Questa piazza è anche un richiamo a definire e non perdere di vista l’identità collettiva, a ricordare che chi non parteggia, chi rimane indifferente, tradisce chi soffre accanto a noi. Questa piazza è solo un inizio. Continuiamo a camminare, a rompere il silenzio, a chiedere giustizia, perché la comunità ha dimostrato che insieme possiamo essere più forti, e che nessunə deve restare solə di fronte alle ingiustizie. Ogni passo, ogni voce, ogni gesto conta. Condividiamo, restiamo vigili, sproniamo chi ci sta vicino. Perché se non ora, quando? Se non noi, chi? Samuele Piacenza