CUNEO - Sicurezza stradale, non è solo questione di controlli

Per l’ex senatore Beppe Menardi occorre ripensare le infrastrutture: “Troppi sindaci pretendevano che le auto attraversassero i centri per ragioni commerciali”

Giuseppe Menardi 13/11/2022 17:31

In questi ultimi tempi il tema della sicurezza stradale è diventato una priorità per moltissimi cittadini cuneesi. Troppi sono gli incidenti mortali sulle strade della Granda. Il fenomeno non è isolato perché i morti in incidenti stradali in Italia nell’ultimo anno statistico (2021) sono stati 2.875. Ben il 20% in più rispetto ai 12 mesi precedenti.Non ha nemmeno troppo significato ricordare che nel periodo in questione si era in piena pandemia e pertanto la circolazione stradale non era certamente ai livelli abituali.
 
La perdita di vite umane è sicuramente una quantità difficile da accettare. Soprattutto diventa insopportabile se si contestualizzano le persone ed i fatti. Gli esempi sono innumerevoli quando si osserva le giovani vite cancellate in un istante. Quell’istante distrugge affetti e speranze delle vittime e dei loro parenti, sovente per sempre. Rapportata all’Italia purtroppo la tragica contabilità delle vittime ci spiega che non siamo in linea con i rapporti statistici: la provincia di Cuneo ha l’1% dei cittadini nazionali e una incidentalità purtroppo mortale superiore del 65%. Infatti rispetto alla media nazionale (che sarebbe rapportata alla nostra provincia di 28,75), i deceduti, sulla strada in provincia di Cuneo nel 2021, sono stati 48, cioè circa 20 in più.
 
Le ragioni di un incidente sono sempre molte perché afferiscono alla interazione fra persona, mezzo, infrastruttura. In questi ultimi anni si sono fatti passi da gigante sulla sicurezza del mezzo, tanto per quanto riguarda la assistenza alla guida, cioè la sicurezza attiva, quanto per ciò che afferisce alla resistenza passiva. Si pensi ai sistemi attivi come l’ABS, l’ESP, l’ASR, o ancora ai sistemi passivi come le cinture di sicurezza, i seggiolini per i bimbi, l’airbag, i poggiatesta, e non ultima la carrozzeria a deformazione controllata. Una buona azione di informazione e perciò di educazione all’utenza stradale è fatto costantemente attraverso le campagne pubbliche dell’ACI, della Polizia stradale, ma anche di Comuni e istituzioni pubbliche in generale. Senza dubbio servirebbe, un lavoro di coordinamento costante tra i ministeri interessati - Infrastrutture ed Interno - ma non mi pare ci sia, perciò sarebbe opportuno uno sforzo maggiore in tal senso. Cosa che in ultimo è veramente carente è l’infrastruttura.
 
Lasciando da parte le autostrade che non sono nelle corde della provincia Granda come sanno i nostri lettori. La A33 è un’eterna incompiuta e pertanto la parte oggi usufruibile dall’utenza è scarsamente frequentata. Per quanto riguarda la seconda autostrada, la A6, è una linea di comunicazione troppo vecchia e pertanto con un tracciato obsoleto e pericoloso. Il vero tallone di Achille della nostra viabilità sono però tutte le strade: comunali, provinciali, e statali. In Italia abbiamo nel tempo privilegiato interventi puntuali sulle strade esistenti e tralasciato la realizzazione programmata di viabilità alternative alle strade locali, mischiando sulla stessa strada qualsiasi tipologia di mezzi, con risultati deleteri sul piano della fluidità del traffico e della sicurezza. Mi è capitato la scorsa settimana di percorrere a metà mattinata la tratta Cuneo-Racconigi nei due sensi di marcia. Lascio da parte ogni commento sugli attraversamenti degli abitati nell’ordine: Madonna dell’Olmo, Centallo, Levaldigi, Genola, Savigliano, con un miglioramento a Cavallermaggiore, per la presenza della circonvallazione ancora non accorpata all’interno della conurbazione della città.
 
Anche in questa situazione la sicurezza del traffico era messa a repentaglio dalla sproporzionata presenza di mezzi pesanti in contemporanea con trattori e rimorchi, autovetture, nonché biciclette e motociclette. A dimostrazione che per raggiungere uno standard di mobilità su gomma in sicurezza è necessario, nel limite del possibile, offrire strade dedicate per ogni tipologia e per tratte significative per i diversi utenti. I progettisti stradali della vecchia scuola erano soddisfatti quando riuscivano a realizzare una circonvallazione. Ritenevano, avendo spostato il traffico pesante al di fuori del centro abitato, di aver risolto il problema del traffico e della sua sicurezza. Si faccia attenzione, gli amministratori spingevano affinché si facessero le circonvallazioni, ma pretendevano che le auto, attraversassero comunque sempre il centro per ragioni commerciali. C’è stato negli anni e parlo dell’Italia del Nord ed in particolare della nostra provincia, un grande attivismo sul miglioramento della struttura stradale, ma esso era sempre imbrigliato dalla necessità di rispettare l’interesse anche del comune più piccolo a non essere scartato da una nuova arteria.
 
Le strade provinciali sono state costruite con questo criterio e perciò rispettano spesso i confini delle proprietà. In altre nazioni si è scelto di realizzare una rete stradale primaria (autostrade) che collega i principali centri, lasciando i vecchi tracciati così com’erano, esattamente con le loro sezioni, migliorando e mantenendo efficiente la pavimentazione e la segnaletica, corredandole, come ormai si fa maniera diffusa per esempio in Germania, di piste ciclabili costruite fuori dalla sezione della strada nel pieno rispetto perciò dell’habit. In questo modo i mezzi pesanti non interferiscono sulla viabilità locale ed i veicoli individuali e domestici sono costretti a rispettare limiti di velocità imposti dalle caratteristiche della strada, senza l’ausilio di dissuasori, vigili elettronici o autovelox. Penso che sia possibile costruire un progetto nazionale di recupero in sicurezza delle infrastrutture viabili.
 
Per raggiungere un simile obiettivo sarebbe necessaria una testa pensante al ministero delle Infrastrutture ed una struttura periferica di tipo burocratico efficace: Regioni, Province, Prefetture e Comuni. Forse è pretendere troppo? Sarebbe possibile tentare di effettuare questo discorso su scala più piccola come la Regione? Forse sì, forse no. Comunque vada… auguri.
 
 
Pubblicato in origine sul numero del 3 novembre del settimanale Cuneodice - ogni giovedì in edicola

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